Renè Herse Juniper Ridge, di Paolo Mori

Tempo di lettura: 4 minuti

Eccovi un altro breve test a firma Paolo Mori, attento e preparato lettore di questo blog.

Che qui ha già una pubblicato una interessante recensione; alla condizione scrivesse anche questa 😀

No scherzo, non pongo condizioni. Anzi no, lo faccio.

Chiedo che i vostri contributi siano frutto di passione, di conoscenza diretta del prodotto; e scritti con stile gradevole, meglio se privi dell’irritante mio tono da professorino.

E Paolo anche stavolta è stato bravo, proponendoci un test interessante sia per contenuti che per la particolarità dei copertoncini recensiti, per nulla comuni diciamo così.

Mi fa doppiamente piacere, permette a questo blog di aprire una finestra su argomenti che purtroppo non ho tempo di trattare. 

A parte un ritardo accumulato in questi mesi che ha dell’incredibile persino per me, i troppi fronti aperti mi impediscono di dedicarmi alle nicchie, che tra l’altro amo.

E mi fa piacere, sempre, quando mi proponete i vostri lavori.

Ringrazio quindi Paolo e passo a lui la parola.

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Renè Herse Juniper Ridge, di Paolo Mori

 

Introduzione 

Come anticipato, ecco le mie impressioni su questi copertoncini piuttosto particolari. Non sarà un vero e proprio test come quelli a cui siete abituati da queste parti: ritengo sia comunque utile scriverne, perché è quasi impossibile trovare informazioni in italiano su questo interessante prodotto di nicchia.

Come definire i Juniper Ridge? In sintesi, si tratta di copertoncino “all-road” progettato per terreni pesanti, apertamente ispirato ai tubolari da ciclocross, ma per niente a disagio su asfalto e terreni compatti. Miracolo! 

Per chi è familiare con il blog di Jan Heine o la rivista Bicycle Quarterly (BQ) e ha voglia di leggere un po’ d’inglese, si trova tutto là, molto meglio di quanto io possa fare, con tanto di risultati delle loro rigorose ricerche. È vero che le gomme le vende lui, ma i numeri sono numeri e le foto sono foto. Quindi, per chi già sa e vuole conoscere il mio verdetto, in sintesi:

Costano tanto? Ni

Mantengono le promesse? Sì

Sono un prodotto eccezionale? Sì 

Per chi invece non ha mai sentito parlare di Compass, René Herse, Jan Heine e compagnia bella e non ha confidenza con l’inglese, una (non troppo) breve sintesi: numeri alla mano, il gruppo di BQ si è accorto che per copertoncini di alta qualità (la caratteristica chiave qui è “soffici”, supple in inglese), la resistenza al rotolamento in un contesto reale del sistema bici più ciclista (ad es. no test su tamburi o rulli) è costante e indipendente dalla pressione di gonfiaggio – entro un range piuttosto ampio. In aggiunta, essa è indipendente dal diametro del copertoncino, una volta che questo ha superato i 25 mm. Essendo le possibilità limitate dai prodotti in vendita, sono stati pensati e creati dei copertoni ad hoc per i test, per esempio limando la il battistrada da copertoni creati con stampi per mtb. Risultato: tra 25 e 52 mm di larghezza, la resistenza totale al rotolamento è ottimale e non dipende dalla dimensione del copertoncino, su strade reali. Il motivo: le perdite di energia dovute alla deformazione del copertone e alle vibrazioni del corpo umano hanno trend opposti rispetto all’aumento di larghezza, per cui il totale rimane in pratica costante su strade asfaltate, mentre su superfici irregolari la maggior larghezza garantisce un vantaggio consistente. E chi pedalava nella prima metà del novecento queste cose le sapeva, non è niente di concettualmente nuovo. Adesso stiamo solo riscoprendo e dando fondamento scientifico ad idee che sono finite in cantina qualche tempo fa…

Long story short, nel 2014 Compass Tires (ora ribattezzata René Herse) introduce lo Switchback Hill, il primo pneumatico moderno 650Bx48 per bici da strada, uno dei protagonisti della rivoluzione nel mondo della bici che, tra le altre cose, ha portato alla nascita del fenomeno gravel a livello mondiale. Altre misure sono state introdotte da allora, e nel 2018 Compass rilancia, introducendo un copertone con battistrada per il fango ma che rimane molto efficiente anche su strada. La chiave di tutto sta sempre nella carcassa, estremamente soffice e di conseguenza performante in ogni situazione. La versione 650Bx48 con battistrada tassellato si chiama Juniper Ridge, il prodotto in esame.

Per inciso: per uso prevalente su asfalto o in off-road asciutto probabilmente si possono ottimizzare resistenza al rotolamento, grip e consumo scegliendo gli Switchback Hill; per un uso 4 stagioni o semplicemente per una maggiore versatilità i qui descritti Juniper Ridge sono una scelta migliore. 

Come sono fatti

Come già detto, ma vale la pena ripeterlo, la condizione necessaria per un copertoncino efficiente è la carcassa, che sia il più morbida possibile per limitare la dispersione di energia e le vibrazioni che si propagano al ciclista.

I Renè Herse sono disponibili in più varianti, quelli in mio possesso sono la versione Standard da 490 g l’uno; sono disponibili anche i più soffici Extralight o i più robusti Endurance. Al tatto è sorprendente la morbidezza della carcassa: oltre ai materiali di prima qualità, contribuiscono la scelta di non includere uno strato antiforatura né protezioni sui fianchi.

La caratteristica di questa variante off-road sono le tacchette di dimensioni ragguardevoli e molto spaziate: la derivazione ciclocross è evidente. Nonostante la propensione al fuoristrada e l’apparenza così semplice, il battistrada è studiato per non penalizzare troppo la guida su asfalto. Per citare il test di road.cc a proposito degli Steilacoom, la versione 700Cx38 dei Juniper Ridge: “Compass explicitly states in a blog post that the Steilacoom is not intended for road use and that ‘Efforts to make a knobby that rolls really well on the road are futile’. If this is its idea of futile, I’ll have more please”

(Nda: Compass dichiara esplicitamente in un post sul blog che gli Steilacoom non sono pensati per l’uso su asfalto e che “ogni sforzo per ottenere uno pneumatico tassellato che rotoli davvero bene su asfalto è futile”. Se questo è la loro idea di futile, ne voglio di più per favore.)

La dimensione dei tacchetti li rende solidi per evitare che si possano piegare compromettendo l’aderenza. Inoltre, lo spessore del battistrada è minimo negli spazi vuoti, per non compromettere le proprietà della carcassa. Il battistrada non sporge in larghezza oltre il diametro della gomma (le foto ingannano), mantenendo, nel caso in esame, una larghezza esatta di 48 mm.

I Juniper Ridge mantengono un profilo arrotondato da gomma stradale, con i tasselli laterali che non crescono in altezza rispetto alle file centrali.

 

I Juniper Ridge si possono montare anche tubeless, seppure solo alcuni tipi di lattice sono compatibili a causa dei fianchi sottili e porosi (vedere raccomandazioni sul sito). Il montaggio tubeless, che io non ho provato, viene consigliato per evitare pizzicature della camera in caso di uso a pressioni molto basse o se si pedala in zone ricche di oggetti appuntiti e taglienti; una camera d’aria di qualità è adatta per tutti gli altri usi.

Pur essendo un copertoncino da offroad, non è adatto ad un uso da mtb in senso stretto, o moderno se vogliamo. Senza fianchi rinforzati, molto leggero e “delicato”, non è progettato per salti, acrobazie o discese estreme. Va bene per andare a zonzo, esplorare nuovi sentieri e anche pedalare carichi, ma è pur sempre un copertone stradale. Nonostante questo e il mio scarso riguardo nei suoi confronti, fino ad ora (gesti scaramantici) non ho avuto nessun problema di forature, pizzicature alla camera o danni di nessun genere. 

Trovare la pressione giusta è fondamentale per sfruttare i Juniper Ridge al meglio. Su asfalto è relativamente facile: sapendo che la resistenza al rotolamento è sostanzialmente indipendente dalla pressione, si può sperimentare alzando e abbassando fino ad ottenere le sensazioni preferite: comfort o, in alternativa, contatto diretto con la strada e maggior feedback.

In fuoristrada conviene abbassare la pressione. Quanto? Un semplice metodo empirico consiste nell’abbassare la pressione poco alla volta fino a che non si riscontra uno di questi due problemi: incertezza in curva o dondolamento innescato dalla pedalata. A quel punto non resta che aggiungere un poco di aria per rimediare e pedalare spensierati. 

Sensazioni su strada

Uno dei motivi, se non il principale, per cui è meglio non confondere questa descrizione per un vero e proprio test è il fatto che i Juniper Ridge sono i primi copertoni in misura 650b che posseggo, e di conseguenza mi sono procurato delle ruote nuove per poterle usare. Ruote che non ho usato con nessun altro pneumatico e che quindi non posso completamente “filtrare” dalle sensazioni di guida. Essendo però ruote relativamente economiche, non sono un upgrade significativo rispetto alle ruote di primo equipaggiamento della bici, per cui le caratteristiche positive devono essere principalmente attribuite alle Juniper Ridge. 

Per quanto possa sembrare improbabile, e per quanto i Gravelking fossero piacevoli su asfalto, le Juniper Ridge aggiungono un altro livello di smorzamento delle asperità, si ha la sensazione molto piacevole di procedere come su un tappeto. Inoltre forniscono un ottimo grip in curva grazie ai tasselli che non si deformano in maniera imprevedibile e alla generosa quantità di gomma che rimane sempre in contatto con l’asfalto. Su un forum americano ho letto una definizione che ho trovato molto azzeccata, è come procedere su di una “turbo-nuvola”: si procede comodi e veloci.

Su sterrato leggero: le sensazioni non cambiano molto rispetto all’asfalto, i Juniper Ridge assorbono egregiamente le piccole asperità e minimizzano le vibrazioni ad alta frequenza che associamo alla sensazione di velocità ma che in pratica disperdono solo energia e rendono la progressione meno confortevole. Ovviamente il comportamento in curva dipende molto dalla superficie: terreno compatto, ghiaia, sabbia su fondo duro hanno dinamiche differenti, ma le gomme danno sempre un buon feedback. Su terreno più movimentato o misto l’assorbimento delle asperità è limitato quando la dimensione dei ciottoli e degli ostacoli aumenta. Viene quasi da aggiungerlo nella (praticamente vuota) lista dei difetti, quando il passaggio su terreni accidentati riporta alla realtà un po’ troppo bruscamente. Ma immagino sia il prezzo da pagare per aver pedalato sul velluto il resto del tempo ed essersi abituati troppo bene…

A causa del battistrada tassellato, è ovvio che occasionalmente detriti e sassolini vengono raccolti e lanciati, così come foglie o rametti possono rimanere incastrati nei parafanghi. Ma non ci sono differenze significative rispetto ad altri pneumatici equivalenti. 

Su terreni fangosi i Juniper Ridge si trovano a proprio agio, sono stati progettati per eccellere in queste condizioni: la trazione abbonda – per quanto il fango permetta – e si svuotano in fretta se la velocità è appena sufficiente.

Ho imparato a mie spese che in condizioni di fango molto profondo 3 cm abbondanti di spazio tra la gomma e i parafanghi sono sufficienti per non far bloccare le ruote, ma lo stesso non si può dire per il deragliatore anteriore… 

Pur avendo percorso anche strade innevate è difficile dare un giudizio generale, vista la variabilità di condizioni che si possono presentare. La mia esperienza è stata comunque positiva, al netto della quantità di neve che si è accumulata e compattata tra gomme e parafanghi.

Ma ancora una volta 3 cm di spazio sono stati sufficienti per evitare il bloccaggio delle ruote. Discorso simile per il ghiaccio, può essere molto variabile: per affrontarlo in bici sono necessarie gomme chiodate o fortuna, in alternativa è meglio scendere e spingere. O almeno così credevo: percorrendo una strada ricoperta da un sottile e insidioso strato di ghiaccio, procedere in bici (a velocità minima) era meno scivoloso che camminare. E indossando scarpe da escursionismo, non specifiche da ciclismo! Potrebbe essere lo stesso con altre gomme o altre scarpe? Non avrò la controprova, ma questo mi basta e avanza per essere più che soddisfatto dei Juniper Ridge. 

Consumo: al momento, dopo 700km si vedono leggeri segni di usura sulla gomma posteriore mentre quella anteriore sembra nuova. Sul succitato blog di Heine si leggono stime di utilizzatori che riportano una vita utile intorno ai 4000 km. La quantità di gomma e la profondità del battistrada sembrano confermarlo: un altro vantaggio dei copertoni più larghi è l’aumento della durata utile. Questa non sarà al pari delle famose Schwalbe Marathon, ma anche il tipo di utilizzo e soprattutto la qualità di guida non sono esattamente gli stessi… i Juniper Ridge andrebbero semmai confrontati con dei copertoncini (tubolari?) da ciclocross di alta gamma, che è il segmento da cui provengono. 

Non mi pronuncio sul possibile miglioramento/peggioramento delle prestazioni: non ho abbastanza competenza per dare giudizi in merito, oltre al fatto che qui l’influenza delle ruote diverse è davvero un limite. Oltretutto, la prestazione in senso stretto non è stata le ragione che mi ha spinto a provarli, ma la promessa di comodità e versatilità che li rendono, per me, la scelta perfetta. Per i fanatici dei watt, a testimonianza della bontà del prodotto ci sono i test di Bicycle Quarterly e il fatto che alcuni dei migliori risultati nelle competizioni gravel americane sono stati ottenuti usando gomme René Herse. 

A mio parere i Juniper Ridge valgono tutto quello che costano per la qualità che propongono, anche se non sono propriamente economici. Sono sviluppate come gomme da performance, si concedono pochi compromessi per non intaccare lo scopo che si prefiggono. Ma le caratteristiche che ne fanno un prodotto performante sono le stesse che contribuiscono a dare vita, come abbiamo riscoperto negli ultimi anni, a copertoncini efficaci, comodi, polivalenti e di buona durata. In conclusione, sono ottime coperture per usi anche non competitivi: randonnee, turismo leggero, vagabondaggi vari o semplicemente per ottenere il meglio dalla bicicletta che si possiede. Tanto per rubare nuovamente le parole al tester di road.cc: “You can’t buy happiness, but the Steilacoom is darn close.“ (NdA: Non si può comprare la felicità, ma gli Steilacoom sono dannatamente vicini [ad esserlo]).

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Riprendo la parola per rinnovare il mio ringraziamento a Paolo; e per voi l’invito a seguire le sue orme, non abbiate timore a presentarmi vostri progetti. 

COMMENTS

  • <cite class="fn">Ernesto</cite>

    Ciao Paolo,

    devo dire che l’argomento non era facile da affrontare, ma te la sei cavata egregiamente: hai scritto una gran bella recensione, da cui traspare tutto l’entusiasmo e il divertimento che provi quando pedali, ma anche lo studio e la passione (e il coraggio) che ti hanno portato a provare dei copertoni decisamente costosi (altro che ni 😀 ) per scoprire che «valgono tutto quello che costano». Ancora una volta ti faccio i miei complimenti!

    Che aspettavo questa recensione lo sai, ma devo confessare che già dopo il breve scambio di commenti sull’altro articolo mi sono deciso e ho ordinato un paio di Baby Shoe Pass. Li ho su da pochi giorni, e sto ancora “giocando” con la pressione per trovare quella “giusta” (è straordinario come pochi decimi di bar facciano tanta differenza), ma posso già confermare le sensazioni che descrivi (al netto del battistrada: i BSP sono lisci).

    Io avevo già le ruote, ci giro da quasi un anno e le conosco bene, e non avendo cambiato altro sulla bici, posso dire con ragionevole certezza che tutte le differenze sono da imputare alle coperture. Non ho rilevato cambiamenti nella velocità (comunque la velocità di per sé mi interessa relativamente), e forse mi aspettavo un miglioramento ancora più netto nella comodità sulle strade più dissestate (provare con gli extralight? Chissà, quando avrò consumato questi ci penserò), ma magari è solo che anche i pari-moto sono dei gran bei copertoni. O forse, come dici tu, è semplicemente il prezzo da pagare per aver pedalato sul velluto il resto del tempo.

    Comunque sia, ti ringrazio per la recensione e per avermi incoraggiato a provarli, e ringrazio Fabio per ospitare e incoraggiare questo genere di contributi, nonché per l’impegno e la passione profusi per mantenere questa interessantissima nicchia di approfondimento

    Ernesto

    PS: posso chiederti da dove li hai presi? Francia? Germania? Oppure direttamente dall’America? O c’è qualche altro distributore più vicino che non conosco?

    • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

      Grazie per i complimenti, sono contento di sentire che averti convinto a provare i René Herse non sia stato un errore 🙂
      Io li ho comprati in Germania, ma la scelta era facile visto che sono tra i crucchi al momento 😀
      Le strade *molto* dissestate sono il peggior nemico di queste coperture: quando l’asfalto è davvero a toppe irregolari non ci sono santi che tengano, delle sospensioni sarebbero necessarie per attutire i colpi, specialmente in discesa… ovviamente andare più larghi (ad es. 584×48 o 559×55) aiuta, ma fino ad un certo punto.
      Incredibile sì l’effetto della pressione: a volte sembra che la bici ti stia remando contro, quando poi basta aumentare un minimo la pressione per rimettere tutto in riga.
      Come fascia di prezzo: il primo esempio che ho trovato, i challenge strade bianche pro, tubolari in seta, costano circa 80 euro. Alcune versioni gravel di Schwalbe o Panaracer arrivano a 50 euro, i WTB all-road sono 60 dolla (al netto poi degli sconti che i grandi produttori/distributori si possono permettere). Vista la qualità del prodotto, non mi sento di dire che sono decisamente costosi… anche se ovviamente l’impatto sul portafogli non è trascurabile 😀

  • <cite class="fn">claudio</cite>

    Mi sembrava, un paio di anni fa, di aver esagerato con i Cazadero 700/42 a quasi 50€/cad.
    Ottime gomme, ad oggi le migliori che abbia mai avuto come guida, per la durata avrei delle riserve.

    Prima di valutare la performance bisogna essere pronti “culturalmente” ad una spesa di questo tipo.
    Questi sono gli iPhone delle gomme ed io mi son sempre arrangiato con un Android qualunque.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Claudio! Ma che piacere leggerti!
      Proprio l’altro giorno mi chiedevo che fine avessi fatto, è tanto che non ti sento.

      Purtroppo ormai i 40/50 euro per una gomma (una sola) non sono più una eccezione, anzi.
      Le Cazadero non le ho mai usate, ma non ho dubbi siano eccellenti.
      La schiatta è panasonic, e difficilmente le sbaglia.
      Però hai ragione, ormai 100 euro per un cambio gomme alla bici è una cifra che dovrebbe far riflettere. Poi uno le monta, avverte la netta differenza e non ci pensa troppo…
      Di solito

      Fabio

      ps dubito che tu abbia un monitor qualunque, però… 😀

    • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

      Uh, non so se Steve Jobs (pace all’anima sua) sarebbe contento di questo commento.
      Io vorrei solo ricordare che tra iPhone e “normali” smartphone c’è un ordine di grandezza di differenza, qui alla fine c’è un fattore 2 (circa). Che poi, numeri alla mano, se 150 euro di gomme ti durano 5000 km, per il giretto da 50 km paghi ( = consumi) meno di cappuccino e cornetto al bar. Finché non si trova un’altra gomma che mi permette di piegare con la stessa disinvoltura sia su fango che su asfalto, io alla colazione fuori ci rinuncio più che volentieri 😀
      Anche se poi nel mio caso mi salvo che tutti gli altri materiali di consumo sono piuttosto economici…

      • <cite class="fn">claudio</cite>

        Mah, non so bene che pensare.
        L’argomento è scivoloso, le sensazioni di guida sono cosa personale ed influenzate dall’esperienza, dalle capacità del ciclista, dalla bici e dalle ruote.
        Anche leggendo le articolate recensioni di Fabio ogni tanto stento a capire bene che intenda esattamente.

        Dal tuo commento mi pare che una valutazione certa si possa fare solo provandole.
        In passato ebbi già una fascinazione per questa marca di gomme e, leggendo la loro filosofia, ho abbandonato le gomme da 35 per portarmi verso il massimo consentito dal mio telaio (42 nominali, poi prende anche qualche cosa di più).

        Constato che alcune critiche che si trovavano in rete sulla fragilità devono aver sortito il loro effetto. Rispetto ad anni fa, in cui c’erano solo la configurazione standard e quella extralight, ora ci sono anche varianti più robuste (anche nel prezzo).

        Sono un ciclista meditativo, senza performance, ma oramai assuefatto alla pluralità del pedalare gravel.
        Voglio solo gomme dai 40 ai 45 un poco scolpite.
        Anche le WTB Nano 40c (con camere) che sto usando dal settembre 2018 ad oggi mi hanno regalato magnifiche pedalate dal basso dei loro 24€ al pezzo.

        Sarei tentato dal modello HURRICANE RIDGE TC 700×42 che viaggia – nella declinazione “Endurance” o “Endurance+” – sopra i 90€ al pezzo. Siamo a due volte e mezzo il Panaracer Gravel King SK 700×43 che si trova a 37€ ed è considerato universalmente un ottimo prodotto.

        Insomma non ho dubbi sulla qualità di queste gomme (ci mancherebbe altro)
        ma probabilmente sarebbero sprecate per uno come me.

        • <cite class="fn">Ernesto</cite>

          Sicuramente la valutazione è soggettiva e personale, dipende da molti fattori, e sicuramente ci si diverte anche con i Kenda da nove e novanta.

          Io mi trovavo benissimo coi Pasela (l’ultima volta li ho trovati a 27€), poi sono passato ai 650b e ho voluto provare i Pari-moto a 40€: ottime gomme, ma probabilmente se non avessi deciso per i Compass, al prossimo cambio sarei tornato ai Pasela… e comunque non è ancora detto, vediamo come si comportano e soprattutto quanto mi durano.

          L’elemento durata secondo me è fondamentale per inquadrare correttamente il prezzo, e devo dire che anche io sono un po’ preoccupato dalla fama di fragilità che queste coperture hanno. D’altra parte però non foro spesso, non ho mai subito tagli o strappi sui fianchi, e inoltre temo che le versioni “rinforzate” facciano perdere troppa di quella “magia” (la turbonuvola, l’ha chiamata efficacemente Paolo), e se tra qualche migliaio di km mi avranno convinto, a limite proverei gli extralight.

          • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

            Ciao Ernesto, il fattore durata non è sempre determinante nel rapporto qualità/prezzo.
            Dipende dalla tipologia e destinazione d’uso.
            Per evitare il ginepraio con gomme da bici prendo ad esempio altro settore a due ruote, a motore.
            Per girare in pista usavo gomme specifiche, costavano il doppio di quelle che usavo per viaggiare e se la giornata era calda faticavo a farle durare fino al pomeriggio.
            Non per questo le ritenevo cattive, anzi. Erano eccezionali ma le prestazioni si pagano.
            Viceversa per viaggiare sceglievo gomme che mi garantissero almeno 7000 km, che pochi non sono se sei in assetto guidatore, passeggero, bagagli, e non importava se la tenuta ad inclinazioni estreme non fosse la migliore (ma le borse toccavano uguale…).
            I due mondi, bici e moto, hanno più punti in comune di quanto si creda. E infatti molte aziende che operano nel settore moto stanno travasando tecnologie proprie nel settore bici, seppure con le ovvie differenze.
            Ma c’è un punto dove in qualunque ambito la soluzione non esiste: se vuoi una gomma performante (cioè molto scorrevole, leggera e comoda) lo paghi in durata.

            Sul fatto delle sensazioni non sono d’accordo, e lo dico per tutti, solo che è inutile aprire un ulteriore commento.
            Le sensazioni vanno filtrate con l’esperienza, la sensibilità e la competenza tecnica. Così da oggettivizzarle e renderle fruibili a tutti.
            Il fatto che un ciclista non avverta sostanziali differenze, anche grandi differenze, succede; non significa che la gomma (o la ruota, o il telaio o qualunque componente) non “lavori”.
            C’era un tester che qualunque cosa gli davi si buttava a capofitto e limava pure il casco; se gli chiedevi “allora, come vanno queste gomme?” ti rispondeva “boh, mi fanno andare veloce”. Il massimo che si riusciva a ottenere era che distinguesse le moto dal colore. Ed era (è) un manico da paura.
            E poi c’era quello che si beccava 4 doppiaggi a giro però appena ai box ti faceva la disanima completa, pure come era vestito l’omino che in fabbrica miscelava i componenti.
            Purtroppo una certa specializzazione non è più richiesta, ormai tanti credono che col giro dell’isolato e qualche bella foto hai fatto il test, se addirittura non è stato scritto dall’azienda. E questo non aiuta i lettori, perché manca quel filtro di cui parlavo prima.
            Del resto ogni azienda ha i suoi collaudatori, ai quali è richiesta anzitutto la sensibilità; e quella devi averla, tutto il resto si impara.
            Ma sulla base delle loro “sensazioni” viene sviluppato un prodotto…

            Fabio

            • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

              *si sgranchisce le dita e si rimbocca le maniche*
              Ma quanta carne al fuoco! 😀
              Partiamo da due presupposti, giusto per andare sul sicuro:
              – non devo vendere niente a nessuno
              – ognuno può e deve divertirsi come gli pare. 2 ciclisti hanno 3 opinioni diverse.
              Quindi la mia idea è quella di fornire informazioni il più accurate possibili, nei limiti delle mie capacità, partendo da quello che ho toccato con mano e integrando con quello che ho letto in giro (facendo la tara alle fonti, però). Poi uno deciderà, libero da pregiudizi, se una cosa gli interessa o meno…

              Proverò a rispondere un pezzo alla volta, magari dividendo l’intervento in più commenti se diventa troppo lungo.

              1) durata: penso che fosse ovvio – ma meglio esplicitarlo – che venisse considerato a paritá di uso, almeno sommariamente. Alla fine, per andare a spasso senza impegno si possono usare diverse categorie di gomme e comunque confrontarne la durata può avere senso.
              Per fare un esempio pratico, se una gravelking e una renè herse pesano circa uguali, ma una ha protezione antiforatura e carcassa più spessa e pesante, vuol dire che per forza di cose recupera peso con un battistrada più sottile… e quindi, molto probabilmente, una durata minore. Siccome ho messo le mani su entrambi, la vita utile dei Gravelking SK con un battistrada profondo 1 mm (ad essere generosi) sembra parecchio più breve di un Juniper Ridge con tacchette da 3 mm. Se dopo 1000 km entrambi hanno perso 0.2 mm di spessore, i conti si fanno in fretta…
              E una stima del prezzo al km – sempre per uso simile – non mi sembra un metro di giudizio del tutto campato per aria, pur non essendo l’unico sensato. Mi sembra che la differenza con le moto si faccia sentire soprattutto nella quantità di potenza trasmessa tramite le gomme: un ciclista non può “distruggere” una gomma così rapidamente, per quanto morbida sia 😀

              2) mi sembrava di averlo espresso nella recensione, ma provo con parole diverse: per me l’interesse principale verso i Juniper Ridge era la versatilità – l’essere praticamente perfetti per la pluralità del pedalare gravel, se vogliamo 🙂
              Un battistrada in qualche modo simile ce l’hanno gli Schwalbe Marathon MTB, ma quelli sono due ancore…
              Poter prender parte ad una pedalata in gruppo a medie sostenute (per me) e poi tornare a casa passando per sentieri sconnessi e fangosi per cazzeggiare fino all’ultima luce del giorno non ha prezzo. Oltre al fatto che danno enorme sicurezza in discesa, sia su asfalto che su terreni pesanti. Si può andare allegri e non temere che perdano (troppo) aderenza anche se il fondo stradale cambia prima/durante/dopo la curva… ho già detto che la mia parte preferita è scendere a rotta di collo per strade sterrate?
              I gravelking sono ottimi su asfalto e terreni duri, ma su fango e terreni morbidi non c’è – ovviamente – paragone, d’inverno sono un limite. Simile discorso per tutte le altre varianti “gravel”, chiaramente. O se si sceglie un copertoncino da ciclocross per fango, si rimane con la coperta corta dall’altro lato, su asfalto, dove piegare in curva può diventare molto scabroso…

              3) I Rene Herse sono fragili. Se leggiamo da forum ‘mericani, dobbiamo tener presente una cosa, anzi due: in certe aree ci sono strade bianche con rocce/ghiaia piuttosto tagliente (leggi Dirty Kanza) e molti ciclisti percorrono decine di km lungo la spalla di autostrade o strade molto trafficate, dove si accumulano detriti, rifiuti, carcasse di pneumatici ecc. In Europa raramente abbiamo delle condizioni così “estreme” per i pneumatici delle bici, eccetto forse alcune zone cittadine.
              Se l’esperienza personale vale qualcosa, in 3000 km circa con i Gravelking ho forato 3 volte, e 0 forature con i Rene Herse in 1000 km. Fortuna o meno, non c’è molta differenza. Non ho avuto molti riguardi verso le gomme, e in entrambi i casi non ho avuto problemi di tagli o danni ai fianchi. Se dovessi sempre guidare in città tra vetri, detriti, ecc forse cambierei qualcosa, ma per ora questa presunta “fragilità” non si è fatta notare nella guida in fuoristrada. La versione Endurance+ è considerata da spedizione, come equivalente di Marathon Plus e simili, mentre la versione Endurance è consigliata a chi pedala in zone con rocce molto abrasive o in gara, dove evitare ostacoli è a volte impossibile. Per chi semplicemente vaga in bici la versione standard è più che adeguata, secondo me.

              Spero di non aver annoiato a morte nessuno 🙂

              • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

                Ciao Paolo, questa tua precisazione “Partiamo da due presupposti, giusto per andare sul sicuro:
                – non devo vendere niente a nessuno
                – ognuno può e deve divertirsi come gli pare. 2 ciclisti hanno 3 opinioni diverse.
                Quindi la mia idea è quella di fornire informazioni il più accurate possibili, nei limiti delle mie capacità, partendo da quello che ho toccato con mano e integrando con quello che ho letto in giro (facendo la tara alle fonti, però). Poi uno deciderà, libero da pregiudizi, se una cosa gli interessa o meno…
                ” è sostanzialmente inutile.

                Hai composto due ottime recensioni, hai colto i punti salienti, hai dimostrato di saper scrivere e descrivere, lo hai fatto sulla base della tua esperienza reale, questo mi basta.
                Non credere che qualunque articolo vostro che mi arriva poi viene pubblicato…
                L’idea poi che tu debba vendere qualcosa, seppure so che è iperbole, non mi ha mai nemmeno sfiorato. Chi viene qui sa che non avviene coi miei articoli,
                sa che non avviene coi vostri.
                Poi certo, per ovvie ragione io spazio su più settori; c’è chi gode coi manettini all’obliquo e chi col Di2. Io cerco di informare entrambi, anche perché li uso tutti e due 😀
                Ma, come ripeto sempre, cosa faccio io da ciclista, le mie preferenze, non contano. Qui cerchiamo, io e voi con i vostri interventi, di aiutarci a conoscere vari aspetti. Ognuno prende ciò che gli interessa.
                Per esempio; a breve pubblicherò una recensione su un sistema per attaccare saldamente lo smartphone alla bici. Io che quando esco per fatti miei (non per i test) lo lascio a casa. E lo lascio a casa, spento, ogni volta che posso. Ma tanti ciclisti invece lo usano, usano le app dedicate alla bici e io che faccio? Siccome il telefono mi sta sulle balle evito di dare qualche notizia a chi invece potrebbe essere interessato?
                Accumuliamo conoscenze varie, a qualcuno serviranno…
                L’unica differenza rispetto ad altri luoghi e che qui tendiamo a parlare di argomenti che conosciamo e non per sentito dire.

                Fabio

  • <cite class="fn">Ernesto</cite>

    Ciao Fabio,

    perfettamente d’accordo, un collaudatore deve avere la sensibilità, la capacità di distinguere le sensazioni, di isolarle e di descriverle; l’utente finale invece non deve necessariamente avere queste doti, e neanche competenza o esperienza, ma se non trova differenze tra una gomma da 10€ e una da 80€, difficilmente potrà giustificare la differenza di prezzo.

    Poi c’è chi invece quelle differenze le nota e, dopo averle valutate, decide per ambito di utilizzo, per gli obiettivi che si prefigge o anche semplicemente per il proprio gusto estetico, di prediligere alcuni aspetti su altri (molto calzante il tuo esempio sulle gomme per la moto). Magari il limite è proprio nel prezzo, o magari nella durata, nella resistenza alle forature, nel profilo del battistrada o anche solo estetico (il colore del battistrada e/o dei fianchi).

    Io ho fatto lo stesso ragionamento quando, dopo aver rotto due catene nuove in poco più di 6 mesi, ho deciso che avrei rinunciato serenamente al 10v in cambio di una catena più robusta (ed economica), e sono passato all’8v. O quando ho rinunciato alla complessità degli ergopower per la semplicità, il feeling nella cambiata e l’estetica dei manettini a frizione sull’obliquo (consentimi di vantarmi un po’: le mie mani sono decisamente più veloci, precise e silenziose nella cambiata di qualunque cambio indicizzato meccanico – sugli elettronici non mi esprimo perché non li ho mai provati – poi da quando ho scoperto la “retrofrizione” non c’è stata proprio più partita 😀 ). O ancora quando, non notando grosse differenze tra un cambio campagnolo da 80€ e uno microshift da 30€, ho scelto il secondo. In alcune di queste scelte entra il fattore economico, almeno in parte, in altre no.

    Per tornare ai copertoni, per quello che è la mia sensibilità, le differenze percepite tra i Pasela e i Pari-moto non sono sufficienti per giustificare la comunque modesta differenza di costo. I Compass sono su un altro livello, ma nella mia valutazione non posso trascurare il fattore durata. Ovviamente non mi aspetto di avere il massimo su tutte le scale, mi rendo conto che non esiste, ma se posso ottenere una durata di almeno 4-5000km con questo livello di comfort, grip e scorrevolezza, posso considerare giustificato il prezzo. Altrimenti farò come facevi tu con la moto: due set di ruote, uno con i Compass per le pedalate più lunghe e impegnative, quelle in cui vuoi il massimo e sei disposto a pagare per averlo, l’altro con i Pasela per l’uso quotidiano

    Ernesto

    • <cite class="fn">claudio</cite>

      grande Ernesto concordo su quasi tutto.

      – son tornato alla trasmissione 2x9v per i tuoi stessi motivi;
      – son tornato al perno quadro perché con i MC a calotte esterne avevo spesso i cuscinetti sporchi;
      – son tornato ai bar-end a frizione e ne sono pienamente soddisfatto;
      – dinamo al mozzo e fari led su tutte le bici di famiglia (3 da cicloturismo, 3 da città + 1 muletto di scorta)

      Per me la bicicletta resta un oggetto essenzialmente “politico” che esprime la sua essenza nella semplicità, nell’economia di esercizio e nell’autogestione meccanica.
      Questo presente tecnologico è pieno di inutile ridondanza.

      Restano alcune cose – poche – in cui sono possibilista e curioso.
      Le gomme, l’assetto tubeless, il reggisella redshift (lo stem è eccellente ed è presente su tutte le bici cicloturistiche di famiglia) e poco altro.

      • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

        ok, allora inizia pure a ordinare il reggisella, una favola.
        Però non proprio veloce da regolare, la tabella ufficiale del precarico in rapporto al peso è una valida indicazione ma non è risolutiva.
        Servono alcune uscite su differenti tipologie di strada per trovare il set up corretto.

        Fabio

        • <cite class="fn">claudio</cite>

          …purché il reggisella si possa regolare con una APP da aggiornare ogni settimana!

          Avevi nostalgia? …vedi che son rimasto il “rompiscatole” di sempre
          Un caro abbraccio carico di affetto per tutto ciò che ho imparato dal mattatore partenopeo.

          • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

            Si, avevo nostalgia.
            E non sei rompiscatole, hai il tuo modo di vivere la bici e prendi dal blog solo ciò che ti interessa.
            Come fanno tutti e come è giusto che sia.

            Io cerco solo di “coprire” quanti più aspetti posso, così da far contenti un poco tutti.

            Fabio

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Ernesto, forse stavolta non sono riuscito a rendere chiaro il mio pensiero.
      La durata è un parametro di valutazione ma non in assoluto.
      Rapido esempio: se con la schwalbe marathon plus faccio 1000 km e poi sono sulle tele è un fallimento, perché son gomme turistiche e la durata (come l’antiforatura) deve essere una priorità.
      Se arrivo a 3000 kn con le pirelli velo zero tt ho un eccellente risultato, è una gomma da gara in linea, deve darmi il massimo delle prestazioni, fa nulla che la cambio ogni due mesi.
      Poi è ovvio che il turista non monterà le pirelli e il triatleta non gareggierà con le marathon.
      Ho usato due esempi estremi, ma è per chiarire il concetto.

      Alla fine ciò che veramente conta, ne sono convinto e per questo svolgo tanti test approfonditi, è che il ciclista abbia le corrette informazioni per scegliere in totale autonomia. Proprio per questo oggetivizzo più che posso, lasciando da parte le mie preferenze.
      Poi certo, resto pur sempre un appassionato, difficile non farmi coinvolgere come sta avvenendo con la trek Checkpoit che sto usando per i test, un telaio e un allestimento che mi stanno facendo godere come un armadillo. E se qualche volta un certo trasporto affiora tra le righe, beh, succede…

      Fabio

      • <cite class="fn">Ernesto</cite>

        Ciao Fabio, avevo capito il concetto, era solo per chiarire meglio il mio commento precedente, e poi non ho resistito alla tentazione di vantarmi un po’ 😀

        Che affiori il trasporto e la passione va bene, è una delle cose che rende così vivo e interessante il blog, e apprezzo molto che non cerchi mai di nasconderlo, anzi specifichi sempre con molta chiarezza se l’oggetto della recensione ti piace o meno, motivandolo, e riuscendo comunque a mantenere obiettività e lucidità nel giudizio. Alcune delle recensioni che più mi sono state utili erano di prodotti che tu non usi (uno su tutti i pedali Pro Duo della Rose che monto con grande soddisfazione da più di un anno) e ho sempre trovato una netta ed onesta distinzione tra gusti e preferenze personali da un lato, e l’oggettività del test vero e proprio dall’altro. Il tutto con una solidissima base tecnica. E questo non è da tutti

        Ernesto

  • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

    Ok, sono andato a rimisurare cose perché mi sono affidato alla memoria e ho fatto male. I risultati non sono divertenti.. mi ricordavo che i Gravelking mi si sono sciolti come neve al sole, ma non volevo esagerare nel maltrattarli.
    Non che sia un argomento particolarmente legato a questo articolo, ma ormai sono partito per la tangente…
    Gravelking SK (40x700c): spessore tacchette 2 mm, consumo gomma posteriore per ~1000 km 0.7 mm
    Juniper Ridge(48x650b): spessore tacchette 3 mm, consumo gomma posteriore per ~1000 km 0.4 mm
    (All’anteriore il consumo ovviamente è minore e quindi più difficile da stimare)
    Valori che vanno presi con le pinze, ma danno un’idea. Ammesso che siano corretti e considerando di cambiare ll copertone quando il battistrada è liscio al centro, col mio uso abituale un Juniper Ridge sopravvive a due Gravelking e rotti XD

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Paolo, più che porsi la domanda se siano valori corretti devi chiederti se rilevati in identica modalità d’uso.
      Và, che sei sulla buona strada per diventare aiuto tester 😀

      Fabio

      • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

        Stessa bici e stesso stile d’uso misto, quasi mai con carico. Se poi la percentuale di asfalto/sterrato è esattamente la stessa mi risulta difficile da verificare. O intendevi dire che bisogna controllare meteo, temperatura dell’asfalto e dell’aria? 🙂

        • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

          Scherza scherza, ma intanto lo sai che quando le aziende inviano le gomme ti chiedono prima di compilare le schede con meteo, temperature, uso, pressione di esercizio ecc?
          Comunque, intendevo solo l’uso.

          Fabio

  • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

    Ritorno a distanza di tempo per confermare quanto di buono ho scritto in precedenza. Per qualche mese, in primavera ed estate non li ho usati, sull’asciutto non sono necessari… ma all’apparire di pioggia e fango sono rapidamente ricomparsi sulla bici. Fin’ora davvero non mi posso lamentare della durata o della resistenza. Ho bucato a causa di un pezzo di vetro in città di notte (evabbè), altrimenti niente di nuovo.
    Mi soffermo di nuovo sulla questione pressione: al di là dell’uso, dei pneumatici troppo gonfi sembrano avere un forte effetto sul rendimento complessivo della bici, deteriorandolo. Sarà l’interazione gomme/ruote/telaio – che è difficilmente generalizzabile – ma anche su asfalto le gambe sembrano girare meglio a pressioni ‘da fuoristrada’ (~2.2/2.5 bar) rispetto a pressioni più alte (~2.7/3.0). Nel secondo caso la bici fa molto effetto “cancello”: reagisce poco e male agli stimoli, specialmente quando si alza il ritmo. A pressioni ridotte si avverte la deformazione delle gomme, che però non sembra avere conseguenze negative. Semmai in positivo, almeno a livello di percezione: quando i polmoni bruciano, i muscoli si indolenziscono molto più lentamente sotto sforzo. Sarà il caso di riprovare e far confronti più specifici per controllare che non sia solo il campione poco significativo a produrre conclusioni fuorvianti 😀

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