Bike Economy: calano le vendite, cresce il fatturato

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Il 2022 si è chiuso con 1,7 milioni di bici vendute sul mercato italiano, più o meno le stesse del 2019.

Dopo il balzo durante il periodo covid, gonfiato dagli incentivi, l’inevitabile flessione: di bici classiche (ché definirle muscolari sapete proprio non mi piace), con un calo intorno al 15%.

Nel contempo, pur in un quadro complessivo in discesa, sono salite del 14% le vendite delle E-bike.

Che hanno un prezzo medio superiore (non sono le top di gamma da 15000 euro a fare i grandi numeri), e da qui un aumento del fatturato pur con le vendite in diminuzione.

Secondo i dati ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori), gli introiti generati dalla vendita delle bici a pedalata assistita nei negozi specializzati (che coprono quasi il 70% delle vendite), sommati a online e grande distribuzione sono pari a 3,2 miliardi di euro.

Anche volendo considerare l’aumento dei prezzi dovuto all’inflazione, è comunque un aumento superiore al 50% rispetto sempre al 2019.

E ha salvato il comparto.

Il calo di vendite, nei numeri, ha spiazzato aziende e negozi, tanto che in giro abbiamo molte iniziative promozionali (anche per aziende che mai vi avevano fatto ricorso) per smaltire le giacenze.

Se sul piano economico la filiera è appunto salva, grazie all’apporto delle E-bike, è comunque un dato che dovrebbe far riflettere chi con troppa leggerezza ha preso per buoni e duraturi i dati e le richieste nel periodo Covid.

Periodo che infatti in ogni analisi viene ormai bypassato, il riferimento è sempre al 2019.

Appurato che i bonus sono stati una scelta poco lungimirante, anche l’ANCMA inizia a cambiare registro e volge lo sguardo a soluzioni concrete.

Dichiara Paolo Magri, presidente ANCMA: “Riteniamo che sia giunto il tempo di passare dagli incentivi all’acquisto a quelli all’utilizzo; come associazione chiediamo di abbassare l’aliquota Iva sulle bici e sui prodotti della filiera: un intervento che, insieme alla promozione della culture della bici, può attivare processi virtuosi ben più strutturati ed efficaci degli incentivi all’acquisto”

Come, aggiungo io, ha fatto il Portogallo riducendo l’IVA al 6% (ne parlai in altro articolo) e come, a quanto sembra, l’attuale governo non è interessato a fare.

Ignorando non solo l’importanza economica del gettito generato dalla bike economy, ma chiudendo gli occhi dinanzi all’evoluzione europea.

E alle nuove scelte di mobilità degli italiani.

Rilevo sempre dai dati ANCMA che c’è stato il raddoppio delle vendite delle cargo bike.

Siamo ancora su numeri bassi, da 1500 siamo passati a 3000.

Ma la peculiarità delle cargo bike, veicoli da trasporto veri e propri e spesso scelti in alternativa all’auto o almeno per evitare di comprare la seconda vettura, significa una crescente volontà di mobilità sostenibile.

Del resto il fenomeno delle cargo bike, e già da anni sono disponibili a pedalata assistita ché quando trasporti i pupi è benedetta, è diffuso in tutta Europa con numeri maggiori. Da noi ha pesato la poca conoscenza, a cui accompagnare la poca disponibilità in negozio.

Ma non è tutto rose e fiori.

Oltre al calo numerico delle vendite complessive, preoccupa l’aumento dei prezzi nell’import di telai e componenti.

Sempre Magri infatti punta molto sul reshoring (il rientro delle aziende che avevano delocalizzato all’estero, come ha fatto Bianchi, per esempio), chiedendo politiche fiscali ed economiche capaci di agevolare questo processo.

E si interroga non solo sull’assenza di politiche volte a favorire l’uso della bici ma sul “nuovo corso” che le identifica nemiche.

Mie ultime considerazioni.

Noi siamo appassionati, guardiamo alla bici con occhi diversi. Tra noi c’è chi ama la strada, chi l’off road, chi le rando e così via.

Ma il mondo del ciclismo, il mondo che io definisco a pedali, è assai più vasto.

Le aziende non campano con gli appassionati, i numeri li fanno quelli che usano la bici per spostarsi o per svago.

Le ibride, da trekking, da città, da fitness, insomma quel tipo di bici lì. Che raramente superano i 1000 euro se prive di assistenza elettrica, da quest’anno la soglia si è alzata per cause diverse, ma più o meno ci siamo. Sono loro che hanno finanziato per anni la nostra passione.

E in questo quadro oggi si aggiungono le E-bike, marchiate col segno del demonio dagli intransigenti dell’ortodossia ciclistica, che sono il 20% del venduto. Del venduto totale però, ossia comprese le nostre amate specialissime.

E sempre le E-bike, numeri alla mano, hanno permesso ai negozianti e a tutta la filiera di vendita, di non finire sottosopra in seguito a previsioni del tutto sbagliate di vendite.

Prima di tirargli le pietre, pensiamoci.

Buone pedalate

COMMENTS

  • <cite class="fn">ANTONIO DANIELE</cite>

    Eh si, forse comincia ad affiorare l’idea che Bikeconomy non sia solo il fatturato del settore ma anche una economia che investe ampi ambiti produttivi quali energia, mobilità, turismo, ambiente, salute etc,. Una economia che magari spingerebbe in secondo piano l’interesse per la soppressione dei veicoli con motori a combustione interna e la conseguente questione sui carburanti eco o bio

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Presidé, l’idea era affiorata ma da qualche mese si sta facendo di tutto per annegarla…
      Comunque, a parte questo mio sconforto, hai al solito centrato un aspetto importante: l’integrazione tra i diversi ambiti.
      Ne parlerò fra una settimana circa, sarà un articolo forse complesso, forse noioso ma sono diversi mesi che ci lavoro perché ha richiesto lo studio di una quantità spropositata di studi e relazioni. Sono certo che a te piacerà, così almeno un lettore lo avrò…

      Fabio

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