Il padrone del vapore contro il Green Deal

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All’assemblea di Confindustria ha debuttato il neo presidente Orsini che subito ha fatto capire da che parte sta: lotta al Green Deal, solita solfa del misto aiuti di Stato/profitti a noi, aria fritta su giovani, donne e Mezzogiorno. Senza dimenticare un colpo pure alla moneta unica.

Saldando un solido asse con le forze di governo che si battono contro la transizione ecologica.

Cito Orsini: “Lo dico con chiarezza, in accordo con i colleghi delle Confindustrie europee. Il Green Deal è impregnato di troppi errori che hanno messo e mettono a rischio l’industria. Noi riteniamo che questo non sia l’obiettivo di nessuno. La decarbonizzazione inseguita anche al prezzo della deindustrializzazione è una debacle. La storia e il mercato europeo dell’auto elettrica che stiamo regalando alla Cina, parlano da soli! La filiera italiana dell’automotive è in grave difficoltà, depauperata del proprio futuro dopo aver dato vita alle auto più belle del mondo e investito risorse enormi per l’abbattimento delle emissioni.”

Ecco servita la solita storia dell’automotive, Moloch nostrano che vive da decenni con la sua principale industria a godere di benefici statali (ossia soldi nostri), sposta la sede fiscale dove più gli conviene, licenzia e chiude stabilimenti costruiti coi soldi statali (quindi sempre nostri), investe poco di suo e produce dove più gli conviene, sempre dopo aver sperperato i soldi statali (nostri, se non si è capito).

Non fosse uomo che ricopre solida posizione istituzionale parrebbe uno dei tanti messaggi che appaiono sui social, tra odio per la mobilità sostenibile e “i bei tempi di tre mesi di ferie e 5000 lire in pizzeria”.

Il neo presidente ignora o semplicemente glissa su alcuni punti fondamentali, aiutato in questo dalla presidente del Consiglio che si trova servita su un piatto d’argento una ghiotta occasione propagandistica.

Quello in assoluto più importante è che mai nel Green Deal si è parlato di deindustrializzazione. Piuttosto si sollecita (sollecita è affatto diverso da imporre, mancano ad oggi gli strumenti legislativi per farlo) una conversione che, come ogni rivoluzione industriale dimostra, significa investire in nuove tecnologie e non crogiolarsi nell’esistente.

A fare da sparring partner arriva l’intervento del Governo, che già da alcuni giorni si fa scudo della relazione Draghi per dare credibilità alle proprie tesi contro la transizione ecologica. 

Peccato che anche qui le cose siano diverse, perché il nostro ex Presidente della BCE sostiene invece la necessità della decarbonizzazione.

Cito Draghi: “La seconda area di azione è un piano congiunto per la decarbonizzazione e la competitività. Se gli ambiziosi obiettivi climatici dell’Europa saranno accompagnati da un piano coerente per raggiungerli, la decarbonizzazione sarà un’opportunità per l’Europa. […] La spinta globale alla decarbonizzazione è anche un’opportunità di crescita per l’industria europea. L’UE è leader mondiale nelle tecnologie pulite come le turbine eoliche, gli elettrolizzatori e i carburanti a basso contenuto di carbonio, e più di un quinto delle tecnologie pulite e sostenibili a livello mondiale sono sviluppate qui“.

La stampa generalista al solito ha preferito inseguire titoli a effetto; io invece ho preferito leggere i testi integrali.

A questo link potete verificare la relazione di Orsini.

A questo link potete verificare la relazione di Draghi.

In questo quadro desolante, dove l’Italia trova unica alleata l’Ungheria nella lotta negazionista contro i cambiamenti climatici e ogni provvedimento l’UE voglia intraprendere, si innesta un nuovo fattore che non tarderà a mostrare tutte le sue contraddizioni: la nuova commissione von der Layen.

Troppo presa a garantirsi la riconferma e troppo impaurita dalla perdita di consenso già prima delle ultime elezioni europee, la Presidente tedesca si era rimangiata non poche promesse cedendo alle forze più oltranziste e negazioniste.

A essere rimessi in discussione uno dopo l’altro nell’ultimo anno sono stati molti punti fondamentali del Green Deal: la legge sul ripristino della natura, la direttiva sulle case green, lo stop ai motore a combustione entro il 2035, gli sforzi di riduzione di CO2 nel comparto agricolo. Su alcuni di questi dossier i negoziati inter-istituzionali hanno poi partorito delle versioni di compromesso che hanno evitato di buttare al vento il lavoro fatto. Ma su altri due temi caldi, auto e agricoltura in primis, la partita è destinata ora a riaprirsi. E il conflitto politico potrebbe riesplodere, anche dentro la Commissione stessa.

Perché con abile manovra  Ursula von dr Layen è riuscita adesso a ottenere il supporto per la sue rielezione delle forze politiche più attente ai temi ecologici creando però un intricato schema che rende bizantino ogni reale tentativo di riforma.

A capo della transizione ecologica una figura di primissimo piano: Teresa Ribera.

La vicepremier spagnola uscente è al debutto come Commissaria, ma viene da un percorso di governo lungo e solido: sei anni da ministra della Transizione ecologica a Madrid, preceduti da molti altri a seguire gli stessi dossier come alta funzionaria e negoziatrice internazionale. Di lei Pedro Sanchez in questi anni si è fidato ciecamente, e von der Leyen sembra voler fare lo stesso. Per lei ha ritagliato infatti un job title pesantissimo: vicepresidente esecutivo per una “Transizione pulita, giusta e competitiva”.

Sarà lei in altre parole a guidare tutto il lavoro legato alla transizione ecologica, ma anche a gestire i poteri più incisivi (e temuti) della Commissione, quelli di sorveglianza antitrust e sugli aiuti di Stato. E il modo in cui intende occuparsi della prima parte del suo incarico non è un segreto: mantenere se non rafforzare le ambizioni di lotta al cambiamento climatico e decarbonizzazione dell’economia europea, in linea con il programma elettorale dei Socialisti di cui è esponente di peso.

Insomma, una nomina che dovrebbe far esultare chi crede ancora in una Europa faro della transizione ecologica, guida per le altre Nazioni.

Però a lavorare sui dossier climatici e industriali su cui si gioca il futuro dell’Ue saranno insieme a Ribera diversi altri Commissari. Almeno cinque o sei: l’olandese Wopke Hoekstra designato per la delega di “Clima, Net Zero e Crescita pulita”; la svedese Jessika Roswall, indicata per “Ambiente, Resilienza idrica ed Economia circolare competitiva”; il greco Apostolos Tzitzikostas, designato per “Trasporti e turismo sostenibile”; il danese Dan Jorgensen, Commissario in pectore a Energia e Case; e infine l’altro vicepresidente francese Stéphane Séjourné, che supervisionerà le politiche industriali. Nota rilevante sul piano politico: i primi quattro di questi sono tutti esponenti del Ppe, la famiglia di centrodestra europea più che tentata dalla frenata sulle politiche verdi, e i cui membri in Spagna fanno dura opposizione al governo Sanchez.

Quindi Ribera dovrà lottare su ogni virgola con “alleati potenzialmente ostili”, col rischio concreto di un forte ridimensionamento della sua area di manovra, fino alla probabile paralisi dell’azione riformatrice.

E infatti subito Peter Liese, che guida la delegazione della Cdu alla commissione Ambiente del nuovo Parlamento europeo, ha dichiarato “Che non s’azzardi in nessuna circostanza a proseguire inalterate le politiche di Frans Timmermans. Spero che gli altri Commissari spingano per questo, se necessario entrando in conflitto con la vicepresidente”.

Ribera dovrà dialogare con Commissari che raramente condividono le sue vedute. Un documento interno della Commissione certifica inoltre che non sarà lei a “comandare” direttamente il lavoro delle Direzioni Generali della Commissione che partoriscono i progetti legislativi e gestiscono i programmi esistenti. Alla socialista spagnola risponderà direttamente solo la DG Competizione. La DG Clima riporterà all’olandese Hoesktra, la DG Ambiente alla svedese Roswall, la DG Move al greco Tzitzikostas, la DG Agricoltura al lussemburghese Hansen e solo la DG Energia ad un altro socialista “allineato”, il danese Jorgensen. L’impressione fra gli addetti ai lavori è che il principale interlocutore/potenziale avversario interno di Ribera sarà proprio Hoekstra: espressione di uno dei governi più a destra dell’Unione e incaricato da von der Leyen di disegnare insieme a Ribera lo strategico Clean Industrial Deal. Che è stato attaccato da ampi settori del conservatorismo industriale e che, a questo punto appare palese, subirà un forte stravolgimento.

Ecco allora che le dichiarazioni di Orsini trovano un quadro in cui inserirsi, perché la presidente del Consiglio le spara a casaccio convinta di essere ancora all’opposizione, ma il Presidente di Confindustria si avvale di uno dei migliori centri studi europei, quello interno all’associazione, e sa calibrare le parole: in poche parole sa di avere le spalle coperte.

Buone pedalate

COMMENTS

  • <cite class="fn">Samuele Gaggioli</cite>

    Analisi approfondita e chiara, l’ho condivisa ma so che sarà fagocitata da gattini e quant’altro….

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      tranquillo, “lo so che non avrò gli stessi like di fedez perché non sono bello come lui, ma amo il mio lavoro ecc ecc”
      Però l’articolo non è stato generato con l’AI ma con la mia: e forse questo è il suo limite…

      Fabio

  • <cite class="fn">Damiano</cite>

    Ammetto che ormai sono basito e confuso, perché non posso più essere stupito delle affermazioni di una destra conservatrice e (non posso non dirlo) ottusa affermatasi in tutto il mondo; ricapitolando:
    1.la Cina che fa auto elettriche belle e più economiche non ci piace, è brutta e cattiva
    2. il fatto però che ci faccia paura vuol dire che gli italiani le auto elettriche le comprerebbero?
    2bis. però l’auto elettrica è brutta e cattiva e non ci piace! Buuu…
    3. gli eventi meteo estremi sono sempre più frequenti, con l’Emilia (per dirne una) ora allagata per la terza volta in due anni
    4. il Governo ha esplicitamente dichiarato che non intende più rimborsare o allocare risorse per riparazione ai danni climatici e meteo estremi (https://www.tgcom24.mediaset.it/politica/maltempo-clima-musumeci-aziende-si-assicurino-finiti-fondi-stato_84218881-202402k.shtml per citare una fonte non di sinistra, altrimenti non ci si crede…)
    5. L’auto elettrica va disincentivata, così come non dobbiamo investire in chip e tecnologia, eh no. Che strano, e cosi ci resta una volta che i campi sono allagati, l’industria dell’auto è fallita perché le cinesi sono più economiche ed elettriche, non abbiamo industrie elettrificate (che costano meno sul lungo termine) e produzione di chip in mano alla Cina? Forse sembra centrare poco, ma lavorado nel settore, questa è una scelta strategica che ci farà male per molti decenni a venire…

    Non dico che gli altri paesi europei sono tutti meglio, la Germania ha belle gatte da pelare per conto suo, sulle difficoltà in sede di commissione hai già detto tu, ma se la Cina ha ormai da anni pianificato una transizione severa ad una industria elettrificata è anche per una questione strategica e non solo (ma anche) di benessere della popolazione. Il fatto che noi stiamo a parlare di (immaginarie) centrali nucleari che saranno attive fra 15 anni minimo (tempi legislativi, amministrativi e realizzativi) e del petrolio (quello sì è estrazione e produzione italiana doc) che ci piace tanto, è semplicemente paradossale.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Il vero problema è che non abbiamo, in Italia e altrove, una destra conservatrice; bensì una destra reazionaria ed estrema.
      Nell’inseguire sul suo terreno questa destra, la sinistra (o forze progressiste che dir si voglia) ha finito per essere lei la destra conservatrice dimenticando e rinnegando se stessa.
      In un Paese democratico serve una destra conservatrice a fare da contraltare a una sinistra riformista, creando il giusto compromesso tra diverse istanze.
      Non abbiamo né l’una né l’altra…

      fabio

  • <cite class="fn">Giuseppe</cite>

    Durante il covid ho visto “don’t look up” che ha esacerbato il mio nichilismo. Purtroppo viviamo in giorni in cui le tifoserie politiche reagiscono indipendentemente dal tema ma in base a come sono state “caricate” dai loro idoli, manco fossero dei giocattoli a molla.
    Anche dimostrando la fesseria dietro certe scelte e certe posizioni, c’è poco da fare.
    A noi temo che toccherà la fine dei due astrofisici del film che scoprono l’asteroide in arrivo e che devono adattarsi alla scelta suicida di tutti gli altri.

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