Automobile, dobbiamo capovolgere tutto

Tempo di lettura: 2 minuti

No, non è un invito a scendere in strada e capovolgere le auto, non esageriamo: è l’idea stessa di auto che deve cambiare.

Auto che non ho mai identificato nel male assoluto, spesso è comoda ma troppo spesso indispensabile.

Su come non renderla indispensabile ho scritto in abbondanza in questi mesi, senza favoleggiare su utopici mondi irrealizzabili ma mostrando come esistano già gli strumenti, le idee e soprattutto siano già messe in pratica ai quattro angoli del globo.

Qui la rivoluzione copernicana che auspico è più filosofica, riguarda il nostro modo di pensare.

L’auto viene vista da troppi come un feticcio, qualcosa di cui essere orgogliosi, da sfoggiare persino.

Pochi si soffermano sulla schiavitù dell’auto, sull’essere costretti al suo utilizzo perché mancano alternative.

Ecco allora dove è necessario intervenire: ognuno non dovrebbe sentirsi deprivato dal non poter usare l’auto; dovrebbe sentirsi libero di non essere più obbligato al suo utilizzo.

Finché ogni provvedimento viene letto come una menomazione sarà difficile far accettare all’opinione pubblica la necessità degli interventi.

Che, tradotto, significa probabile perdita di consenso elettorale e questo lo può accettare solo un ceto politico culturalmente preparato: io al momento non lo vedo.

Mettiamo da parte la validità o meno sul piano tecnico delle auto elettriche e il flop italiano sui biocarburanti, tra l’altro ampiamente prevedibile, e guardiamo la cosa da altra prospettiva.

Chi tra l’opinione pubblica è contrario alla mobilità elettrica non lo fa per ragioni tecniche, ambientali, sociali: non vuole rinunciare al rombo del motore.

Si sente menomato dal non poter sgasare a tutta.

Ok, i motori piacciono pure a me, montati su due ruote e non su quattro ma sempre motori sono.

E ho sempre coltivato una sfrenata passione per i due tempi, il calcio nel sedere che ti dava una Gamma 500 all’entrata in coppia e tenerla in quel ridottissimo range di giri in cui sprigionava tutta la sua potenza (ma lo facevo in pista, non su strada) è qualcosa che ancora adesso turba i miei ricordi.

Ragioni tecniche e ambientali, che iniziavano all’epoca ad affacciarsi oltreoceano, indussero le aziende ad abbandonare quel filone.

Sulle prime non la presi bene, poi compresi le ragioni e, passatemi il gioco di parole, me ne feci una ragione.

Ma la moto per molti è come la bici, è passione: il fatto ti permetta di unire il punto A col punto B è solo un effetto collaterale.

L’auto per alcuni è passione, per la stragrande maggioranza mezzo di trasporto e basta.

Limitarne l’uso ha effetti pratici perché mancano alternative e su questo già mi sono espresso in precedenza. Che riassumo qui con la necessità di creare infrastrutture, potenziare il trasporto, creare le condizione per l’intermodalità.

Ma finché limitarne l’uso avrà risvolti psicologici sarà difficile attuare qualunque politica di mobilità sostenibile.

Eppure stupisce come troppi ancora non si rendano di come la qualità della loro vita sia fortemente compromessa proprio da questa schiavitù.

Durante la stesura dell’articolo sulle città 15 minuti ho consultato uno studio che certificava le ore perse ogni anno nel traffico.

Perse, perché nessuno può sostenere che star lì imbottigliato a respirare smog sia piacevole e utile.

Quelli di noi che hanno la fortuna o la perseveranza di non usare l’auto conoscono bene quanto sia più piacevole andare avanti e indietro con la bici.

Persino andare in Tribunale la mattina, attività che raramente mi crea piacere, se fatto in bici assume una altra valenza. Soprattutto al ritorno.

Mi sono speso molto sui vantaggi pratici e per la salute da usare come mezzo di convinzione di massa per abbandonare l’auto, vantaggi che noi conosciamo e che dobbiamo far conoscere agli altri.

Aggiungiamoci questa pillola filosofica, coniamo uno slogan del tipo “se non usi l’auto sei libero, è lei che ti rende schiavo” (che riconosco è deboluccio, magari qualche creativo può aiutare…) ma insomma, ci siamo capiti.

Non puntiamo all’abolizione delle auto: puntiamo a renderle sempre meno necessarie, per l’utilità e per l’ego.

Buone pedalate

COMMENTS

  • <cite class="fn">Daniele</cite>

    Ho sempre percorso pochi chilometri annui in auto per fortuna per via dei tragitti brevi, ma mi sono liberato della “schiavitù” giornaliera dell’auto (bike to work) da circa un anno.
    Mai scelta è stata più azzeccata nella vita, l’auto la uso ancora e la terrò ancora per necessità ovviamente, ma ormai la uso 1/3 di quanto avveniva in precedenza.
    Finite le code e lo stress conseguente, migliorato il fisico, migliorato l’umore, più tempo libero, divertimento ad andare e tornare dal luogo di lavoro, maggiore liberta di fare e visitare i luoghi che voglio (solitamente all’uscita dal lavoro), e come ultimo aspetto (ma in questo caso è vermanete l’ultimo) grande risparmio economico.

    Quanti anni sprecati in precedenza.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Daniele, il nocciolo della questione non è renderci consapevoli, noi ciclisti lo sappiamo già: piuttosto, come facciamo a farlo capire a quelli che o auto o morte?
      Boh…

      Fabio

  • <cite class="fn">massimilianomiselli</cite>

    Concordo pienamente sull’importanza dell’aspetto “sociale/filosofico”, aspetto per nulla considerato nelle varie discussioni sul come fare per passare a modalità di trasporto più sostenibili.
    In effetti se quelli che decidono di portare i propri figli a scuola in autobus o meglio ancora con il “piedibus” vengono considerati degli sfigati che non riescono ad assicurare “solo il meglio per i loro figli” (una delle frasi più idiote della storia, quasi come “uno vale uno”), bè allora sarà dura riuscire a modificare i comportamenti.
    E anche ora di piantarla di dividere le persone in pedoni, ciclisti, automobilisti, quasi fossero categorie dello spirito o congreghe religiose: siamo tutti un po’ di tutto, sono un pedone quando vado a piedi, un ciclista quando uso la bici ecc.
    Personalmente, sono 26 anni che vado a lavorare in bici, tutti i giorni, in estate con 40° e in inverno con la neve o con la pioggia, ma la domenica non rinuncio (se non esco con la gravel..) ad utilizzare l’auto, mi piace guidare, mi piace il brum brum del motore, mi piace andarmene al mare in auto con le mie canzoni preferite sparate sugli altoparlanti Bose…è solo questione di moderazione ed equilibrio senza fanatismi talebani.
    Certo posso permettermi di usare l’auto solo una volta o due alla settimana perchè abito a 5 km dal posto di lavoro, 4 dei quali di ottima pista ciclabile, ma chi abita nelle frazioni o case sparse fuori città ?
    La politica ha fatto, tra le tante, due cazzate gigantesche:
    1) una pianificazione urbanistica idiota per ovvi motivi che non sto qui ad elencare, permettendo edilizia residenziale dappertutto, senza considerare i trasporti casa/lavoro;
    2) le scuole: quando ero piccolo io non potevo scegliermi la scuola, ma dovevo andare nella scuola di quartiere, che avevo a pochi passi, senza che nessuno mi accompagnasse già a 7/8 anni, oggi no, le mamme, che vogliono “solo il meglio per i loro figli”, iscrivono i medesimi pargoletti a scuole distanti 10 km da casa e poi….via di SUV……
    ciao Fabio

    max

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Hai ragione da vendere Massimiliano, classifichiamo per comodità espositiva ma ognuno di noi va in bici, a piedi, auto, moto, alcuni lettori qui so anche col camion, per lavoro.
      Tu hai le condizioni ideali e la mentalità per usare la bici al posto dell’auto, e ricordo che quando parlo di mobilità non mi riferisco al nostro uso “passionale” della bici, ma chi non ha le prime difficilmente troverà la seconda.
      O se ha la seconda non ha le prime.
      E infatti, come giustamente dici, serve anche una chiara pianificazione, ne ho scritto tanto.
      Integrare, sia soluzioni pratiche che di mentalità e forse, dico forse, ne possiamo uscire.
      A noi che queste cose le sappiamo perché le viviamo, il compito di farle conoscere. O almeno provarci.

      Fabio

Rispondi a massimilianomiselli Annulla risposta