Rose X-lite CDX 8800

Come è fatta

Tempo di lettura: 8 minuti

Ambientazione campestre per l’immagine di apertura e stavolta non lato guarnitura come mio solito.

Perché volevo fosse chiaro da subito che il motivo che mi ha spinto a questa prova su strada, oltre che la bici in sé, è stata la presenza della coppia di dischi con pinze a comando idraulico.

Ma il test non vuole essere un confronto tra tipologie di freno, il pretesto per stabilire se su una sportiva pura è meglio usare i dischi o i caliper. Un articolo sul tema arriverà, però adesso concentriamoci su questa, bella fatemelo dire, bici. E come tutte le Rose è sempre meglio dal vivo che in foto: soprattutto se il fotografo sono io.

Parto dalla dritta e corposa forcella in carbonio, materiale ovviamente usato per tutto il telaio.

Linea pulita ed essenziale a destra; più difficile sarebbe stato a sinistra a causa della ingombrante presenza del tubo idraulico che alimenta la pinza anteriore. Problema risolto grazie a un minimale passaggio interno, con la tubazione che entra dalla testa ed esce poco sopra il freno, all’interno.

Perno passante all’anteriore (anche al posteriore, vedremo più avanti), soluzione preferibile al QR nel caso di freni a disco. Anche perché ormai è facile trovare ruote stradali per freni a disco con mozzi a perno passante, quindi chi volesse cambiare avrà ampia scelta.

Il montaggio della pinza è secondo lo standard flat mount, introdotto da Shimano e abbracciato poi da Sram.

La forcella si innesta nel ben dimensionato tubo sterzo a sezione differenziata: 1 e 1/8 sotto e 1 e 1/4 sopra.

Non sempre il tubo sterzo è stata la parte più bella dei telai in carbonio di casa Rose, e mi riferisco alla sola estetica non certo alla funzionalità. Alcuni erano davvero duri da digerire allo sguardo, per esempio quello della Carbon Pro.

Al contrario abbiamo avuto anche esempi davvero belli, come quello della Xeon Crs.

Questo della X-lite CDX si colloca per forma e pulizia appena sotto quello della Xeon e, mi costa dirlo, sopra quello della mia X-lite Team.

Disegnare una scatola di sterzo differenziata non è proprio facile, l’effetto “anfora” è sempre possibile ma possiamo promuoverla. Lo scudetto è serigrafato invece di sfruttare la piastrina adesiva in rilievo che mi piace tanto. E’ proporzionalmente lungo rispetto alla taglia del telaio: in taglia 53 della bici in prova abbiamo 153mm di altezza. Comfort assicurato senza dover ricorrere alla brutta pletora di spessori.

Se il tubo sterzo non è mai stato il campo dove i designer tedeschi hanno brillato, appena dietro si sono presi la rivincita, e con gli interessi. Le modanature create alla confluenza dei tubi del telaio sono sempre state spettacolari. E vorrei essere un fotografo migliore per farvele apprezzare, con la luce che danza a creare chiaroscuri, malgrado la finitura matt-carbon, unica disponibile tra l’altro.

Sezione trapezoidale per l’orizzontale a sloping moderato; ampia all’anteriore, sfina raggiungendo la zona sella.

Sia sopra che ai lati le scritte che certificano la serie. Grafica poco appariscente, nitida e pulita. Come piace a me, con il rosso non invadente. La linea piatta della parte superiore trova un suo naturale prosieguo nel collarino reggisella a disegno proprietario. Da serrare a 7Nm, magari con un velo di pasta grippante.

Ben dimensionato senza perdere grazia il tubo obliquo, con il marchio in elegante antracite dai riflessi cangianti.

A dare leggerezza alla linea malgrado la generosa sezione contribuisce la parte piatta, dove abbiamo anche uno dei due attacchi per la borraccia.

In cima gli ingressi dei passaggi interni dei cavi. A destra quello del cambio, a sinistra quelli per deragliatore e tubo idraulico del freno posteriore. Protetti dalla classica placchetta di casa Rose quelli della trasmissione.

Sezione più sottile per il tubo piantone, dimensionato per reggisella da 27,2mm e con la parte posteriore anch’essa piatta, a snellirne la linea.

Questa di non ricorrere a sezioni perfettamente tonde non è semplice vezzo estetico: consente di “usare più materiale” a vantaggio della rigidità e senza sacrificare il comfort e lo smorzamento.

Indicato dalla freccia il tappo che chiude il foro per il passaggio cavo del Di2 e nell’altra immagine il secondo attacco del portaborraccia.

Obliquo e piantone si fondono nella corposa scatola di movimento; ho provato a giocare con i riflessi per farvene apprezzare la forma, con rientranze e curve che, insieme al carbonio a vista, rendono coinvolgente la visione di questo elemento. Si può notare l’uscita del cavetto deragliatore, protetta da un sottile tubo parapolvere.

Sotto la scatola la piastrina removibile che facilita la sostituzione dei cavi interni.

Tecnologia Press-fit per il movimento, come tradizione in casa Rose.

Non manca una piastrina affogata (ma tenuta in sede con biadesivo, tenace) a protezione del fodero basso.

Il carro posteriore offre un colpo d’occhio leggero, grazie all’assenza sia del freno posteriore caliper che di un qualunque ponticello tra i foderi alti, lasciando ampia luce a tutta la zona superiore.

Foderi alti caratterizzati da una lieve curvatura appena sotto la linea del reggisella; soluzione, non l’unica, che contribuisce all’altissimo livello di comfort della bici.

Sezione squadrata per i foderi bassi; in dettaglio l’uscita del tubo freno posteriore. Non mi piace l’adesivo che informa sulla caratteristica del carbonio usato, troppo chiassoso. Appena sopra capeggia, al termine dei pendenti del carro, anche l’ennesimo richiamo alla gamma. Troppe scritte.

Anonima la zona del forcellino posteriore: ma su un telaio in carbonio e con ruota a perno passante non è che potevi inventare chissà cosa. Si può notare l’uscita del cavo cambio.

Il forcellino cambio è removibile: una piccola vite all’interno lo assicura al telaio, evitandogli di cadere smontando la ruota. Ma il grosso del lavoro lo fa il perno passante.

Sotto il fodero sinistro l’attacco del freno posteriore, sempre flat mount.

Siamo ancora in fase di presentazione, quindi continuo a concentrarmi sull’impatto visivo: poco da fare, le ruote a medio e alto profilo ti fanno la bici cattiva…

Un felino dalle possenti zampe pronto al balzo. Se poi i cerchi sono in carbonio con finitura matta e una grafica appena accennata, quasi tono su tono che mitiga la grandezza delle scritte, allora l’aggressività è assicurata.

Come si può leggere sui cerchi, le ruote sono marchiate Rose e il numero si riferisce al peso, che ho rilevato quasi in linea. Ruote nude 1600 grammi, somma dei 760 dell’anteriore e 890 del posteriore. Valore buono considerato il profilo da 44mm.

Anche i mozzi sono di casa Rose; già detto a perno passante e adesso fornisco anche le misure: 100×12 all’anteriore e 142×12 al posteriore.

Hanno attacco per i dischi con sistema Shimano CenterLock; infatti la coppia di dischi da 160mm di casa Sram ha richiesto un adattatore.

Rapida menzione per la trasmissione: Sram Red. Ecco, basta il nome. Sono un grande estimatore della trasmissione Sram su bici sportive, soprattutto per la velocità di cambiata e l’efficacia del sistema Double-tap nella guida più concitata. Il Red è il top della casa, il più leggero (il pacco pignoni tra le mani sembra voler volare via…) e col cambio più bello. La bici in prova è stata equipaggiata del Wi-Fli, col 32 finale quindi, e compatta all’anteriore.

Tanto bello il comparto meccanico quanto brutti i comandi idraulici. D’accordo, il serbatoio per l’olio freni da qualche parte bisognava metterlo, ma una forma appena meno severa?

Però devo riconoscere che in salita le due torri di vedetta che svettano sulle leve offrono una confortevole tenuta; e grazie al ridotto sforzo richiesto dalle leve freno, perché il lavoro lo fa l’idraulica, mi sono trovato spesso a rallentare usando il mignolo, senza spostare le mani.

La foto appena vista ci introduce anche alla piega, che nella misura 42 c/c usata in prova ha reach e drop di 70 e 126. La parte superiore è piana, a profilo alare.

A donare estrema pulizia nella linea troviamo il passaggio interno dei cavi.

Sempre di casa Ritchey sia l’attacco manubrio in alluminio che il reggisella in carbonio.

Reggisella sormontato da una Selle Italia Flite; attacco classico, a doppio binario cioè.

Torno un attimo sulla bici completa per le due canoniche viste anteriore e posteriore. Snella se presa davanti, nella vista posteriore il carro appare più cicciotto; ma è anche diverso il passo, i mozzi sono per disco.

Sette le taglie disponibili.

E ora in sella a pedalare con la prova su strada.

COMMENTS

  • <cite class="fn">Guybrush Threepwood</cite>

    Gran bella bici. E bello pure il test (come al solito). Ero molto curioso di leggerne a riguardo.
    Vedere che un modello del genere viene testato (anche) con i pedali flat, la dice lunga sull’apertura mentale del tester. Bravo Fabio, ma brava anche Rose che propone una gamma davvero completa e all’avanguardia e a prezzi davvero competitivi.
    Unica cosa che non approvo tantissimo sono le colorazioni; un pò inflazionato questo matt black, tende a sottrarre personalità ai modelli rendendoli apparentemente “tutti simili”. Personalmente, lascerei queste livree “da prototipo” solo alle versioni top di gamma in modo da renderle subio riconoscibili (vedi S-Works, per esempio) e darei più sfogo alla fantasia per le altre versioni. Ma so già che ci stanno lavorando, quindi va bene così.
    Rimango in attesa dell’articolo sulla comparazione caliper/disco perché secondo me, in questo ci hai lasciato (volutamente) a bocca asciutta, vero??? 😉

    Daniele

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Beh, l’ho scritto che la questione caliper vs dischi sarà affrontata a parte. Qui si parla della bici, non sarebbe stato il luogo giusto.

      Fabio

  • <cite class="fn">Giovanni</cite>

    Fabio, che tipo di periodicità richiede la manutenzione di un impianto di questo tipo su questa bicicletta che ha dimostrato di essere decisamente performante. La verifica e la cura dell’impianto la si può fare da soli o c’è la necessità di rivolgersi ad un meccanico?
    Concordo con Guybrush sul tema colorazione, anche per me è l’unico appunto che posso rivolgere a Rose. Sono splendide biciclette, che grazie a Fabio, ho imparato ad apprezzare, una scelta cromatica più particolare, anche se sicuramente alzerebbe i costi, darebbe quel “quid” che manca.
    Giovanni

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Giovanni, dipende da cosa intendi per tipo di impianto: questo specifico Sram o un qualunque impianto a disco idraulico? Stradale o da MTb? Perché cambia per ognuno.
      L’unica cosa in comune è il periodico cambio olio, ma anche la periodicità cambia. Come per le auto e le moto, a influenzare sono condizioni e frequenza d’uso nonché le caratteristiche climatiche. Ovviamente per la pastiglie vale il semplice discorso dell’usura, un mese o due anni dipende da quanto ci pedali…

      Lo spurgo è una operazione ormai alla portata di chiunque e non richiede grossi investimenti economici per l’attrezzatura. Shimano ha un suo kit davvero economico, Sram (e quindi Avid, stesso gruppo) un kit più costoso ma nulla di che. Altri produttori pure, comunque raramente servono più di una cinquantina di euro. Si sale esclusivamente se si decide per un kit attrezzi adatto anche al primo montaggio, con tagliatubi, raccordi ecc ma è roba da officina non da utenza domestica.

      L’unica vera seccatura è che volenti e nolenti l’olio sempre colerà: sulla bici, sul pavimento ed è noioso. Ma soprattutto io sconsiglio il cambio olio una tantum, ossia per chi ha una sola bici e lo svolge con frequenza annuale o biennale. Perché l’olio una volta aperto si degrada: lasciarlo lì sulla mensola fino all’anno successivo equivale a buttarlo. A conti fatti, tra attrezzi e olio che si butta, conviene il meccanico. Se si possiedono più bici allora il discorso ovviamente cambia.

      Fabio

  • <cite class="fn">Giovanni</cite>

    Mi riferivo all’impianto montato sulla Rose. La mia curiosità era capire appunto quale manutenzione o accortezze comportasse l’avere un sistema idraulico su una bici di questa tipologia capace di esprimere prestazioni di rilievo senza sacrificare il confort.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Giovanni, lo Sram richiede poco: verifica periodica usura pastiglie (il modo migliore è sfilarle e verificare che lo spessore complessivo. cioè materiale d’attrito e supporto, non sia inferiore a 3 mm); trovandosi a pastiglie rimosse dare una occhiata al corretto scorrimento dei pistoni e se il caso intervenire (senza smontare, basta farne uscire uno per un poco, pulire e lubrificare e poi ripetere sull’altro, ho indicato come fare nella sezione officina); cambio olio una volta l’anno, si potrebbe anche ogni due se l’uso non è stato gravoso ma sarebbe preferibile non superare i 12 mesi.
      Le prime due operazioni sono alla portata di chiunque, la terza pure ma richiede attenzione e un kit per lo spurgo.

      Pinza e leva/pompa vanno smontati solo in caso di malfunzionamento o usura, ma non è operazione semplice. Non tanto la pinza, una volta svuotato il circuito lavorarci è abbastanza semplice, quanto leva e pompa sono più rognosi, tanti pezzettini piccoli piccoli e guai a sbagliare una sequenza.

      Discorso più particolare per le tubazioni idrauliche. A meno di screpolature o trasudamenti, possono star lì senza problema anche due o tre anni; però le condizioni ambientali influiscono (sbalzi termici, freddo intenso, lunga esposizione al sole) e dare un intervallo di sostituzione certo non è possibile. Da qui passano bici con le stesse tubazioni da 4 anni e non ho mai avuto esigenza di cambiarle, altre che dopo due anni vanno sostituite; molto dipenda da come si conserva la bici.

      Fabio

  • <cite class="fn">Luca</cite>

    Bella bici, offerta ad un prezzo molto interessante visti i montaggi. Le torri sulla piega sembrano di pura scuola teutonica 🙂

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Luca, anzitutto auguri per il tuo infortunio, spero stia procedendo tutto per il meglio; compatibilmente con la difficile situazione.
      Gran bici, soprattutto con un rapporto qualità prezzo imbattibile.
      Sram non ha mai brillato per bellezza dei suoi comandi, ha ingentilito da poco quelli meccanici ma su quelli idraulici c’è da lavorare. Solo sull’estetica però, perché funzionalità ed ergonomia sono ottimi.

      Fabio

  • <cite class="fn">Luca</cite>

    Ciao Fabio, naturalmente scherzavo, bici tedesca, ma comandi americani; sagomare meglio le parti in gomma non dovrebbe essere troppo complicato credo.

    Grazie per gli auguri, forse scampo l’intervento, rx e visite una volta a settimana, incrocio le dita, tutte intere, almeno quelle 🙂

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Luca, l’avevo capito scherzavi; ma in effetti i comandi Sram hanno teutonica imperiosità… 😀

      In questo articolo raffronto Sram e Shimano idraulici e come si può vedere verso la fine è quello che sta sotto la gomma che è diverso per foggia; finché Sram userà quella forma per il serbatoio, poco potrà modificare.
      In ogni caso è solo una questione estetica (e c’è chi li trova belli…) perché l’ergonomia è ottima.

      Fabio

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