[Test] Redshift Kitchen Sink e borsa dedicata

La prova su strada

Tempo di lettura: 8 minuti

La prova su strada

La piega Redshift Kitchen Sink è stata già provata a fondo, seppure nella sua versione senza loop. E poiché questa è l’unica differenza tra le due versioni, ho scelto di concentrarmi proprio sull’archetto e poi sulla borsa, se cioè sia pratica nell’uso e/o possa infastidire la presa.

Per questo, ad esempio, ho scelto non montare i praticissimi Drop Grips, quelle manopole da collocare alla fine della piega e che, seppure esteticamente invadenti, assicurano un plus di confort che non mi aspettavo.

E per lo stesso motivo sarò sintetico sulle altre caratteristiche in comune, come flare e backsweep per esempio, visto che non cambiano tra le due versioni e non cambiano di conseguenza le impressioni di guida.

Vi ricopio qui parte di quella recensione, immagini comprese (manca la parte relativa ai drop bar) per poi passare ad analizzare il loop prima, la borsa poi.

Iniziamo a pedalare su asfalto, rilassati.

Il rise da 20mm unito al backsweep di 7° si traduce in una posizione della schiena più dritta, meno carico sui polsi. Aggiungendo i top grips, quelli da installare sulla parte alta sottonastro, il risultato è un comfort di altissimo livello, con le vibrazioni trasmesse (poche, la bici usata per il test ha il Redshift ShockStop montato…) praticamente annullate.

Sfruttando bene l’appoggio supplementare offerto dall’ampia superficie dei top grips abbiamo la netta riduzione dell’affaticamento dovuto ai colpi. Un appoggio che risulta perfetto grazie al backsweep, con questo rientrare della piega verso l’interno per cui i polsi assumono una posizione naturale. 

La presa sui comandi, grazie anche alla conformazione delle leve Grx ottimizzata per pieghe gravel, è comoda e permette il massimo controllo nella guida.

Il rise si fa sentire anche qui, seppure io lo abbia accentuato a causa dei dolori al braccio che mi ha obbligato in una posizione più alta dei comandi.

Una breve uscita con comandi alla giusta altezza mi ha confermato la bontà delle quote della piega Redshift. Che poi ci sarebbe da discutere a lungo su quale sia questa giusta altezza, se cioè esiste un valore predefinito o non subentrano invece esigenze personale e morfologia. Ma non è questo il luogo, andiamo avanti.

Presa dietro i comandi: ottima.

Il flare è di 25 gradi, un valore con cui non mi sono mai trovato completamente a mio agio.

Ma qui, combinandolo con reach e drop decisamente indovinati, la situazione cambia.

Resta quella lieve angolazione dei polsi, risolvibile aumentando il dislivello sella manubrio (perdendo però una quota di comfort in presa alta) che è comune alle pieghe gravel ma senza che ciò provochi indolenzimenti; nemmeno nella guida più arrembante.

[…]

Anche in fuoristrada, dove la Redshift Kitchen Sink mostra tutte le sue qualità.

Per la guida off road ricalco lo schema appena seguito, partendo dalla presa alta.

Una posizione che uso pochissimo in fuoristrada, a meno di avere leve freno supplementari come in questo caso; e la cui presenza è il motivo per cui non ho selezionato la versione con loop, non avrei potuto montarle o avrei corso il rischio di montarle ma non poterle usare agevolmente. Nel dubbio, ho lasciato perdere… 

La presenza dei Top Grips permette una presa assai salda, la sezione e l’appoggio superiori garantiti da queste manopole non fanno mai venir meno il controllo nella guida.

In presa sui comandi vale quanto detto prima per la guida su asfalto.

Grazie anche alla perfetta conformazione delle leve Shimano GRX, che ricordo sono studiate proprio per pieghe con flare e più questo è pronunciato meglio si adattano, è la posizione universale.

Il rise anche qui contribuisce a tenere la schiena più dritta e, utile in fuoristrada, le braccia morbide, con i gomiti ad angolo pronti in un assetto che le trasforma in ammortizzatori.

Il reach ridotto fa si che non ci si debba allungare, anzi. Lì dove è necessario arretrare sulla sella, anche superarla se la manovra lo richiede, la presa resta salda e sicura.

Controllo totale, sul veloce come nello stretto più tecnico.

Spostandoci in presa dietro i comandi di nuovo il drop (ma a questo punto dovrei dire il disegno della piega tutto) elimina ogni limite di un flare importante.

Il rise da 20mm si traduce in una posizione più alta e conseguente minor carico sulla ruota anteriore.

Se la bici ha ciclistica salda, con un avantreno preciso, il fatto si sia meno carichi sull’anteriore rende le manovre a bassa velocità più semplici; penso allo scarto improvviso della radice o allo slalom serrato tra gli alberi.

Nella guida più aggressiva, ché se il passo è appena più rilassato va benissimo la presa sui comandi, hai questo bel timone tra le mani.

Una leva ottimale garante di perfetto controllo della bici, utilissima in quei repentini cambi di direzione per aggirare l’ostacolo, lavorando anche di manubrio e non solo con sapienti spostamenti del corpo.

Che sono faticosi e richiedono allenata coordinazione. In mancanza, ci si affida alla piega Redshift Kitchen Sink sicuri di mantenere sempre il pieno controllo.

[…]

E con l’occasione ho montato anche il nastro manubrio che in casa Redshift hanno battezzato Long Bar Tape.

Nome non particolarmente coinvolgente, ma di sicuro visti i 315 cm di lunghezza, gli rende giustizia…

Per farci una idea, i “normali” nastri manubrio in commercio viaggiano tra i 180 e i 200 cm. 

Oltre un terzo di lunghezza in più che ci porta a due conseguenze. La prima è che possiamo nastrare qualunque larghezza piega, abbiamo sempre nastro in abbondanza, e non c’è pericolo di trovarsi corti usando i Top Grips (che hanno una abbondante sezione); la seconda è che possiamo avvolgere le spire più ravvicinate, creando così un maggiore spessore che significa maggior comfort di marcia.

Grip eccellente, anche senza guanti; smorzamento ottimo e facilità di installazione grazie all’intrinseca elasticità. A corredo i tappi a espansione, scelta che approvo in pieno vista la mia predilezione per questo sistema.

[…]

Un test che però si è prolungato, con la scelta di provare la piega Redshift Kitchen Sink anche in ambito turistico.

Dove ho trovato conferme a quanto già detto, con due ulteriori notazioni.

Il rise è comodissimo e su questo non c’erano dubbi, senza che il carico supplementare sull’anteriore pregiudichi la guidabilità.

Il controllo in presa dietro i comandi è eccellente, superiore a una piega classica.

La superiore leva offerta dal flare permette di guidare la bici anche di manubrio a bassa velocità, senza sentir mai la bici “prendere sotto”.

Un vantaggio sia andando piano che spingendo forte, in discesa: dove grazie all’eccellente telaio usato, il Trek Checkpoint Alr, ho potuto pedalare come se borse montate (e caricate) non ce ne fossero.

[…]

E qui posso riprendermi la parola, perché il loop si è rivelato comodissimo proprio in uso touring o, se vogliamo, nelle lunghe uscite zingare, quando la strada è libera e vuoi dare sollievo a braccia e schiena.

Certo, la sua presenza non passa inosservata, la scelta da nastrare in grigio ne aumenta la visibilità (ma serviva per differenziare) e non tutti potrebbero apprezzare questa appendice.

Però. con una similitudine coi Drop Grips, che qui ho saltato, posso affermare che l’estetica passa in secondo piano quando ti trovi tanta praticità.

Certo, il loop è piccino e non ha un importante sviluppo in orizzontale, non è cioè paragonabile alle prolunghe da crono che molti ciclisti usano con successo nelle loro lunghe pedalate in viaggio.

Non è nemmeno molto largo, e questo significa avere meno leva.

Se la bici ha un avantreno nervoso, si avverte.

Però non viene mai meno il senso di sicurezza, basta una manciata di minuti e tendi a usare la presa sul loop anche in fuoristrada.

Purché la strada sia libera. 

E’ indubbio che pedalare con questa presa significa essere lontano dalle leve freno. Tanto che, l’ho raccontato qualche giorno fa, ho avuto non poche difficoltà a gestire questo test. Abito in centro città, per trovare strade libere devo pedalare non meno di due ore e spesso non bastano, qui è come fosse un’unica urbanizzazione per decine e decine di chilometri.

Con un traffico caotico e pericoloso, tanto che mi era impossibile avere almeno un chilometro consecutivo libero per pedalare in presa sul loop.

Finché, esasperato, ho scelto di prendere l’auto e partire verso il mio campo base estivo, nonché sede preferita per le immagini in esterno, e vagare per i sentieri a me noti. Dove gli unici incontri imprevisti sono con la fauna locale, nel silenzio del lungo lago avverti per tempo il rumore dei mezzi agricoli e non sei colto alla sprovvista.

Lo spostamento della presa così avanti comporta anche l’avvertire in modo più netto le asperità della strada. Il nastro ammortizza molto più di quanto il suo spessore lasci presagire e comunque io ormai da anni uso lo stem ShockStop che spiana la strada. Non solo io, quella in foto è la bici del fotografo, montata anche con il reggisella Redshift ShockStop. Diciamo che so come farmi perdonare per le volte che lo obbligo a seguirmi…

La borsa dedicata è una gran comodità, permette di avere a portata di mano parecchia roba.

Puoi scegliere se trasformarla in una abbondante sacca porta attrezzi o inserire i “rifornimenti” per rifocillarti durante la pedalata.

Come visto nel paragrafo precedente è possibile anche trasformarla in pratica borsa fotografica, magari aggiungendo qualche inserto a protezione delle ottiche. Una opzione a cui non credo i ragazzi di Redshift non abbiano pensato ma che per noi si è rivelata comoda.

L’unica cosa che non mi è riuscito di inserire è stato il mio smartphone, grandicello perché mi serve uno schermo grande, reso abbondante dalla cover in alluminio che uso spesso quando sono in bici.

Diciamo che in linea di massima fino ai 5,8″ pollici ce la si fa, oltre no.

Le cerniere sono durette all’inizio, una passata di paraffina e l’uso per qualche giorno le rendono assai scorrevoli senza inficiare la gran robustezza.

Pedalando le puoi “tirare” senza troppi complimenti, non ti resta il laccetto in mano.

La presenza dei magneti è davvero una bella idea: un colpo e la borsa è chiusa, poi per la cerniera possiamo anche aspettare, non perderemo il contenuto nemmeno in fuoristrada.

La borsa, lo abbiamo visto nelle immagini, si fissa al loop tramite quattro robuste strisce in velcro ed è perfettamente sagomata per occupare lo spazio vuoto all’interno del loop.

Però inibisce un poco la presa, nel senso che non puoi avvolgere il loop completamente con le mani ma una interferenza c’è. All’inizio ho dovuto abituarmi, tendevo a infilare i pollici nello spazio tra tubo e borsa ma poi tirar via la mano per raggiungere i freni richiedeva quella frazione di secondo in più che non sempre puoi permetterti di avere.

Ho scelto così di pedalare coi pollici “poggiati” sulla curva anteriore del loop; e devo dire che averlo nastrato quasi del tutto è stata la scelta migliore. 

Del resto il Long bar tape non si fregia dell’aggettivo a caso, coi suoi oltre 3 metri…

Lo spazio lasciato libero dal nastro può essere sfruttato per una luce visto che il ciclocomputer ha il suo attacco dedicato (optional) sulla borsa.

Impossibile perderlo, abbiamo visto nel paragrafo precedente come è fatto e come si monta. Non scuote più di tanto, solo qualcosa quando la borsa inizia a svuotarsi.

Bene, direi che ne sappiamo abbastanza per provare la sintesi conclusiva.

COMMENTS

  • <cite class="fn">Mauro Dapporto</cite>

    mmmh mi sa che quella non sia un areflex, ma una mirrorless ….. 😉

  • <cite class="fn">Max</cite>

    Non so se sia un problema temporaneo (me lo auguro) ma segnalo che il sito RedShift non sembra essere raggiungibile.. ne, ovviamente, il link affiliato.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Grazie per la segnalazione Max.
      A me funziona, poi non so. Comunque, il codice sconto vale lo stesso, farlo dal link pubblicato è solo per far “capire” che almeno viene da qui. Un piccolo riconoscimento in cambio dello sconto, a me entra in tasca nulla, ma non avevo motivo di non accogliere la richiesta.

      fabio

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