Tanti modi di vivere le uscite

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Quanti modi esistono di vivere una uscita in bici? Probabilmente tanti quanti sono i ciclisti, ognuno coi suoi riti e le sue piccole e grandi manie.

In gruppo o da soli, a battagliare o a scherzare ogni pedalatore ha la sua uscita preferita. Che non è l’unica, magari è uno che ama la bagarre ma ogni tanto vuole concedersi la zingarata solitaria; o è un ciclista tecnico che ogni tanto non disdegna la scampagnata con gli amici.

Esce e uscirà in bici in tanti modi diversi ma sempre avrà nel cuore un suo personalissimo modo di pedalare.

Quale è impossibile dirlo come impossibile stilare una lista completa, proprio perché ogni ciclista è storia a sé.

Provo allora a creare alcune macrocategorie, sicuro che ognuno di voi ha pedalato in una e più di esse; e riconoscerà la sua preferita.

E se così non è, allora avete carta bianca per aggiungere le vostre storie, se vorrete.

 

Uscita di allenamento specifico.

Parto da lei, il mio retaggio è quello del ciclismo sportivo su strada anche se ormai sono anni che di sportivo ho solo le bici e l’abbigliamento…

E’ l’uscita dove non c’è spazio per il paesaggio, il percorso è straconosciuto, la bici e il ciclista sono monitorati in ogni parametro e la sera a casa, davanti al pc, è tutto uno scaricare e confrontare dati e tabelle.

E’ quasi sempre una uscita solitaria a meno di non avere uno o più compagni con identico stato di forma e piano di allenamento.

Nonché uguale costanza nelle uscite, cosa che per noi amatori è sempre più difficile, presi come siamo da impegni di lavoro e famiglia.

Non deve essere necessariamente finalizzata alla stagione agonistica, anzi spesso non lo è. E’ il gusto di migliorare ogni volta, la voglia di battere l’unico ciclista che realmente vale la pena sconfiggere a ogni colpo di pedale: noi stessi.

 

Uscita tecnica.

Non è molto dissimile dalla precedente, anzi a volte le due tipologie convivono nell’arco dello stesso giro. 

Perché è quasi sempre anch’essa una uscita in solitaria dove il ciclista sfida i propri limiti per spostarli ogni volta poco più in là. 

Ma se l’uscita di allenamento in solitaria è tipica degli stradisti, quella tecnica è predominante tra gli amanti dell’off road. Si arriva sul track e si provano e riprovano salti o nose press: che è sempre meglio esercitare da soli in questo periodo in cui nulla sfugge alle videocamere dei cellulari e conseguente condivisione in rete…

Non è però prerogativa solo dei biker, tanti stradisti profittano di percorsi particolarmente tecnici per migliorare la guida in discesa, sentire il carico, imparare a governare la traiettoria con la pressione sui pedali e così via.

Non è roba da fanatici, accrescere la capacità di controllo (perché una bici si guida, non si pedala e basta) è a tutto vantaggio della sicurezza. Pensate solo alla classica frenata da panico, con la ruota posteriore che si solleva da terra: beh, saper controllare la traiettoria è la differenza tra un intermezzo scenografico e rimetterci i denti 😀

 

Uscita per tenersi in forma.

Nessuna velleità sportiva, nessun esercizio tecnico, niente ciclocomputer sofisticato, sensori e fascia cardio, al massimo il computerino basico o qualche app sul telefono per scoprire quante calorie si è bruciato. O almeno se uno è riuscito a bruciarne qualcuna…

Eh già, perché passo e distanza contano poco o nulla, importa solo far girare le gambe, riattivare la circolazione, godersi il paesaggio e magari un poco di musica di sottofondo (mai però con le cuffie a impegnare tutte e due le orecchie).

C’è chi pratica solo questa forma di ciclismo, non gli importa quale bici usa basta sia comoda; ma ci sono tanti che invece si allenano con costanza e ogni tanto si concedono una giornata di “libertà”. 

Che sia per fare scarico ma senza troppa convinzione o semplicemente per la voglia di pedalare una volta tanto senza star lì a verificare i dati del computer ogni tre giri di pedale, prima o poi a tutti noi è venuta voglia di prendere una bici qualunque, saltare in sella e goderci la brezza sul viso. Anzi, il refolo vista l’andatura…

 

Uscita in gruppo non si fanno prigionieri.

Che sia strada o fuoristrada l’uscita in gruppo dove ogni metro è battaglia è il grande classico del ciclismo. Nessuno ne è stato esente, almeno una volta ci siamo tutti trovati risucchiati in questa continua bagarre.

A tutta dall’inizio alla fine, ogni strappo in avanti vissuto come duello, ogni cavalcavia un traguardo volante, ogni salita quella della maglia iridata.

Non giudico, ognuno deve essere libero di vivere il ciclismo come più gli piace.

Però in questo caso devo fare una eccezione, per diversi motivi.

Anzitutto questo tipo di uscita è nemica di ogni decente allenamento in bici, anzi fa solo danni. E diventa ancor più dannosa perché la “febbre della tenzone” assale soprattutto i novelli ciclisti, quelli che più di tutti invece avrebbero bisogno di essere guidati e consigliati dai più esperti. Mentre invece vengono sfruttati come carne da cannone per gratificare l’ego di chi ha bisogno di sentirsi “più veloce di” per compensare altre deficienze.

E’ una condotta di guida pericolosa, spesso per guadagnare quei cinque metri si supera sfruttando un rallentamento di chi sta avanti ma senza capire che ha calato per un ostacolo o una buca.

E cosa davvero triste, lo dico perché l’ho vissuto, si lascia dietro chi ha un problema tecnico altrimenti “…sai, sono andati via, perdevano il ritmo sennò”; come mi rispose un ciclista che aiutai, scusando quelli del gruppo che l’avevano mollato a bordo strada senza più una camera d’aria sana. Bocciati, senza appello.

 

Uscita in gruppo chi perde paga.

E’ la variante sana di quella appena raccontata. Non si va sempre a tutta, si viaggia veloci ma con passo buono per ognuno e dandosi il cambio con regolarità. Non si lascia nessuno dietro e in alcuni casi ci si gioca la colazione, dove a pagare sarà l’ultimo arrivato in cima.

Ma avendo cura che non sia lo stesso della volta precedente; perché in questo caso chi sta avanti con delicatezza calerà il ritmo, fingerà una stanchezza che non ha perché devi sempre salvaguardare l’orgoglio dei tuoi amici, e alla fine conta poco chi davvero è arrivato primo e chi ultimo: conta solo che si è arrivati tutti in cima e ognuno avrà dato sia quello che può che la sua ruota a chi da dietro arrancava.

Non so se è una uscita ormai retaggio di noi vecchietti ché i più giovani non l’hanno mai conosciuta.

So però che è ormai in disuso, e di questo mi spiace. E’ il modo più sano e divertente di vivere il ciclismo sportivo per noi pedalatori per passione.

 

Uscita in gruppo a fare salotto.

Gruppo piccolo, di solito mai superiore a cinque, meglio se massimo in tre.

Non proprio un gruppo insomma, solo alcuni amici che si ritrovano e invece di chiacchierare davanti a una birra lo fanno in bici, pedalando leggeri e scegliendo strade secondarie, mai trafficate.

Meglio ancora se sono sentieri di campagna.

Non contano velocità e distanza, non importa la bici usata, se uno pedala con la Mtb e l’altro con la sportiva; non conta nemmeno la meta perché una meta non c’è, solo l’istinto del momento a scegliere la direzione, e la voglia di stare insieme.

Credo che tutti almeno una volta abbiano fatto una uscita simile; la vera difficoltà è trovare i compagni giusti ma questo è un altro discorso.

 

Uscita turistica.

Da soli o in compagnia ma non pensate alla bici da viaggio con borse attaccate ovunque, Gps, macchina fotografica e tablet pronto per la diretta sul vlog.

Si sceglie di raggiungere quei luoghi in bici, perché è più pratico, più divertente o semplicemente ci serve una scusa per uscire in bici.

Obbligatori una attenta pianificazione dei punti di ristoro, lo studio accurato nonché sperimentazione sul campo delle bontà locali, ricordarsi che la bici ha solo due ruote e l’alcol non favorisce l’equilibrio 😀

Per il resto nessun limite, tanto poi smaltiremo alla prossima uscita. Non turistica ovviamente altrimenti saremmo gli unici che più pedalano e più ingrassano… 

 

Uscita lupo solitario.

Al limite della misantropia, alcuni scelgono il tracciato preferendo quello dove la possibilità di incontrare propri simili a pedali è ridotto al minimo. Anche quella di incontrare propri simili e basta.

Che sia strada o fuoristrada l’importante è stare da soli.

Ma non per avversione verso il prossimo.

E’ il bisogno che ogni tanto ognuno di noi ha di poter staccare da tutto e perdersi nei propri pensieri. E nulla più della ritmica cadenza della pedalata aiuta a raggiungere questa concentrazione zen. 

In bici alla ricerca dei luoghi solitari, dove godere della bellezza della natura e del suo silenzio che non è mai vero silenzio. Ma alla fine è sempre e solo una ricerca di noi stessi, di qualcosa che abbiamo smarrito, forse perduto, forse solo dimenticato.

Per molti è l’essenza stessa dell’andare in bici, l’unico veicolo capace di rendere l’uomo tutt’uno con l’ambiente che lo circonda, senza filtri di motore e carrozzerie e potendo contare solo su se stessi.

E’ bellissimo a patto non diventi l’unico modo di vivere la bici; siamo animali sociali, alcuni forse meno di altri ma non possiamo fare del tutto a meno del nostro prossimo.

Però a volte ne facciamo volentieri a meno.

 

Uscita testa o croce.

Sull’uscio lancio della moneta, croce a destra e testa a sinistra. Stop.

Da qui in poi nulla sai di cosa accadrà. Decisa la direzione sarà lo stato d’animo del momento a guidarci, trasformando la nostra pedalata in una qualunque di quelle sin qui raccontate. Sia in solitaria che in gruppo, perché nulla vieta di accodarci ai ciclisti di passaggio. Dando pure il cambio perché è sempre fastidioso fare il succhiaruota.

Come mi diceva il mister tanti anni fa: “se la gamba gira vai, se non gira vai a casa”.

Ma resta l’uscita dove la testa alla fine conta più della gamba. E’ la voglia di stare in sella, in qualunque modo, solo che finché non saltiamo in bici non sappiamo qual’è.

Ogni giro di pedale diventa una sorpresa, senza un piano stabilito, un percorso, tabelle di allenamento. E chi è più fortunato senza nemmeno un orologio a ricordagli i doveri.

Sono quelle che definisco “zingarate a pedali”, una espressione che avrete letto spesso nei test. Dove effettivamente di zingarate posso concedermene nessuna. 

Ma qualche volta una eccezione ci scappa…

Buone pedalate

COMMENTS

  • <cite class="fn">vinicio bonometto</cite>

    A me piace scoprire! Mi sento il cartografo di Napoleone e sono sempre alla ricerca di passaggi possibili o impossibili, a volte che permettano giri ad anello, evitando quanto più il traffico veicolare e prediligendo strade bianche (che ahimè qualche proprietario arrogante distrugge per qualche centimetro di terra coltivabile in più). Il problema è che dovrei cambiar casa ogni anno per rimappare e scoprire il circostante. Oppure, meno comodo, spostarmi di km con altri più veloci mezzi. Quando abitavo in Sardegna era davvero un bel salto nel buio ogni volta, con una certa dose di pericolosità soprattutto per i cani, pastori e non, a volte anche per i tori non proprio ben recintati.

  • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

    Il mio ritorno alla bici è passato dall’uscita turistica in coppia, passando per le vacanze in bici e tenda, e alcuni dei ricordi migliori appartengono di diritto a questa categoria. L’infinita rete di strade secondarie, ciclabili e sentieri nella zona dove abito è il perfetto campo da gioco per tanti stili diversi e a seconda del periodo e dell’umore c’è spazio per un po’ di tutto 😀
    Trovo di grande soddisfazione le uscite dove il “programma” iniziale viene lanciato dalla finestra e, seguendo l’ispirazione del momento, vado alla scoperta di nuovi angoli di bosco, sentieri o panorami. Ottime le “gravel” da questo punto di vista, che permettono di filare veloci per tanti km (a differenza di una mtb) senza perdere praticamente nulla in termini di possibilità di esplorazione (almeno nelle vicinanze – se va proprio male si passeggia per qualche decina di metri).
    Una categoria che manca alla lista è il randonneuring (o audax che dir si voglia), dove il percorso prestabilito e la regolarità sono le caratteristiche distintive. Mi piace ogni tanto mettermi alla prova con “brevetti” fatti in casa, uscendo dalla porta all’alba per rientrare al tramonto (si fa per dire…), su percorsi o con obiettivi turistici ma con numeretti impegnativi in termini di distanze e dislivello, simili appunto a quelli di una randonnée. Bisogna essere autosufficienti in ogni caso, quindi tanto vale poter organizzare da sé i percorsi, approfittare del meteo migliore e non doversi spostare per arrivare alla partenza. Con le app attuali è molto facile pianificare percorsi adatti e navigare zone sconosciute… forse troppo XD

  • <cite class="fn">danielelevi</cite>

    Caro Fabio, ho trovato in questo articolo (come sempre di piacevole e scorrevole lettura) alcuni aspetti particolarmente arguti e divertenti. Proprio perciò fra tutti quelli finora pubblicati probabilmente il mio preferito :-).
    Mi sono particolarmente riconosciuto in un mix di “Uscita per tenersi in forma”, “Uscita lupo solitario” e “Uscita a fare salotto”. Diciamo 50%, 25% e 25% a seconda di voglia, umore e “compagni di viaggio”.
    Grazie, come sempre, per i piacevoli intermezzi che con questo bel sito regali ai lettori.
    Daniele

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