Il record di mademoiselle De Saint-Sauveur

Oggi che si celebra la Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne voglio raccontarvi una storia forse sconosciuta ai più: quella di mademoiselle De Saint-Sauveur.
Poco prima delle sei di sera di venerdì 7 luglio 1893, Mlle de Saint-Sauveur si recò sulla pista di cemento del velodromo Buffalo e stabilì il primo record dell’ora femminile.
Erano tempi rivoluzionari a Parigi, l’impresa non riscosse troppo interesse nel pubblico; vuoi perché distratto dai disordini scoppiati tra studenti e polizia, con feroce repressione di quest’ultima; vuoi perché a veder girare in tondo questa fanciulla, tutta sola sulla pista del velodromo parigino non c’era granché pathos; vuoi perché una donna in bicicletta è vista come scandalo, resta il fatto che ci vorranno decenni prima di veder ufficializzato il record dell’ora femminile.
Perché De Saint-Sauveur si sia cimentata con il record – e perché abbia scelto di cimentarsi con il record non ritmato piuttosto che con quello ritmato – non è chiaro, ma forse il motivo era semplice come lo era stato per Henri Desgrange due mesi prima: nessun altro l’aveva fatto, quindi qualsiasi cosa avesse fatto, sarebbe stato un record.
Sarebbe stato degno di nota, a noi cronisti il dovere di rendergliene merito. Perché la storia dei record femminili è stata snobbata, dimenticata, tanto che il primo record ufficiale sarebbe quello della sovietica Tamara Novikova che il 7 luglio 1955 percorse 38,743 km a Irkutsk.
Unanimemente si ritiene che la prima corsa ciclistica si sia svolta il primo maggio 1868 a Parigi nel Parco di Saint-Cloud.
Ma quella fu una corsa maschile.
La prima corsa riservata alle donne fu messa in programma tre mesi dopo, il 13 settembre, a Bordeaux ma il maltempo che aveva reso impraticabile la pista ne impedì lo svolgimento.
Gli organizzatori la riproposero il primo novembre. Una folla di circa 3mila persone si assiepò lungo il percorso al Parco Bordelais per assistere alla corsa a cui partecipano quattro “eroine del velocipedismo” come le definì un giornale locale.
Donne impavide e non perché non temono lo sforzo e il confronto: perché non temono il pubblico.
Già, il pubblico, quello tutto maschile, prontissimo a scagliarsi contro queste poco di buono che mostrano impudiche le gambe. Sempre che quello stesso pubblico non stia lì proprio per questo…
Vi mostro un raffronto tra due disegni ufficiali, stessa scena ma morale diversa.
Il primo, quello di sinistra, fu pubblicato su “Le Monde Illustré”, più libertario; il secondo sulla rivista americana “Harper’s Weekly”, più moralista, che scelse di coprire le gambe alle fanciulle.
Del resto la questione dell’abbigliamento delle cicliste rappresenterà uno dei motivi per cui la bicicletta diventerà un simbolo per il movimento di emancipazione femminile, per le femministe di fine secolo. Non a caso il convegno femminista di Parigi del 1896 definisce la bicicletta “egualitaria e livellatrice”.
Ne ho parlato spesso, soprattutto nella rubrica “Bici e Arte”, che spero trovare il tempo di ritornare a curare.
Però torniamo alla nostra protagonista, mademoiselle De Saint-Sauveur.
Le cronache del tempo sono scarsissime, giusto qualche nota di colore sulla stampa. L’esibizione fu definita poco interessante, noiosa ma non per demerito della ciclista.
Coi parigini in piazza per altro, questa donna che gira tutta sola, senza un confronto diretto né con altre atlete né con un record da battere non destò interesse. Ma non fu priva di sorprese.
Tre interruzioni.
La prima volta una foratura e conseguente cambio bici, mica erano le bici di adesso, lì a cambiare una ruota ci mettevi mezz’ora.
La seconda volta per sistemare la cintura, diventata stretta e scomoda; e se vi viene un sorrisetto pensando a questo incidente come qualcosa di vezzosamente femminile, beh, anche l’ipertecnologico body di Dion Beukeboom l’ha costrinse a fermarsi nel fallito assalto al record dell’ora maschile.
La terza volta per bere, perché non aveva una borraccia, che del resto era ancora qualcosa di là a venire.
Dopo sessanta minuti un colpo di pistola: percorsi 26,012 chilometri. Come scrisse il corrispondente di L’Écho, “pas mal, hein?”
Nel corso dei quattro anni successivi il record femminile dell’ora sbocciò e prosperò. Il record non ritmato fu battuto e ripristinato tre volte, mentre dieci nuovi record furono registrati per la versione ritmata della sfida.
Quattordici record nell’arco di cinquantadue mesi, con sei donne diverse che iscrissero i loro nomi sui libri dei record mentre una mezza dozzina o più ci provarono e fallirono, o esaltarono le loro possibilità di un tentativo riuscito.
Ve le propongo in tabella.
Date | Rider | Location | Miles | Kilometres | |
Paced | Unpaced | ||||
Jul 7, 1893 |
De Saint-Sauveur (Fra) |
Vélodrome Buffalo, Paris |
16 miles 287 yards |
26.012 kms | |
Aug 3, 1893 |
R Debatz (Fra) |
Vélodrome Buffalo, Paris |
17 miles 722 yards |
28.019 kms | |
?? | H Dutrieu (Bel) |
Vélodrome Lillois, Lille |
19 miles 680 yards |
31.200 kms | |
Aug 27, 1893 |
H Dutrieu (Bel) |
Vélodrome Lillois, Lille |
19 miles 913 yards |
31.413 kms | |
Sep 26, 1893 |
R Debatz (Fra) |
Vélodrome Buffalo, Paris |
20 miles 48 yards |
32.231 kms | |
Oct 8, 1893 |
H Dutrieu (Bel) |
Vélodrome Lillois, Lille |
17 miles 1,554 yards |
28.780 kms | |
Oct 12, 1893 |
H Dutrieu (Bel) |
Vélodrome Lillois, Lille |
20 miles 998 yards |
33.100 kms | |
May 5, 1894 |
Loïs (Fra) |
Vélodrome des Glacis, Bayonne |
20 miles 1,080 yards |
33.175 kms | |
Oct 25, 1894 |
R Debatz (Fra) |
Vélodrome du Parc, Bordeaux |
22 miles 495 yards |
35.859 kms | |
Oct 28, 1894 |
R Debatz (Fra) |
Vélodrome du Parc, Bordeaux |
22 miles 591 yards |
35.946 kms | |
Dec 2, 1894 |
H Dutrieu (Bel) |
Vélodrome d’Hiver, Brussels |
24 miles 133 yards |
38.746 kms | |
Sep 22, 1895 |
H Dutrieu (Bel) |
Vélodrome Roubaisien, Roubaix |
24 miles 618 yards |
39.190 kms | |
Sep 24, 1896 |
A Le Gall (Fra) |
Vélodrome Buffalo, Paris |
27 miles 9 yards |
43.461 kms | |
Oct 26, 1897 |
L Roger (Fra) |
Vélodrome Buffalo, Paris |
21 miles 973 yards |
34.684 kms | |
Women’s Hour Record, 1893-1897 |
Da dove era iniziato, da dove era venuta questa improvvisa fioritura francese del ciclismo femminile?
L’antecedente immediato sembra essere stata una gara organizzata da L’Écho de Paris circa tre settimane prima di quel primo record dell’ora.
La Course Vélocipédiques d’Artistes. In realtà, erano due gare, le Courses des Artistes, una per gli uomini, una per le donne, tutti i concorrenti provenienti dall’industria dello spettacolo della capitale francese, portando le riviste ciclistiche americane a riferirsi all’evento come Stagers’ Race.
Quelle stelle attirarono una folla impressionante di spettatori: cinquemila, se si deve credere alle affermazioni della rivista organizzatrice. E questo nonostante uno sciopero dei tassisti che rese il tragitto fino al Bois de Boulogne, dove la gara iniziava e finiva, tanto più difficile per alcuni. E non era male per un evento infrasettimanale, la gara si svolgeva nel pomeriggio di mercoledì 14 giugno.
A proposito dello sciopero dei tassisti, una nota di colore.
Un intraprendente venditore di biciclette propose di mettere mille biciclette nelle strade più trafficate della città e di noleggiarle al pubblico a 50 centesimi l’ora. Bike sharing ante litteram.
Torniamo sul pezzo.
La Course d’Artistes femminile andava dalla Cascade nel Bois de Boulogne fino al ponte di Saint-Cloud e poi di nuovo a Longchamp, una distanza di circa otto chilometri.
Delle undici donne che partirono, dieci arrivarono (l’unica DNF cadde poco prima del traguardo). Alla fine, fu De Saint-Sauveur ad arrivare per prima, in un tempo di quattordici minuti e trenta secondi, accompagnata dai suoi pacemaker, chiamati Reulos e Lamberjack, due membri della Société Vélocipédique Métropolitaine i cui nomi apparivano occasionalmente nei risultati delle gare sulla stampa ciclistica di quel periodo.
Questa la classifica finale.
Course d’Artistes organised by L’Écho de Paris Wednesday, June 14, 1893 |
|||
1 | De Saint-Sauveur | Hippodrome | 8 kilometres in 14’30″ |
2 | Renée Debatz | Théâtre des Nouveautés | + 0’15″ |
3 | Blanche Dupré | L’Olympia | + 2’00″ |
4 | Jeanne de Brémont | Les Ambassadeurs | + 2’30″ |
5 | Joséphine Chabot | Opéra de Paris | + 4’00″ |
6 | Lucienne Daguin | Théâtre des Nouveautés | + 7’00″ |
7 | Madeleine de Mongey | Théâtre des Nouveautés | + 7’15″ |
8 | Berthe Syrède | Opéra de Paris | + 9’15″ |
9 | Gray | Folies-Nouvelles | + 10’00″ |
10 | Éliane | Théâtre du Vaudeville | + 10’15″ |
DNF | Louise Mante | Opéra de Paris |
Ma cosa sappiamo della nostra vincitrice, De Saint-Sauveur? Molto poco.
Sappiamo che era stata un’artista nell’Hippodrome di Charles Zidler, sul Pont de l’Alma, che chiuse i battenti nel 1892. I resoconti del suo record dell’Ora sui giornali americani, britannici e australiani affermano che era una nota cavallerizza da circo. L’immagine che richiama alla mente la segatura e il cerone alla Chagall è probabilmente lontana dal vero. Come suggerisce il nome, l’Hippodrome ospitava vari spettacoli a tema equestre e quindi si potrebbe più correttamente dire che De Saint-Sauveur era un’écuyère, una cavallerizza, che si esibiva in vari ruoli.
Cos’altro sappiamo? Esistono alcuni schizzi e fotografie di lei. Sappiamo dei suoi risultati in alcune gare del 1893. Prima di allora, dopo di allora… è in gran parte vuoto. Non sappiamo nemmeno se De Saint-Sauveur fosse il suo vero nome o solo uno pseudonimo che adottò all’Ippodromo. Del resto è anche il nome di un dipartimento delle Alte Alpi, di un vino, di un paese candese e tanto altro.
Sappiamo che, nel giugno 1894, fu annunciato il fidanzamento di una certa Mlle de Saint-Sauveur con Eugène Schneider II, della dinastia francese dell’acciaio e in seguito legato alla banca francese Crédit Lyonnais, i cui teneri leoni vengono oggi distribuiti al Tour de France. Il matrimonio ebbe luogo a Parigi in agosto.
Se le due donne sono la stessa persona, allora Mlle de Saint-Sauveur è Antoinette Marie Edmonde de Rafélis de Saint-Sauveur, nata nel 1875 da una famiglia nobile francese, famiglia che cadde in disgrazia quando nel 1884 il padre, il marchese de Saint-Sauveur, si suicidò dopo aver accumulato debiti per feste e gioco d’azzardo.
Se le due donne sono la stessa persona, se la nostra De Saint-Sauveur è davvero la sua omonima diciottenne Antoinette, allora ci sono storie meravigliose da raccontare su di lei in età adulta, come il modo in cui lei e suo marito riportarono la casa di famiglia al suo antico splendore.
Ma la certezza non c’è.
Però un punto fermo nella vita di De Saint-Sauveur lo possiamo fissare: suo il primo record dell’ora, ufficiale o meno non toglie lustro all’impresa.
Da lei parte la storia dell’unico record sportivo che da allora non si è mai interrotto.
Merci, Mademoiselle De Saint-Sauveur
Buona strada
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.