Io pedalo da solo

Tempo di lettura: 2 minuti

Quanti modi esistono di vivere il ciclismo, la propria passione?

Chi non è del nostro modo a pedali si stupisce per la fatica, i disagi, i pericoli. E’ difficile far capire a chi non pedala che sono proprio fatica e disagi il nostro piacere. Non i pericoli, di quelli faremmo volentieri a meno: ma non dipendono da noi.

Ma chi invece sui pedali ci va? Perché imporre la propria, unica, visione del ciclismo?

Perché star lì a giudicare, peggio deridere, chi preferisce un tipo di bici, di soluzione tecnica, un accessorio e soprattutto un proprio modo di vivere la passione che lo anima?

Io non ho ricette, dogmi, comandamenti.

Da sempre l’unica cosa a cui credo è che ogni ciclista debba essere libero di pedalare come più gli piace, senza condizionamenti esterni, senza le forche caudine del gruppo che giudica, del presunto esperto che detta condizioni, dell’altro che impone la propria visione.

E da sempre sostengo che l’unica vera uscita degna di essere vissuta è quella che ti fa tornare a casa felice.

Ho iniziato bambino, come molti credo.

Ho proseguito da ragazzo, anche se in quegli anni ero affascinato da altro.

Ho continuato fino alla maturità, se mai possa definirmi maturo.

Ho sospeso a causa di una salute ballerina che mi ha tenuto fermo per anni.

Ho ripreso a dispetto di una salute ballerina che a volte chiede pesante tributo.

Pedalavo in gruppo, in compagnia. All’inizio.

Scorribande più che uscite, pancia a terra e via, mai farsi passare. Non avevamo nemmeno l’età per la patente.

Pian piano, in quasi tutti i sensi, ho iniziato ad allontanarmi da quelle uscite, da quei giri dove ogni chilometro era un traguardo volante.

Ero lì a tirare e se qualche volta il traguardo era mio non riuscivo a gioire come i miei amici. Mi sembrava qualcosa di futile, di vuoto.

Ho iniziato ad apprezzare l’uscire da solo, sfidare me stesso.

Ho capito che l’unico ciclista che volevo battere ero io.

Ogni volta la salita più difficile, il rapporto più duro, i chilometri in più.

E poi il caldo, e poi il freddo, e poi la pioggia, e poi il buio da vincere.

La ricerca di nuove difficoltà, nuovi limiti, nuovi traguardi.

Da solo: sfidavo me stesso e la gioia quando riuscivo a battermi è qualcosa che non avevo mai provato sfidando altri ciclisti.

Mi appagava.

Crescendo ho capito che è un lato del mio carattere, questo mettermi sempre in discussione, alla prova.

Voglio primeggiare ma non sugli altri: solo su me stesso.

Mai soddisfatto di un articolo, di una arringa, di una uscita in bici, di una sessione in pista con la moto.

Qualcuno potrebbe pensare che sia una triste condizione, ma non è così.

Perché manca la rabbia, l’astio che vedo in altri ciclisti. Loro se arrivano dietro qualcuno non ci dormono la notte. E il concetto di battere se stessi proprio non li sfiora, escono solo per dimostrare agli altri di avere più gamba. E di solito mica la tengono…

Io se arrivo dietro me stesso non mi sento frustrato: cerco solo di capire dove e come migliorare.

A volte si, capita che esca in compagnia. Prima di più, ora il blog e i test vogliono tutto il mio tempo e uscite per puro svago sono rarissime.

Cerco, quando me lo chiedono e se posso, di aiutare ciclisti animati da molta passione e poca esperienza, provo a spiegare qualcosa di tecnica, come gestire lo sforzo durante una uscita, come provare ad allenarsi con metodo, a stare bene in sella. Insomma, più o meno quello che faccio da queste pagine con in più quello che posso fare solo dal vivo, non via monitor.

E se vedo che il ciclista di turno ha interesse solo a volermi stare davanti per (di)mostrare di essere più forte, salvo poi obbligarmi a riportarlo a casa a braccia o quasi perché si è fatto la prima salita a tutta pur di arrivare primo e dopo 10km è cotto, passo oltre, torno a pedalare da solo.

Purtroppo da quando ho questo blog, da quando è diventato una lettura seguita, i casi aumentano. Io declino gli inviti.

Non mi interessa la competizione con gli altri, l’ho detto già. Mi interessa solo la competizione con me stesso.

E non significa che, adesso, ogni uscita in solitaria è una sfida.

Pedalo anche per il solo gusto di stare in sella, senza badare a ritmo, cadenza e velocità.

Pedalo da solo, libero di scegliere il percorso, cambiarlo senza preavviso, fermarmi se ho voglia.

Perché quando esco in bici so di non essere mai realmente solo: c’è una bici con me, quale compagnia migliore?

Buone pedalate.

COMMENTS

  • <cite class="fn">Riccardo</cite>

    Caro Fabio. Tendenzialmente sarei come te. L’uscita in bici è anche libertà, da tutto e da tutti. Un raro momento per stare con se stessi senza condizionamento alcuno. Nessun obbligo di “tirare”, nessuna scia da tenere a tutti i costi, se ce la fai vai, se no rallenti senza aspettare o fare aspettare (nel mio caso soprattutto la seconda…). Nessuna “chiacchiera” obbligata se non ha niente da dire, o voglia di parlare.
    Però la passione per la bici è anche condivisione, e allora ben vengano le uscite in compagnia. L’importante è trovare un gruppo che condivida i tuoi valori (ciclistici e non solo) e che non si prenda troppo sul serio, pur conservando un approccio appassionato Io sono stato fortunato, l’ho trovato. Ci chiamiamo Arieti. Stiamo a Ferrara, un po’ distanti da te… Facciamo (fanno) uscite anche da 200 km, ma il mantra è “contano solo le soste”. Vedi tu. Grazie per l’aiuto che dai a noi aficionados delle due ruote motorizzate a pastasciutta.

  • <cite class="fn">alfaluna</cite>

    Ciao Fabio, ciao tutti,
    sono anch’io un solitario; solo mi rilasso, mi concentro su come risolvere i problemi, faccio bellissimi voli con la mia fantasia.

    Signora Libertà, Signorina fantasia…..

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