Le nuove Trek Émonda SLR e SL

Tempo di lettura: 5 minuti

Trek presenta le nuove versioni SLR e SL delle sue Émonda. 

Ai primi di giugno il lancio per la stampa, ora tutti noi possiamo vederle sul sito ufficiale e presto nei negozi.

Io non pubblico mai le news che mi arrivano dalle aziende, la filosofia di questo blog è parlare sempre di ciò che si tocca con mano.

Stavolta faccio una eccezione, però a modo mio.

Le presentazioni per la stampa sono eventi a cui non partecipo, per me che abito al Sud significa affrontare una trasferta onerosa ogni volta, visto che si svolgono sono sempre a non meno di 700km da casa mia.

Stavolta la presentazione è avvenuta online, una didattica a distanza declinata in formato ciclismo. 

Annullata la distanza ho scelto di seguirla. Riandando alla memoria di quando, collaboratore per la carta stampata, ogni presentazione era una festa e mi dichiaravo sempre disponibile a coprirla.

Stavolta tutto diverso: pc, telefono, notes ma dalla mia scrivania. 

Collegamento al sito tramite link riservato, a schermo un telo nero a coprire la bici e un timer col conto alla rovescia.

Ora uno normale starebbe lì con professionalità, concentrandosi sul pezzo.

Non io, sia perché proprio normale non sono e sia perché alla fine questo blog è (man)tenuto da un appassionato per altri appassionati.

E la Émonda mi emozionò molto lo scorso anno, durante una breve presa di contatto; non un vero e proprio test di quelli che svolgo alla mia maniera: una di quelle mezze giornate che quando posso cerco di sfruttare per tenermi aggiornato, avere il polso della situazione, toccare con mano seppur per poco come evolve la tecnologia.

Potete immaginare quindi che davanti a quel monitor più che in veste di giornalista ero lì esattamente come un qualunque appassionato.

Talmente appassionato che verso metà presentazione è passata mia moglie e vedendomi si è convinta stessi lì a guardare donnine discinte, alla mia età. Non devo aver fatto buona impressione… 

Si, per quanto ci provi non sempre riesco a distinguere il giornalista dall’appassionato, e alla fine nemmeno mi interessa farlo.

Questo blog nacque per permettere ad un appassionato di parlare con altri appassionati, cercando di fornire valutazione obiettive questo si: ma mai fredde.

Al momento in cui leggete queste note si conosce già tutto delle nuove Émonda, io pubblico a embargo ampiamente superato. Però non ho necessità di stare sempre sul pezzo, non mi sono mai posto in concorrenza diretta con altre pubblicazione preferendo seguire la mia strada di (relativa) nicchia.

Lo so che pubblicare le news così come arrivano dalle aziende è una gran bella comodità. Testi già composti a cui attingere, foto ottime già pronte, dieci o quindici minuti al pc e hai un articolo da pubblicare, altro che settimane e settimane di test per ricavare una sola recensione.

Però è giusto così, è giusto cioè che si dia spazio a queste notizie, è informazione. Io ho da subito scelto una strada diversa, non migliore o peggiore, solo differente.

Per questo preferisco essere online dopo ma potermi prendere il tempo per raccontarvela con qualche nota in più.

Quando provai per una breve presa di contatto la Émonda precedente a questa passai del tempo anche in compagnia della Domane, altro purosangue di casa Trek.

Pochi chilometri con ambedue, non sufficienti certo per una recensione come le mie; ma le sensazioni arrivarono subito e tra le due, a dispetto di quanto immaginava chi era con me, fu la Émonda quella che sentì “mia”, la bici con cui sarei andato d’accordo.

Non sono uno che da importanza al peso, non valuto le bici solo sulla bilancia: tranne le bici da corsa.

Che per me rappresentano lo strumento per inseguire la prestazione pura, tutto il resto non conta.

Prestazione che raggiungi anche attraverso la leggerezza, e quei pochi grammi dichiarati per il telaio non potevano lasciarmi indifferente.

Così quando il conto alla rovescia ha finalmente raggiunto il suo limite e si è sollevato il telo, a vedere i tubi nuovi della Émonda, areodinamici con sezione a D, confesso che da appassionato sono rimasto perplesso.

Perché questi tubi? Perché rinunciare alla leggerezza e inseguire la strada della bici areo, che poi spesso si guidano pure peggio?

Grave errore il mio, sono bastati pochi minuti a sentir parlare gli ingegneri e mi sono reso di come la mia prima impressione fosse stata tutta sbagliata.

A parte che non c’è niente di più gustoso per un appassionato di ascoltare chi una bici l’ha creata, perché solo così comprendi a fondo tutte le scelte.

E comprendi l’orgoglio di chi ti racconta le difficoltà nel creare un telaio aerodinamico pur restando ampiamente sotto i 700 grammi di peso, perché non sta lì a magnificarti la bici (come sarebbe anche giusto, del resto l’azienda gli paga lo stipendio…) ma capisci la passione che c’è dietro, la sfida ingegneristica spesso ardua come la nostra sui pedali.

Ma soprattutto per l’appassionato di tecnica che sono io, ascoltare come e perché si sia data tanta importanza a due zone fondamentali di un telaio, ossia tubo sterzo e scatola movimento, è stato un piacere.

Non tanto sulla scatola movimento, che segue lo standard T47 (semplifico, è come un PF nelle dimensioni ma filettato per eliminare alla radice ogni possibile scricchiolio e perfettamente compatibile con tutti gli assi guarnitura presenti sul mercato) e che tutti noi sappiamo quanto più è rigida meglio è.

Mi ha colpito la spiegazione tecnica ma di facile comprensione (accento marcato a parte o forse il mio orecchio abituato a una parlata più english style) della grande importanza della zona sterzo, questa parte del telaio che molti di noi sottovalutano o guardano al massimo per la lunghezza e farsi due calcoli sulla possibile posizione di guida.

Eppure pensate alle sollecitazioni che arrivano dalla strada e che attraverso la forcella finiscono proprio sul tubo sterzo; e come il manubrio (con attacco) sia una leva, capace di moltiplicare quindi la forza applicata e come questa incida in termini di flessione e/o dispersione quando ci alziamo sui pedali caricando lì tutto il peso.

Una zona sterzo tutta improntata alla massima integrazione, col telaio e con quello che ormai definiamo cockpit, con l’intera parte anteriore progettata per lavorare in perfetta simbiosi.

Così il nuovo manubrio Aeolus è più di un semplice integrato: struttura e foggia studiati per favorire l’areodinamica, non sacrificare il comfort (e sappiamo come siano spesso esigenze inconciliabili) e che grazie a una intelligente soluzione nasconde del tutto i cavi senza complicare la manutenzione.

Vi faccio un rapido riassunto delle novità di questa Émonda, non avendola provata personalmente questa è una semplice presentazione ma, come detto all’inizio, ogni tanto pure io è giusto mi conceda qualche eccezione alla regola.

COMMENTS

  • <cite class="fn">Giovanni74</cite>

    Non si può dire che sia una bicicletta che passa inosservata. Per anni e, Fabio lo sà, ho avuto qualche remora sulle biciclette da corsa totalmente in carbonio. Il freddo acciaio era il materiale che per anni mi ha regalato il brivido che cercavo. Poi un giorno complice un’occasione unica quanto rara ho acquistato una Dogma con Campagnolo Super Record. Già dalle prime pedalate ho dovuto fare un mazzetto delle remore e gettarle vie tante e tali erano le emozioni uniche alla guida. Questa Emonda già a guardarla sembra trasmettere quelle stesse sensazioni. Sensazioni futuriste di velocià, di scorevolezza, di brividi lungo la schiena. e lo stesso neurone di Fabio continua ad urlarmi “la voglio, la voglio, la voglio”, sarà il caso di chiuderlo nel ripostiglio fino a che non si calma, sopratutto visto l’ultimo volo che mi sono regalato a causa di un cane. Buon fine settimana a tutti

  • <cite class="fn">Benedetto Tozzi</cite>

    Buongiorno,

    Ritengo che l’aumento di prestazioni di cui si parla non sia sperimentabile dal ciclista medio e neanche da un amatore evoluto. Forse può venire fuori solo in condizioni limite fra professionisti dove il concetto di “marginal gain” assume un significato importante.
    Mi spiego, già affermare che con questa bici si recupera un tot secondi in una salita di un’ora a una data pendenza è scorretto.
    La velocità di ascesa varia percentualmente con la variazione percentuale del peso, quindi se non si dà come riferimento il peso del ciclista, perlomeno, il dato non ha alcun senso. Mi spiego meglio, se prendiamo un sistema bici + ciclista da 50 kg e uno da 100 kg avremo che un risparmio di 1 kg porterà il primo ad avere una velocità di ascesa del 2% superiore e il secondo del 1% superiore.

    Questione aerodinamica. Il corpo “tozzo” sulla bici siamo noi. Quindi la bici aero quello che sostanzialmente fa è permettere (a chi ne è capace fisicamente e non sono in molti) di stare basso e disteso in modo da ridurre la sezione frontale. Non serve la galleria del vento per capire questo. Inoltre, cosa di cui mai si parla, le bici si muovono a bassa velocità e quindi i vari vortici generati da tutto ciò che si incontra lungo la strada (alberi, auto che passano in direzione opposta, ecc, ecc) creano delle componenti di velocità paragonabili a quelle della bici stessa.
    Di conseguenza, tutti i vari calcoli fatti in galleria del vento hanno poco riscontro nel mondo reale (in un velodromo invece la questione cambia).
    Sempre restando in campo “aero” e andando un po’ off topic va anche detto che le famose “ruote aero” non riducono la resistenza dell’aria come molti credono ma semplicemente spostano la massa verso l’esterno aumentando il momento di inerzia della ruota stessa. Quindi, una volta lanciate, hanno un effetto volano maggiore e permettono di tenere la velocità in pianura più facilmente (ecco perché poi, per lo stesso motivo sono più difficili da rilanciare in salita).

    Comunque, senza vis polemica alcuna, credo che ormai tutto quello proposto sia solo marketing. Questa bici, con lo stesso ciclista, andrà come quella dell’anno scorso e come quella di 5 anni fa (che poi magari, avendo i freni classici erano anche più leggere).

    Saluti

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Benedetto, cito dal mio testo: “La Émonda SRL prevede un telaio in carbonio OCLV 800 (ossia il carbonio laminato brevetto Trek), con una rigidità superiore indicata nel 30% e un peso inferiore di 60 grammi rispetto a un OCLV 700. Dato che potrebbe far sorridere, lo so; che saranno mai 60 grammi?

      E potrebbe far sorridere la dichiarazione degli ingegneri Trek che valutano un guadagno di 60 secondi l’ora su tratti pianeggianti e 18 secondi l’ora su salite con pendenza dell’8%.
      Ma sarebbe sbagliato, la Émonda SLR è una bici da gara, non per niente è quella usata dal Team Trek Segafredo.

      Serve questo a un semplice amatore? No, non serve.“.

      Credo questo chiarisca il mio pensiero, scevro da pregiudizio. Sono uno che crede nella libertà di tutti di pedalare come meglio credono, persino con una E-road che, oggettivamente, è un controsenso.
      Ma non posso accusare di scorrettezza le aziende che dichiarano queste performance.
      Sia perché reali, che un ciclista amatoriale le avverta o meno non significa non esistano (e il progresso lo dimostra) e sia perché qui parliamo di bici tutta votata alla prestazione.
      Non una turistica.

      Fabio

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