Rose X-lite CDX 8800

La prova su strada

Tempo di lettura: 8 minuti

Io e questa Rose X-lite CDX 8800 ammetto non siamo andati subito d’accordo. Più per colpa mia che per demeriti della bici, che anzi, riconosco ha fatto di tutto per mettermi a mio agio. E’ arrivata qui in un momento particolare, con troppi test aperti contemporaneamente, il mio saltellare da una bici all’altra uscendo agli orari più improbabili per sfruttare ogni momento, stanchezza via via accumulata e, dulcis in fundo, una cambiamento del meteo che ha portato pioggia e soprattutto tanto, ma tanto vento. E pedalare con raffiche violente su una bici con ruote ad alto profilo (ricordate i primi giorni del Giro, in Sardegna? Anche più forti…), per me che sviluppo buona parte dei percorsi di prova sulla costa e quindi ne prendo tanto, non ti invoglia a salire in sella. Avevo tempi stretti, quattro settimane che possono sembrare molte ma, credetemi, i giorni ti sfuggono dalle mani quando hai tanto a cui star dietro. Però siccome non mi hanno certo puntato una pistola alla tempia obbligandomi a provare la bici e tutto il resto e a tenere questo blog, non solo non mi lamento ma mi ritengo pure fortunato perché ho la possibilità di giocare con tanta bella roba. Quindi va bene qualche sacrificio e comunque questa X-lite CDX è talmente comoda che dimentichi presto tutti gli affanni.

Si, il comfort: un aspetto che nei test di bici sportive lascio come ultima voce, dando priorità alla velocità e la resa. Invece qui voglio aprire proprio con la grandissima comodità, talmente elevata che ti sembra di andar piano. Molti interpretano la rigidità, intesa nel senso di risposte secche, dure, come chiaro sinonimo di efficacia nella guida sportiva. Sbagliato. Cronometro alla mano su parecchi tratti dei miei circuiti di prova sono stato più veloce con questa CDX che con la mia Team. Tranne in salita ovviamente, perché anche se la CDX vanta in questa configurazione una leggerezza notevole, appena un soffio sopra i 7Kg (7020g per la precisione, pochissimo per una bici a disco e ruote alto profilo) il chiletto in meno della sorella Team con freni caliper e ruote basse sulle pendenze cattive fa la differenza.

Come è possibile associare comfort e velocità? Discorso complesso, che sarebbe errato ridurre a questi soli due elementi. Tento una sintesi e comunque è argomento che ho affrontato spesso. In bici serve la rigidità, perché un telaio (anche le ruote) flaccido significa energia che si disperde nel tragitto dal ciclista alla strada. Il prezzo da pagare è che tutti i colpi che arrivano dalla strada trovano sfogo sul ciclista, e contrastarli, assorbirli diciamo così, costa fatica. Quindi su una bici molto rigida abbiamo il vantaggio di poter scaricare tutto a terra e lo svantaggio di stancarci per quello che ci torna indietro. L’ideale è avere una bici capace di non disperdere l’energia della pedalata e assorbire quella che arriva dalla strada. Dov’è il problema nel creare una bici così? Nell’antitesi tra le due necessità, perché una bici capace di assorbire le brutture della strada “mangerà” quella delle nostre gambe. Al contempo una strada malemessa, per non dire del pavé, mangerà  anch’essa l’energia delle nostre zampette e più è rigida la bici più sarà vorace. Non se ne esce.

Oppure si esce in sella a questa X-lite CDX e scopri che è capace di farti essere veloce, trasmettendo con efficacia l’energia della pedalata, e al tempo stesso assorbire quella della strada, senza farti stancare. Risultato? Cronometro alla mano sei veloce, anzi più veloce, di parecchie bici più cattive. E te ne accorgi solo confrontando i tempi, perché le sensazioni trasmesse sono vellutate, così morbide che l’impressione è andar piano. Poi guardi quei numeri sul display, scopri quanto sei stato rapido e come ti senti meno stanco del solito: e ti si stampa un sorriso sul volto fino a sera.

Non le manca efficacia a questa tedeschina, un poco di carattere si. E’ vero che mi ha permesso su tanti percorsi di essere più veloce rispetto ad altre bici che ho provato, però io in sella mi lascio guidare anzitutto dalla passione. E in suo nome posso anche rinunciare a una piccola porzione di performance in cambio di un comportamento più sanguigno, verace: anche se significa tirare i remi in barca se il fondo stradale si fa brutto. In fondo pedalo per gusto, posso permettermi il lusso di inseguire le mie preferenze e non il cronometro. Sui tratti dove con la X-lite Team ho pagato dazio rispetto a questa X-lite CDX mi diverto di più con la sorellina a caliper. Faccio più fatica, vado più piano ma “domare” la belvetta è uno spasso. Questa CDX è talmente amichevole che sembra faccia tutto lei.

Il comfort non è solo nella efficacia della pedalata. L’assetto, con geometrie sportive senza essere estreme, un angolo di pedalata pensato a favorire l’efficacia del gesto e un tubo sterzo lungo (ma senza gli eccessi di alcune bici da endurance dove rannicchiarsi in presa bassa è impossibile) e solido che non porta a un dislivello eccessivo con la sella, non ti fanno pesare tante ore a pedalare. Alla fine si lamentano solo le gambe, buon segno direi.

Non pensate a una bici paciosa, tranquilla: pugno di ferro in guanto di velluto, perché quando vengono voglia e gamba allora tira fuori gli artigli.

Si, le manca quel guizzo, quell’attimo in più di prontezza quando ci si alza sui pedali o si cambia il ritmo repentinamente. Più che il telaio però credo le responsabili siano le ruote. Leggere ma non leggerissime, la massa in questi frangenti si sente. Bastano però pochi metri che la bici parte, veloce: e con un aumento costante e incredibilmente rapido dell’andatura.

E inizi a giocare, a volerne sempre di più, a lasciare che le ruote ti aiutino a far salire la velocità e ti spingi a rilanciare per vedere fin dove puoi arrivare. Finché capisci che stai andando forte ma con questa condotta di guida stai sprecando energia. Molto più redditizio tornare seduti e andare via regolari, con la velocità che sale costante fino a raggiungere quella che è la tua cadenza su quel rapporto. Il nastro d’asfalto scorre veloce sotto le ruote, puoi spingere un rapporto più lungo di come faresti su una bici in assetto da grimpeur e avanzi spedito, nel più assoluto comfort di marcia. E se già si sta viaggiando veloce è anche più efficace alzarsi per rilanciare, magari per raggiungere il ciclista che ci precede, però poi si deve subito tornare seduti.

Viaggiando in piano nulla ti frena. E se la strada diventa brutta o molto brutta con tratti in pavé nessun problema: rapporto duro per tenere la bici carica, terga a sfiorare la sella ma meno di come faresti con altre bici e il passo non ne risente. Del resto questa bici ha affrontato i pavé dell’inferno del Nord, e io per compensare l’ho portata sulle strade dell’inferno del Sud. Meno blasonate e famose ma dure, accipinchia se son dure. I miei soliti 20+20 km di andata e ritorno sul pavé che devo sorbirmi a ogni uscita per poter lasciare la città non sono mai scorsi così fluidi con una bici da corsa. E così veloci. Infatti nei circuiti di prova che prevedono, appunto, anche il pavé, ho tenuto un passo migliore di qualunque altra bici guidata.

In salita le cose cambiano. Qui poco da fare, anche se 7kg sono pochi, il peso in più rispetto a bici più leggere frenate caliper (oltre il peso dell’impianto pure quello del telaio di una bici disco è mediamente superiore) e con ruote da salita chiede il suo tributo. Anche in questo frangente la regolarità resta la strategia migliore, senza contare che con la trasmissione Wi-Fli nessuna pendenza fa paura. Alzarsi sui pedali viene naturale, hai spazio, ma restare seduti e salire di passo è la scelta più proficua. Se la pendenza è pedalabile non si perde quasi rispetto a concorrenti più leggere, e preso il ritmo poi lo tieni all’infinito. Se la pendenza è di quelle che ti stanchi solo a pronunciarla allora ti affidi al 32 finale e pedali, ingiusto il paragone con bici più leggere.

E se la salita ti ha fatto un poco soffrire puoi consolarti, e divertirti, nella successiva discesa. Stabile, con una tenuta di strada eccellente e col supporto psicologico dei due dischi a frenarti viene facile scendere veloci; soprattutto se la discesa è di quelle ampie e con curve a largo raggio, da percorrere con traiettorie pulite e rotonde. L’appoggio delle Continental Gp 4000 S2 in primo equipaggiamento e in misura 700×25 è sempre sincero e prevedibile; e l’idraulica aiuta molto nella gestione dello sforzo di frenata. E’ anche più facile tenere la bici in assetto perché diversamente dagli impianti caliper, qui, coi dischi, la ripartizione sugli assi è simmetrica e questo favorisce ingressi rotondi.

Nei tornanti più stretti e negli ingressi più violenti, lì dove devi tirare la staccata per capirci, l’avantreno è un pelo meno lesto, soprattutto a causa del profilo della ruota che oppone una sua naturale resistenza.

Anche nei rilanci in uscita bisogna distinguere: curve veloci e prese a palla, dove quindi non è necessario alzarsi e rilanciare, la bici scorre via senza problemi. Nei percorsi tortuosi, quelli dove le curve strette si ripetono in rapida successione obbligandoti a rilanci continui per riprendere velocità, avverti un leggero ondeggiare al posteriore. Che si smorza quasi subito, non impone cali di ritmo e non si ripercuote sulla intera bici. A causa dei dischi e del perno passante non ho potuto confrontarmi con altre ruote, ma alla fine posso dire con ragionevole certezza che l’ondeggiamento è da imputare proprio alle ruote di serie e non al telaio. Se così non fosse me lo sarei trascinato per più tempo fuori dalle curve. Non posso invece dire con certezza se sia una caratteristica delle ruote o solo di queste ruote. Perché non sono stato il primo a salire in sella a questa bici, è stata usata per altri test da altri giornalisti, ha visto il pavé della Roubaix e che fossero un poco affaticate è normale.

Non elenco nella colonna dei difetti il comportamento delle ruote in presenza di forte vento laterale; è assolutamente normale che ruote a profilo medio alto risentano delle forti raffiche, e durante i miei test ne ho trovate in abbondanza e violente. Mai stato realmente in pericolo (il trucco è cercare di andare più veloce possibile: più si va piano peggio è) ma ovviamente la concentrazione è stata massima. Soprattutto in discesa, l’idea di uscire da una curva e trovarmi una raffica e modificarmi la traiettoria non ha aiutato la serenità di guida.

Reggisella e attacco sono già conosciuti, anche sulle pagine di questo blog. La piega Ritchey Stream invece è stata la prima volta che mi sono trovato a impugnarla e ho trovato la forma della curva molto comoda, il reach basso come piace a me e più confortevole di quanto credessi la parte superiore piatta, malgrado non fosse nastrata, come è normale in questi casi.

Sulla trasmissione è inutile che mi soffermo, Lo Sram Red è sul mercato da anni e non necessita presentazioni. Leggero, efficace e con una rapidità di cambiata entusiasmante nella guida sportiva. Bruttini, come già detto, i comandi ma ergonomicamente validissimi.

La frenata invece merita due parole, anche perché questo test mi serviva per raccogliere dati sulla efficacia di un impianto a disco montato su una bici da corsa. Un vero e proprio confronto sarà oggetto di uno specifico articolo. Qui posso dire che tranne nella gestione dell’ultima fase di frenata e nella modulabilità con terreno infido, alla fine gli spazi di arresto sono stati coincidenti con il mio impianto caliper. In diverse occasioni ho ottenuto spazi di arresto addirittura inferiori coi caliper, seppure la loro piena sfruttabilità resta più difficile; così come la regolazione per ottenere il massimo delle prestazioni rispetto a un impianto a disco idraulico.

Ciò non toglie che nella struttura complessiva di questa bici e viste le potenzialità nell’utilizzo, la scelta dei dischi mi sembra la più saggia. Come quella delle ruote a profilo alto, molto più comode di quanto si pensi e capaci di darti una bella mano a tenere il ritmo.

Non ho usato l’espressione potenzialità di utilizzo a caso. Perché la comodità è talmente elevata e la resa su strada pure che con questa bici si può tranquillamente uscire dall’alveo della sola pratica sportiva. In una giornata di mio palese disagio mentale ho cambiato i pedali e l’ho usata persino a zonzo per la mia città, che non brilla certo per qualità delle strade ed è praticamente priva di infrastrutture ciclistiche degne di questo nome. Onestamente ti dimentichi di essere in sella a una bici da corsa, alla quale si associa, in automatico direi, una idea di scomodità in ambito urbano: non solo pedalavo comodo, ma anche veloce, tanto veloce…

Bene, possiamo andare alle conclusioni.

COMMENTS

  • <cite class="fn">Guybrush Threepwood</cite>

    Gran bella bici. E bello pure il test (come al solito). Ero molto curioso di leggerne a riguardo.
    Vedere che un modello del genere viene testato (anche) con i pedali flat, la dice lunga sull’apertura mentale del tester. Bravo Fabio, ma brava anche Rose che propone una gamma davvero completa e all’avanguardia e a prezzi davvero competitivi.
    Unica cosa che non approvo tantissimo sono le colorazioni; un pò inflazionato questo matt black, tende a sottrarre personalità ai modelli rendendoli apparentemente “tutti simili”. Personalmente, lascerei queste livree “da prototipo” solo alle versioni top di gamma in modo da renderle subio riconoscibili (vedi S-Works, per esempio) e darei più sfogo alla fantasia per le altre versioni. Ma so già che ci stanno lavorando, quindi va bene così.
    Rimango in attesa dell’articolo sulla comparazione caliper/disco perché secondo me, in questo ci hai lasciato (volutamente) a bocca asciutta, vero??? 😉

    Daniele

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Beh, l’ho scritto che la questione caliper vs dischi sarà affrontata a parte. Qui si parla della bici, non sarebbe stato il luogo giusto.

      Fabio

  • <cite class="fn">Giovanni</cite>

    Fabio, che tipo di periodicità richiede la manutenzione di un impianto di questo tipo su questa bicicletta che ha dimostrato di essere decisamente performante. La verifica e la cura dell’impianto la si può fare da soli o c’è la necessità di rivolgersi ad un meccanico?
    Concordo con Guybrush sul tema colorazione, anche per me è l’unico appunto che posso rivolgere a Rose. Sono splendide biciclette, che grazie a Fabio, ho imparato ad apprezzare, una scelta cromatica più particolare, anche se sicuramente alzerebbe i costi, darebbe quel “quid” che manca.
    Giovanni

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Giovanni, dipende da cosa intendi per tipo di impianto: questo specifico Sram o un qualunque impianto a disco idraulico? Stradale o da MTb? Perché cambia per ognuno.
      L’unica cosa in comune è il periodico cambio olio, ma anche la periodicità cambia. Come per le auto e le moto, a influenzare sono condizioni e frequenza d’uso nonché le caratteristiche climatiche. Ovviamente per la pastiglie vale il semplice discorso dell’usura, un mese o due anni dipende da quanto ci pedali…

      Lo spurgo è una operazione ormai alla portata di chiunque e non richiede grossi investimenti economici per l’attrezzatura. Shimano ha un suo kit davvero economico, Sram (e quindi Avid, stesso gruppo) un kit più costoso ma nulla di che. Altri produttori pure, comunque raramente servono più di una cinquantina di euro. Si sale esclusivamente se si decide per un kit attrezzi adatto anche al primo montaggio, con tagliatubi, raccordi ecc ma è roba da officina non da utenza domestica.

      L’unica vera seccatura è che volenti e nolenti l’olio sempre colerà: sulla bici, sul pavimento ed è noioso. Ma soprattutto io sconsiglio il cambio olio una tantum, ossia per chi ha una sola bici e lo svolge con frequenza annuale o biennale. Perché l’olio una volta aperto si degrada: lasciarlo lì sulla mensola fino all’anno successivo equivale a buttarlo. A conti fatti, tra attrezzi e olio che si butta, conviene il meccanico. Se si possiedono più bici allora il discorso ovviamente cambia.

      Fabio

  • <cite class="fn">Giovanni</cite>

    Mi riferivo all’impianto montato sulla Rose. La mia curiosità era capire appunto quale manutenzione o accortezze comportasse l’avere un sistema idraulico su una bici di questa tipologia capace di esprimere prestazioni di rilievo senza sacrificare il confort.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Giovanni, lo Sram richiede poco: verifica periodica usura pastiglie (il modo migliore è sfilarle e verificare che lo spessore complessivo. cioè materiale d’attrito e supporto, non sia inferiore a 3 mm); trovandosi a pastiglie rimosse dare una occhiata al corretto scorrimento dei pistoni e se il caso intervenire (senza smontare, basta farne uscire uno per un poco, pulire e lubrificare e poi ripetere sull’altro, ho indicato come fare nella sezione officina); cambio olio una volta l’anno, si potrebbe anche ogni due se l’uso non è stato gravoso ma sarebbe preferibile non superare i 12 mesi.
      Le prime due operazioni sono alla portata di chiunque, la terza pure ma richiede attenzione e un kit per lo spurgo.

      Pinza e leva/pompa vanno smontati solo in caso di malfunzionamento o usura, ma non è operazione semplice. Non tanto la pinza, una volta svuotato il circuito lavorarci è abbastanza semplice, quanto leva e pompa sono più rognosi, tanti pezzettini piccoli piccoli e guai a sbagliare una sequenza.

      Discorso più particolare per le tubazioni idrauliche. A meno di screpolature o trasudamenti, possono star lì senza problema anche due o tre anni; però le condizioni ambientali influiscono (sbalzi termici, freddo intenso, lunga esposizione al sole) e dare un intervallo di sostituzione certo non è possibile. Da qui passano bici con le stesse tubazioni da 4 anni e non ho mai avuto esigenza di cambiarle, altre che dopo due anni vanno sostituite; molto dipenda da come si conserva la bici.

      Fabio

  • <cite class="fn">Luca</cite>

    Bella bici, offerta ad un prezzo molto interessante visti i montaggi. Le torri sulla piega sembrano di pura scuola teutonica 🙂

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Luca, anzitutto auguri per il tuo infortunio, spero stia procedendo tutto per il meglio; compatibilmente con la difficile situazione.
      Gran bici, soprattutto con un rapporto qualità prezzo imbattibile.
      Sram non ha mai brillato per bellezza dei suoi comandi, ha ingentilito da poco quelli meccanici ma su quelli idraulici c’è da lavorare. Solo sull’estetica però, perché funzionalità ed ergonomia sono ottimi.

      Fabio

  • <cite class="fn">Luca</cite>

    Ciao Fabio, naturalmente scherzavo, bici tedesca, ma comandi americani; sagomare meglio le parti in gomma non dovrebbe essere troppo complicato credo.

    Grazie per gli auguri, forse scampo l’intervento, rx e visite una volta a settimana, incrocio le dita, tutte intere, almeno quelle 🙂

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Luca, l’avevo capito scherzavi; ma in effetti i comandi Sram hanno teutonica imperiosità… 😀

      In questo articolo raffronto Sram e Shimano idraulici e come si può vedere verso la fine è quello che sta sotto la gomma che è diverso per foggia; finché Sram userà quella forma per il serbatoio, poco potrà modificare.
      In ogni caso è solo una questione estetica (e c’è chi li trova belli…) perché l’ergonomia è ottima.

      Fabio

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