Grinduro 2024, è andata…
Chiusa l’edizione 2024 del Grinduro Italia in testa ho un vortice di pensieri ed emozioni.
Non sono andato a Massa Vecchia, ai piedi di Massa Marittima, per l’evento e basta.
Diciamo che partecipare all’evento era, è stata, la scusa per conoscere la trasmissione Shimano GRX 2x12v Di2, familiarizzare con scarpe da off road che sono ora in lavorazione per i loro test (e una guida alla scelta della scarpa gravel, che andrà oltre il solo dato tecnico), tastare il polso di come, quanto e se il fenomeno gravel stia cambiando o ampliando il nostro mondo a pedali.
Ho una quantità di appunti e note prese al volo, spinto dalla necessità di fissare subito su carta ogni sensazione e pensiero nel timore che accavallandosi andassero perduti.
Rileggendoli e provando a mettere ordine mi ha colpito come nel corso della giornata alcune note fossero se non in contrasto almeno in minima contraddizione, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto emozionale.
Molto è dipeso dai continui problemi col reggisella che ho avuto nei primi 90 minuti circa, sono arrivato alla sosta caffè col gruppo che già ripartiva.
Un paio di normali salti di catena, naturali su una bici presa al volo perché la “mia” ho scoperto sul posto fuori misura (e perché, confesso, avevo invertito lo Shadow RD+, mettendolo su Off, principiante…) ma soprattutto un reggisella che non restava in posizione andando a pacco ogni volta che caricavo peso per avere trazione e che mi ha costretto a una decina di soste per risistemarlo, con conseguenti pedalate pancia (reale) a terra per riprendere il gruppo, mi hanno sfiancato e, confesso, demoralizzato.
Finché dopo la prima sosta ho deciso di prendermi il tempo che serviva, fa nulla avrei pedalato da solo, e sistemare la bici una volta per tutte, sia nelle regolazioni (facile) che nel reggisella (meno facile). Bisogna saper far fronte alle difficoltà, sennò che gusto c’è?
A ritardarmi ancora di più si sono aggiunte le forature a raffica di molti partecipanti e io non sono tipo da passare oltre, se hai un problema mi fermo.
Non è servito aiutare tutti, ovvio, ma qualcuno in difficoltà a rimontare la gomma o con una pompa poco efficiente (io per fortuna ne avevo una compatta ma formidabile) si.
A quel punto, quando ormai credevo di essere l’ultimo della fila abbondantemente distanziato, salvo poi scoprire non lo ero (wow!) ho iniziato a godermi il Grinduro.
Ho iniziato a godermi il percorso, i posti attraversati, i panorami, le chiacchiere col mio stentato inglese, gli scambi quando abbiamo sbagliato la svolta e i reciproci consigli su come affrontare quel passaggio rognoso.
Ho pedalato perdendomi nei miei pensieri, perdendomi per strada, perdendomi nei boschi e alla fine ritrovandomi sempre e ritrovando, per pura combinazione, pure buona parte del gruppo.
Mi sono fermato per assaporare i momenti, per fissarli nella memoria.
Mi sono fermato per prendere appunti e ricordarmi che avevo anche un lavoro da svolgere, quindi via con alcune “manovre da test” per le scarpe che avevo ai piedi.
Ho sbagliato scegliendo di non fare gli ultimi 10km di percorso ufficiale, che mi hanno raccontato bellissimo, per togliermi alcuni dubbi nella guida su asfalto col GRX 2x12v Di2.
Ho sbagliato pure il percorso svoltando a destra invece che a sinistra e ritrovandomi nel nulla totale, tranne un casolare sullo sfondo dove mi sono fermato per chiedere informazioni, senza segnale internet il mio navigatore faceva le bizze.
Ho incontrato in questa sosta persone che mi hanno trattato come se mi conoscessero da sempre, senza limitarsi a darmi le indicazioni necessarie ma riempendomi di consigli su vari percorsi da provare e, vista l’ora, invitandomi pure a pranzo.
Ho sbagliato a rifiutare l’invito, però.
Sono rientrato al paddock del Grinduro Italia tra gli ultimi dei partenti la mattina, non avevo nessuna ansia da prestazione, ero partito lasciando il badge per prendere i tempi a riposare sulla rastrelliera alla griglia di partenza.
Sono risalito in albergo per una doccia con l’intenzione di sistemare velocemente le note e riscendere e invece sono rimasto col notes tra le mani per rivivere cosa c’era dietro ogni frase appuntata.
Alla fine ho fatto meno di quanto mi ero prefissato nel raccogliere materiale per gli articoli.
Ho fatto molto più di quanto era lecito per godermi la pedalata, considerando che ero lì “per lavoro” forse sono stato poco professionale.
Posso confessare di essere stato egoista nell’ultimo terzo di tracciato, ma era così bello e tecnico che non sono riuscito a pensare ad altro.
E credo che chi mi ha voluto lì e che ha pedalato su quei tracciati mi comprenderà e perdonerà.
Mi serve qualche giorno per lasciar sedimentare i pensieri, ho osservato, rubato brandelli di conversazione, fatto domande, ascoltato non visto per provare a capire, se fosse possibile ma dubito, il nostro mondo a pedali in una delle sue tante e infinite sfaccettature.
Restate in linea, ci rivediamo fra qualche giorno.
Buone pedalate
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.