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Il pasticcio delle bike lanes

Un’altra tegola sta per abbattersi su chi si sposta in bici nelle nostre città: la cancellazione di centinaia di chilometri di bike lanes.
Ossia quelle corsie prive di cordoli e delimitate solo da segnaletica orizzontale nate nel periodo emergenziale del Covid per favorire gli spostamenti privati.
Già, perché il Codice della strada prevede che d’ora in avanti serviranno i cordoli. Altrimenti nisba.
Quindi decine di comuni grandi e piccoli dovranno o adeguarsi o cancellare questi percorsi.
Ovviamente vincerà la seconda, è impensabile che da un giorno all’altro coi fondi per la mobilità cancellati dal ministero delle Infrastrutture i comuni possano far fronte alle opere necessarie.
Una, questa che di fatto cancella le bike lanes, tra le varie norme fortemente volute dall’attuale ministro delle Infrastrutture, lo stesso che all’epoca sbraitava contro queste corsie ripetendo il trito slogan “gli italiani vogliono lavorare!”.
Dimenticando che a usare queste bike lanes sono proprio quelli che vanno a lavorare: ma in bici.
La retorica propagandistica segue lo schema già visto per le Zone 30, la guerra ai monopattini e ai velox.
Si finge di voler garantire sicurezza – ma come? Io voglio i cordoli per la vostra incolumità e vi lamentate? – si creano norme volte a rendere impossibile la creazione di percorsi ciclabili, di istituire Zone 30, si disincentiva la mobilità dolce.
Tutto per inseguire quel mezzo punto percentuale nelle continue tornate elettorali andando a pescare voti e consensi ovunque sia possibile.
Il testo è già stato approvato alla Camera, è in discussione al Senato. Una modifica sul punto è tecnicamente possibile, al solo prezzo di un ulteriore passaggio alla Camera. Non sarebbe la prima volta nella nostra storia Repubblicana.
Ma servirebbe la volontà politica che, seppure sollecitata dall’Anci (perché poi sono i sindaci che devono render conto ai propri cittadini) è difficile si vedrà.
Due delle tre forze di Governo sono palesemente ostili alla mobilità sostenibile, lo hanno dimostrato nei fatti celandolo con le parole. E spesso non hanno avuto nemmeno il pudore di celarlo.
Tutti i migliori studiosi ed esperti di mobilità e sicurezza stradale hanno definito questo Codice della strada voluto dal ministro il peggiore possibile: il codice delle stragi l’hanno ribattezzato.
Smantella a una a una tutte le norme che tutelano gli utenti deboli, la mobilità dolce: non direttamente ma con la vigliaccheria tipica dei furbetti di aggirare la norma, col sotterfugio, rendendo di fatto impossibile creare o mantenere strutture e comportamenti sicuri e virtuosi.
Poi si, possiamo anche dibattere sul fatto che le bike lanes non sono l’ideale, sarebbe meglio avere delle vere ciclabili ben fatte.
Facendo però così il gioco proprio di chi vuole toglierci anche il poco che abbiamo.
Non commettiamo l’errore di darci addosso tra noi.
Buone pedalate, finché si può
p.s.: ministro sempre minuscolo, ovviamente, non è un refuso.
p.p.s: per gli analfabeti funzionali che dovessero imbattersi per caso in questo articolo, le foto a corredo sono di bike lanes presenti a Colorado Springs (copertina) e in sequenza Toronto e Seattle. Quindi non sono state inventate in Italia, semmai importate. E no, non sono immagini create con l’AI come quelle a cui state abboccando da settimane sui social.
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
La Svizzera è costellata di corsie per le bici e mai ho trovato dei cordoli a delimitarle (che, tra l’altro, li troverei estremamente pericolosi per il ciclista che dovesse inavvertitamente urtarli).
ehhhh, poi arrivi tu con la svizzera: e mica è l’Italia!
No, lo dico io prima che arrivi qualcuno con la solita storia che non siamo la Svizzera, l’Olanda, il Belgio ecc che è solo il modo tutto italico di autoassolversi.
Fabio
Dirò di più: le bike lanes, anche in una città ostile ai ciclisti come Roma, sono in molti casi rispettate dagli automobilisti. Non da tutti, ovvio, ma oserei dire dalla maggioranza. Che poi lo facciano per paura di una multa o di un vaffa…. di un ciclista, per senso civico o solamente perché associano una striscia sulla strada ad una regola non saprei…
dagli automobilisti si, meno dagli “scuteroni”. I cinquantenni sugli scooter sono il male.
mah, io ho quasi 55 anni, uno scooter, una moto e dodici o tredici bici, perso il conto. Non mi sento il male né una eccezione.
Mai generalizzare, fidati…
Fabio
Giusta osservazione che solleva un punto su cui mi ero già ripromesso di scrivere: più ciclabili, bike lanes ecc ci sono più diventano normali e più gli altri utenti della strado ci si abituano.
Moltissimi studi hanno messo in risalto questo elemento psicologico che, non preventivato, in Europa sta dando ottimi frutti.
Fabio