[Test] Lazer Cameleon Mips

Come è fatto

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Come è fatto 

Presentazione statica del nostro Lazer Cameleon con corredo fotografico ridotto rispetto ai miei standard. Non perché abbia voluto lesinare: sul canale You Tube del blog c’è anche la video recensione (online qualche giorno dopo rispetto alla data odierna di pubblicazione), lì il casco è ampiamente mostrato.

Uno schema che vede testo, foto e video lavorare in sinergia, sperando soddisfi ogni vostra curiosità.

Partiamo con le immagini.

Fattore forma a metà strada tra un casco sportivo (al netto della visiera) e uno a vocazione urbana.

Da queste prima immagini possiamo notare l’ampia batteria di prese d’aria, che seppure non in numero esorbitante (sono 13), grazie ad ampiezza e disegno assicurano notevole afflusso d’aria. Il bordino in gomma nella presa posteriore centrale aiuta a mantenere salda la luce, che vedremo tra poco.

Il taglio anteriore, la fronte per capirci, è alto, da casco sportivo. Questo significa ottima visibilità, anche con la visiera; ma significa pure una inferiore estensione alle tempie rispetto a un casco solo ed esclusivamente urban, soprattutto quelli pensati per le e-bike.

Decisamente generosa l’areazione anteriore, con prese frontali, laterali e prima linea di quelle superiori che fanno entrare tanta aria. E pure l’acqua, ovviamente, perché sono stato sorpreso da un violento acquazzone e manco il tempo di trovare riparo che già ero fradicio. E vabbè.

La calotta è ben proporzionata, niente testa a funghetto per capirci, pur vantando un Eps interno di elevato spessore, come si può vedere in dettaglio osservando una presa di uscita.

Calotta ed EPS (il materiale interno che deve dissipare l’energia dell’urto) ben rifinite, con quest’ultimo quasi del tutto assente alla vista.

Devi guardare il casco dal basso per evidenziarlo.

Quest’angolo di ripresa ci permette anche di notare lo spazio disponibile per le orecchie e gli occhiali, le cui stanghette non interferiscono.

La piccola visiera è removibile; anticipo che protegge bene e non blocca la visibilità nemmeno usando una bici con assetto sportivo, non corsa però.

Optional, ma compresa nel prezzo finché dura la promozione, la piccola luce a led, impermeabile e ricaricabile.

Sfrutta l’innesto a pressione nella presa centrale posta sul retro, io ricorro a immagini ufficiali perché non mi è stata consegnata col casco.

Peccato, attribuisco sempre molta importanza a questi dettagli, aumentano la sicurezza. Comunque, poiché continuerò a usare questo casco anche dopo la pubblicazione della recensione, vedrò se ne frattempo salta fuori e magari aggiungo qui ulteriori valutazioni.

Non manca però un ulteriore “presidio di sicurezza”: la fascia posteriore non è solo belletto ma acquista luminosità se investita da luce diretta, per esempio i fari di un veicolo alle nostre spalle.

Però lo fa in maniera diversa da un semplice inserto ad alta visibilità. Assume una varietà di riflessi, con un effetto quasi caleidoscopico impossibile da rendere in foto. Ci ho provato col video ma non sono riuscito a rendere piena giustizia, la fotocamera non registrava fedele ciò che vedevo a occhio nudo. 

Chissà se Lazer ha scelto il nome per la poliedricità del casco o per questo effetto ottico. Non lo so e non ho tempo per indagare.

Cinturino di foggia classica, fibbia a incastro maschio/femmina (e temo che questa arcaica definizione dovrò cambiarla con innesto 1 e innesto 2…), molla di blocco per l’eccesso, con logo dell’azienda.

Divider a scorrimento, facili da regolare ma che, come tutti quelli che sfruttano questo sistema, richiedono una sistemata ogni tanto.

Ampia fascia centrale per l’imbottitura interna, accompagnata da quelle laterali e frontali più sottili. La calotta del Mips stavolta non è nel tradizionale giallo ma in più sobrio nero, vivacizzata però dai tanti piccoli loghi nel classico colore.

Ho spiegato già in altre recensioni cosa sia il Mips, propongo solo un veloce riassunto.

Mips è acronimo che indica il Multi-directional Impact Protection System, a cui aggiungere l’altro acronimo BPS che indica il Brain Protection System.

Detto così ne sappiamo come prima, cioè ben poco. Meglio spiegare.

Ed è meglio spiegare partendo dall’inizio.

Come spesso accade le migliori invenzioni nascono (quasi) per caso: una intuizione, una idea, l’incontro e il confronto, la sperimentazione e infine il risultato. Che uno guarda e domanda “opperò, perché non ci hanno pensato prima?”.

Più o meno quello che è successo quando nel 1995, il neurochirurgo svedese Hans von Holst del Karolinska Institute di Stoccolma si rese conto che i caschi in generale erano costruiti in modo tale che malgrado tutto si generavano troppi danni, anche se perfettamente calzati e di buona qualità. Dissipavano l’energia di impatto, è vero: ma non sembrava bastare. Contattò così il Royal Institute of Technology (KTH) a Stoccolma per avviare una ricerca biomeccanica sulla prevenzione delle lesioni alla testa e al collo. E qui l’allora studente Peter Halldin iniziò un dottorato in biomeccanica per lesioni alla testa e al collo; il primo dottorato in questo campo.

Peter Halldin si approcciò all’argomento da un punto di vista tecnico e con l’aiuto di Hans von Holst e il suo background clinico, si posero l’obiettivo di comprendere ogni possibile causa dei danni celebrali anche indossando il casco. E una delle principali cause fu individuata nell’accelerazione rotazionale da impatto, foriera di danni al cervello.

Dopo un anno di ricerche Hans von Holst e Peter Halldin si unirono con l’idea della tecnologia MIPS, imitando il sistema di protezione del cervello stesso. Il primo prototipo di un casco dotato di MIPS fu testato presso l’Università di Birmingham nel 2000 e portò alla prima pubblicazione scientifica nel 2001, dimostrando che il MIPS poteva ridurre significativamente l’accelerazione rotazionale.

Come? Con una calotta inserita all’interno del casco e fissata a questo mediante elastomeri (i low friction layer) e capace di muoversi in ogni direzione per circa 10-15mm.

Tutti gli studi svolti hanno dimostrato una netta riduzione dei danni al cervello grazie alla drastica riduzione del movimento rotatorio. Ossia quel movimento che, sintetizzo, è una combinazione di energia rotazionale (velocità angolare) e forze rotazionali (dall’accelerazione angolare) che colpiscono il cervello e aumentano il rischio di lesioni cerebrali gravi.

Il sistema si compone di diversi elementi e non ne abbiamo uno principale: ognuno concorre lavorando in sincrono con gli altri.

Il più vistoso è sicuramente la calotta, non fosse altro per il colore (esiste anche in altre varianti cromatiche, come la nera del Lazer Cameleon in prova). Se però voglio trovare un cuore nel sistema lo identifico negli elastomeri, che da un lato sono fissati nell’Eps e dall’altro solidali alla calottina: sono loro che di fatto permettono il movimento omnidirezionale, fulcro della tecnologia Mips.

Questa la parte teorica, valida per tutti. Chi volesse approfondire ulteriormente potrà farlo attingendo alle tante informazioni presenti sul sito ufficiale Mips. Che è azienda affermata e che offre il suo prodotto a tantissimi marchi del settore.

Mi sono riservato per la fine di questo paragrafo il motivo principale che mi ha spinto alla selezione di questo casco: la tecnologia Lazer Advanced Rollsys®.

Non abbiamo la classica fascia dietro la nuca, bensì un pomello zigrinato sulla sommità della calotta.

Questo pomello governa un “cestello” che percorre tutto l’interno della calotta: regolando lui abbiamo il capo completamente fasciato, con una tenuta sulla carta superiore. La calotta Mips non rende il sistema subito visibile, qui in basso la zona anteriore.

Vi propongo allora l’immagine ufficiale di questa tecnologia.

Un vantaggio che posso definire indiretto del sistema Advanced Rollsys® è la facilità di calzata per chi ha la coda di cavallo, quindi le fanciulle o gli attempati fricchettoni come il sottoscritto.

Ma i dubbi che mi premeva risolvere e che sono alla base della scelta del Cameleon sono: è una tecnologia invasiva? E’ scomodo agire sul pomello?

E’ però da ricordare che anche i caschi più sportivi e costosi della casa utilizzano questo sistema (con qualche differenza, soprattutto per favorire la leggerezza) e a quanto mi risulta nessuno si è mai lamentato.

Non mi basta, devo toccare con mano per capire ma prima di saltare in sella e pedalare ultime notazioni.

Quattro i colori disponibili e altrettante le taglie.

Peso rilevato per la taglia M in prova: 300 grammi compreso la visiera.

Ora muoviamo le gambine.


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