Guida alla scelta dei pedali; biomeccanica della pedalata

La biomeccanica della pedalata

Tempo di lettura: 7 minuti

La biomeccanica della pedalata

So che il titolo non è del tutto corretto, perché qui ci focalizzeremo più sul piede che sulla biomeccanica completa della pedalata. Che passa dalla posizione in sella alla elasticità del ciclista, impegnando praticamente tutto il corpo.

Ma prima voglio rispondere a una domanda che sono sicuro vi siete posti: a noi ciclisti girovaghi, non agonisti, tutta questa roba serve?

Si, rispondo, serve a chiunque pedali. Indipendentemente dal tipo di pedalata.

Perché il motore della bici siamo noi, ed esattamente come qualunque motore è importante averne cura e saperlo usare in modo corretto.

Perché usare il nostro corpo/motore in modo corretto significa ottimizzare il dispendio energetico.

Perché ottimizzare il dispendio energetico significa andare più forte gli agonisti, più lontano noi zingari a pedali.

Posto che tutto l’assetto in sella è fondamentale sia corretto per la massima efficacia, come ripetuto innumerevoli volte noi qui ci concentriamo di più sull’insieme piede/caviglia.

Il punto di contatto tra piede e pedale (con scarpa, ovvio…) è in zona metatarsale.

Nell’immagine in basso possiamo identificare facilmente primo e quinto metatarso.

L’asse pedale deve trovarsi precisamente nella zona compresa tra primo e quinto metatarso. Conoscerne l’esatta ubicazione è fondamentale per chi pedala agganciato, altrimenti non potrebbe posizionare le tacchette in modo corretto.

Ma è importante anche per chi pedala flat, che così può mantenere il miglior appoggio di spinta.

Noi per comodità espositiva poniamo che il piede sia già collocato in maniera perfetta. E che perfetto sia anche l’assetto in sella.

Abbiamo quattro fasi della pedalata.

1. La fase di spinta, che è compresa da 20° (appena dopo il Punto Morto Superiore, PMS) dalla verticale fino a 145°.

2. Il Punto Morto Inferiore (PMI) che va da 145° a 215°.

3. La fase di trazione (se si pedala agganciati, altrimenti è solo di accompagnamento con pedali flat) che va da 215° a 325°.

4. Il Punto Morto Superiore che va da 325 a e sino al punto di partenza del giro appena chiuso.

Vediamole meglio in dettaglio.

Fase 1. E’ la fase più importante, soprattutto per chi usa pedali flat, ossia senza aggancio. La si chiama fase di spinta o di estensione, il motivo è facilmente immaginabile. In questa fase è proficuo che il pedale sia mantenuto orizzontale, dando per scontato che la posizione della tacchetta (o del piede se pedale flat) sia quella ottimale.

La migliore spinta si ottiene quando il centro della prima testa metatarsale e il centro dell’asse pedale sono sulla stessa linea verticale che passa per il piano orizzontale del pedale.

 

Una posizione troppo arretrata, la pedalata di pianta per capirci, porta una notevole dispersione di energia. Lo stesso con una posizione avanzata, la pedalata di punta.

Inoltre alla lunga queste due posizioni errate portano problemi. Perché fanno lavorare male le fasce muscolari coinvolte. Una pedalata di pianta comporta spesso l’impossibilità di mantenere il pedale in orizzontale, generando il cosiddetto crollo del tallone, cioè il tallone più in basso, che manda in sofferenza i muscoli gemelli, il bicipite femorale e soprattutto il tendine del bicipite femorale. E sappiamo quanto le infiammazioni ai tendini siano le più rognose a guarire. Allo stesso modo la pedalata di punta porta questa ad essere più bassa del tallone, posizione che comporta spesso patologie ai muscoli e tendini estensori, la più comune è la tendinite rotulea.

Proprio la possibile insorgenza di patologie mi spinge da sempre a consigliare pedali con aggancio a chi ha buona cadenza e pedala per molti chilometri. A parte la resa, che resta comunque superiore e capiremo meglio perché nel prossimo articolo (anticipo: per la pedalata rotonda), un corretto posizionamento delle tacchette si traduce nella impossibilità di insorgenza di patologie e/o infiammazioni. Poi certo, altezza e arretramento sella incidono, anche se la tacchetta è messa bene. Ma il posizionamento è argomento che arriverà in futuro, qui restiamo sempre su piedi e pedali.

Fase 2. E’ una fase diciamo neutra, il fatto si sia deciso di chiamarla punto morto indica una sorta di “riposo” delle fasce muscolari. Non è così, c’è comunque un apporto energetico, come anche nella fase tre. Il fatto che la forza abbia una direzione differente ha portato a queste denominazioni.

 

E’ questo il punto morto inferiore, che si contrappone alla fase 4 che è il punto morto superiore. Appena passata la verticale. la punta guarda in basso e il piede (gamba) si prepara alla fase di trazione, spiegata in basso.

Fase 3. Nella fase tre abbiamo la trazione se il pedale è del tipo con aggancio, altrimenti è semplice accompagnamento. Il pedale è obliquo, puntando verso il basso con la trazione che si sviluppa a 90° sulla direzione della forza. Non è un movimento che viene subito naturale, occorre allenarsi. I rulli aiutano moltissimo a familiarizzare con questa tecnica. 

 

La trazione  è permessa solo con pedali ad aggancio, altrimenti “tirare su” è impossibile. Servono allenamento e buona mobilità della caviglia, oltre a un esatto posizionamento in sella. E’ appunto la pedalata rotonda a cui dedicai questo articolo. Va da sé che coi pedali flat non è possibile; con alcuni flat dotati di pin e scarpe giuste si riesce per una prima frase, breve, a esercitare una moderata trazione. Comunque troppo breve per essere decisiva e a volte anche pericolosa perché se non si è abituati si perde il pedale.

E’ anche la fase dove la scarpa assume importanza fondamentale, più del pedale. Una suola cedevole infatti si piegherà ad arco, la tomaia poco tenace si deformerà e tutto questo si traduce in perdita di energia. Ma noi abbiamo dato per acquisito in questo articolo che la scarpa usata è perfetta, visto che non è possibile approfondire ogni connubio scarpa pedale. In una prossima puntata di questa serie di articoli ci saranno comunque alcune linee guida.

Fase 4. La fase quattro è anch’essa una fase “neutra”, di passaggio. E’ il punto morto superiore, quindi significa che passiamo dalla fase di trazione a quella di spinta. In contrapposizione al punto morto inferiore dove si passa dalla fase di spinta a quella di trazione. 

 

La pedalata è gesto asimmetrico, nel senso che mentre un piede compie una certa fase, l’altro piede si trova nella fase opposta. Mentre uno spinge, l’altro tira.

Le fasi uno e tre sono quelle con maggior arco di durata (con pedali ad aggancio, altrimenti la fase tre coi flat è ininfluente), mentre le fasi due e quattro hanno arco molto inferiore. 

Nel caso di cadenze elevate, oltre le 100/120 Rpm (Revolution Per Minute, ossia quanti giri completi di pedale compiamo in un minuto), il passaggio nelle fasi due e quattro è talmente rapido da sparire quasi.  

Diversamente da quanto si crede, nella pedalata rotonda non “raddoppiamo” la forza impressa. La trazione non porta con sé un 50% di energia in più, per dirla semplice.

In linea di massima, pedalando agganciati, la gamba applica sempre una forza sul pedale. Che può essere quantificata in un 65% in fase uno, ossia la spinta; un 17% in fase tre, ossia la trazione; un 12% in fase due, con forze orizzontali all’indietro e infine un 6% in fase quattro, con forze orizzontali in avanti.

Un buon allenamento specifico può portare ad aumento della percentuale di forza in fase tre, che andrà a discapito della fase uno. Ma questo non significa minor spinta, perché in realtà lo sforzo complessivo resta uguale. Quello che cambia è la ripartizione, che porta con sé una migliore gestione dello sforzo. Ripartendo meglio la fatica tra diverse fasce muscolari si fa più strada, più velocemente e più lungo. 

Questo è possibile, giova ricordarlo, solo con pedali con aggancio, applicando la tecnica della pedalata rotonda.

Tecnica illustrata in questo articolo.

Fin qui la biomeccanica della pedalata con esclusivo riferimento ai piedi. Che è discorso incompleto perché in bici si pedala con tutto il corpo diciamo così. Ma queste nozioni sono funzionali al nostro scopo e serviranno per la prossima puntata, quando conosceremo le famiglie di pedali. Sarà più semplice grazie alle informazioni di questo paragrafo riuscire a mettere in luce i punti forti e deboli delle varie topologie di pedale.

Però già possiamo dedurre alcuni elementi con riferimento ai soli pedali.

In fase di spinta sia la superfice che la rigidità del pedale diventano elementi decisivi.

In fase di trazione la rigidità del pedale è ininfluente, conta solo la tenacia del sistema di aggancio; perché la protagonista è la scarpa, che se flette vanifica lo sforzo.

La pedalata rotonda la puoi applicare solo pedalando agganciati.

Affinché tutto funzioni al meglio è necessario un corretto assetto in sella, che noi abbiamo dato per scontato ma che, vedremo, alcune tipologie di pedali obbligano al compromesso.

Un ultimo breve paragrafo sulla lunghezza pedivelle.

Commenta anche tu!