[Test] Good Year Vector Sport

La prova su strada

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La prova su strada

Inutile dire che anche stavolta bici, ruote e percorsi sono stati identici rispetto agli altri test. Leggermente diverse le condizioni climatiche, più fresche se non fredde in alcuni casi. Però non me ne sono dato peso, alla fine le Good Year Vector Sport sono gomme adatte a ogni stagione, quindi va bene così. 

E’ servito però “riparametrare” tutto, perché c’è un indubbio divario prestazionale con le sorelle più sportive, e mai come stavolta, più che con le altre versioni, è stato alto il rischio di valutarle secondo criteri sbagliati.

Le avessi gestire da sole ok, ma quando in rapida successione pedali su tutta la gamma il rischio di sbagliare è concreto.

Col senno di poi, a test chiusi, mi rendo conto che forse sarei dovuto partire dal basso, andare in crescendo. Invece ho scelto di iniziare dalla versione potenzialmente più interessante, la Eagle F1 R. Interessante per prestazioni e capacità di accontentare molti.

Comunque, ormai è fatta, pedaliamo con le Vector ché hanno tanto da raccontare

Prima però serve montarle, e come con le altre versioni già provate metter su questi tubeless è davvero semplice. I famosi ultimi 15 cm, quelli che spesso fanno dannare, si risolvono in un attimo usando la giusta tecnica (che è stata ampiamente illustrata sul blog…), e se proprio uno vuole lavorare comodo c’è sempre la pinza apposita per tubeless. Ma non necessaria, solo, appunto, una comodità.

Trovata subito la giusta pressione, immediatamente avverti due cose: l’aria di famiglia e un grip assolutamente notevole.

Aria di famiglia può dir poco se prima non si è dato uno sguardo alle precedenti recensioni, mi rendo conto.

Sintetizzo con comfort e comunicabilità ciclista/copertoncino.

C’è tanta gomma qui, la carcassa non è rigida (ma non cedevole), il peso è ovviamente più alto delle sorelle che abbiamo conosciuto in queste settimane ma pedalando in pianura non si avverte più di tanto.

Si prende lesti velocità, l’asfalto malmesso viene digerito senza patemi, c’è solo una leggera rumorosità di rotolamento. Non la noto su strada trafficata, ma andando di passo svelto per stradine secondarie, quelle dove c’è solo il vento a farti compagnia, avverti una sorta di sibilo. Nulla di fastidioso, nulla di paragonabile a una gomma gravel o comunque tassellata. Lo segnalo per senso del dovere.

Qui la protezione antiforatura è doppia, ti aspetto superiore rigidità. Nulla di tutto questo, probabilmente la mescola e questa presenza di “tanta gomma” sulla fascia centrale evidentemente appianano ogni asperità.

Insomma, in pianura si va via veloci e solo quando serve riprendere l’andatura hai quella leggera inerzia dovuta al peso in più, avvertibile se hai pedalato pochi giorni prima con le leggerissime Eagle F1 Super Sport R.

Si lo so, dico che paragoni non dovrei farne, ma siamo nell’ambito dello stesso marchio, e poi mica è colpa mia se mi sono toccate tutte e quattro le versioni…

Comunque, finché la strada scorre piatta non c’è molto da rilevare. A parte la gran comodità di cui ho detto, nei fatti pedali su una gomma sportiva che non limita l’azione più di tanto.

No, per capire meglio le Vector serve salire prima e scendere poi.

E iniziamo a salire, al solito tenendoci bassi, facili diciamo così.

Con pendenze umane, intorno al 5/6%, si viaggia bene, di passo. Ovviamente ancor più che in pianura il peso si avverte (sempre rispetto agli altri copertoncini Good Year testati) ma non è un peso tale da zavorrarti.

Certo, non è la gomma che invogli alla guida aggressiva, se supporta ma se si vuole fare la cronoscalata serve altro. No, meglio andar su regolari, giusto quel rilancio nello strappo dove cambia la pendenza.

Davvero la capacità di smorzare è molto alta, questo aiuta sui tanti rappezzi dell’asfalto così frequenti sulle nostre strade carenti di buona manutenzione. 

Il grip, che teoricamente in salita non è che noti più di tanto (almeno alle mie medie) fa capolino quando, per esempio, sei costretto a spostarti sullo sporco perché l’auto che ti sorpassa ha deciso di farti il pelo e preferisci mettere le ruote fuori dalla striscia piuttosto che scendere a valle in un colpo solo.

Come passi sopra lo sporco senti subito, in modo quasi tangibile, il Vector che fa presa. Non serve calare il ritmo, non serve cautela, pupi fidarti. E non spezzare il ritmo in salita è sempre una buona cosa.

Comunque, visto le pendenze umane non creano difficoltò, secondo lo schema consueto andiamo a cercarci salite a doppia cifra.

Inutile girarci intorno: i 355 g rilevati si sentono. Quando arrivi stremato dopo oltre 5km senza mai scendere sotto il 13% e con quasi tutti i tratti tra il 16 e il 17%, beccare le ultime rampe al 22% ti fanno desiderare una bici da meno di 6kg, poco da fare.

Anche in questo caso, come sempre con copertoncini votati a comfort e durata, la strategia migliore è andar su di passo, regolari, senza slanci.

Non è la prestazione pure l’obiettivo delle Vector. Non che siano lente, sia chiaro. Ma se vuoi battere il cronometro non è giustamente il copertoncino adatto.

No, però ripaga ancora una volta con un comfort elevatissimo, che apprezzi proprio in salita. Quest’anno poi le strade che sempre uso durante i test sono parecchio più rovinate, tra diatribe sulle competenze ed eventi atmosferici estremi presentatisi con inusitata frequenza, avvallamenti e crepe nell’asfalto sono la norma.

E significa “botte” nelle gambe, quindi un copertoncino che si sobbarca buona parte di questi colpi è benvenuto.

Senza l’effetto collaterale di un eccessivo schiacciamento quando ti alzi sui pedali e carichi tutto il peso sull’anteriore. Un cedimento c’è, senti netta la zona centrale che “scende” sull’asfalto e ha bisogno di qualche metro in più per riprendere. Una leggera liquidità sull’avantreno che dura tre giri di pedale. Nulla di pericoloso, non lasci la linea a meno che in quel momento non hai sbagliato ponendoti sul perimetro di un rappezzo (ma tanto in questa condizione non c’è gomma che non segua la malformazione della strada…) però c’è.

Con una leggera disparità tra centro e spalla. Che c’entra la spalla? Beh, molti di noi si aiutano caricando il peso sui pedali e in questi frangenti la bici la facciamo ondeggiare. Non una vera e propria piega come in curva, ovvio, ma a destra e sinistra la mandiamo. 

Ecco, a ogni oscillazione senti prima la cedevolezza della zona centrale e poi un bel sostegno gagliardo sulla prima parte della spalla.

Apro inciso. Ricordo che tutti e quattro i test Good Year si sono svolti con identica bici, sempre le stesse ruote e sugli stessi percorsi. Persino il calendario ha rispettato l’identica frequenza. Insomma, ogni variabile è stata eliminata.

Quasi, perché il meteo nel frattempo è cambiato e l’ultima parte del test ha visto arrivare la pioggia, che poi aspettavo e per questo le Vector sono andate in coda.

Ma ci arriviamo fra poco, prima dobbiamo scendere.

Con quanto detto prima, pedalando su pendenze pericolose, ovvio che la discesa per me fosse fondamentale. Anche perché come sempre è l’unica situazione in cui posso realmente verificare il grip in velocità.

Mi aspettavo gran cose, le ho trovate.

Dopo tanti anni sui pedali e tantissimi copertoncini testati, so già che copertoncini come i Good Year Vector (e altri di analoga estrazione) offrono tenuta e confidenza piene mani, senza subire alcun handicap dal peso in più rispetto ai fratelli più sportivi.

Ossia quello che serve per scendere veloci, soprattutto se la gomma mantiene sempre aperto un preciso canale di comunicazione col ciclista.

E quindi ogni discesa è stata divertimento puro.

La fascia centrale offre precisione, scorrevolezza ed eccellente tenuta in frenata, oltre a un grip notevole che non fa correre alcun rischio quando ti aggrappi ai freni.

Il profilo omogeneo assicura precisa discesa in piega e traiettorie disegnate col compasso.

E quando la velocità è tale che serve impegnare la spalla, beh, le Vector si incollano alla strada e non la mollano.

Soprattutto nelle discese molto veloci e ampie, quelle dove tocchi i freni al massimo due volte poi è tutto un accucciarsi sulla bici, si va giù come missili.

Nelle svolte secche, soprattutto se arrivano repentine dopo un bel discesone, il trasferimento di carico sull’anteriore dovuto all’impegnativa frenata fa riemergere quel leggero stacco tra centro e spalla. 

E’ il pelo nell’uovo, perché nel complesso la carcassa si adagia con dolce progressività. 

Non ne sono sicuro, credo che più dalla carcassa dipenda da questa mia sensazione che al centro ci sia più gomma, sia più spessa per capirci.

Giusta cautela in caso di pioggia, soprattutto se arriva dopo il gran caldo e nessuna precipitazione: lo sporco accumulato sull’asfalto lo rende assai insidioso. Ma io questo aspettavo con le Vector montate, quindi avvistati i primi nuvoloni via a pedalare. 

Cautela si, ma mica poi tanta.

Mescola eccellente sul bagnato, battistrada efficacissimo sulla spalla, si va quasi come sull’asciutto.

Il quasi perché ho rilevato una reazione che non mi aspettavo, dopo tutto quello emerso nel test: una certa imprecisione in frenata.

Non che strizzi le leve sotto la pioggia, stile felpato come si diceva una volta.

L’anteriore non ha mai preso sotto però per alcuni momenti è stato necessario alleggerire perché non sentivo più la gomma lavorare. Non avevo cioè la percezione del grip esercitato in quel momento. Forse è dipeso dall’aver provato queste manovre sempre sullo stesso tratto di strada e probabilmente si era accumulato sporco su alcuni segmenti. 

Non ho approfondito cercando altre mete perché qualche starnuto e un ramo spezzato pochi metri davanti a me mi hanno indotto a riprendere la via di casa. 

Bene, direi che anche con i Good Year Vector ci siamo, andiamo alle conclusioni.

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