[Anteprima test] Wilier Adlar

La prova su strada
La prova su strada
In realtà avrei dovuto titolare “La prova in fuoristrada”, visto che oltre tre quarti dei chilometri li ho pedalati bel lontano dal bitume. Vabbè, conservo la tradizione.
Nell’introduzione vi ho accennato allo sconcerto inziale, sparito col passare dei chilometri e con il crescere delle difficoltà. Col senno di poi, dopo che l’ultimo giorno prima di rientrare ho avuto una breve presa di contatto con la Adlar in taglia inferiore, per capire meglio, posso confermare che la scelta di indicare una M per me è stata giusta e che lo stem troppo lungo montato sulla mia bici ha contribuito a quel senso di spaesamento che mi ha preso all’inizio.
Ma bisogna comprendere il contesto: bici arrivate in azienda nella giornata di lunedì, una ventina più o meno; bici pronte in Toscana già al mercoledì, qualcuno avrebbe cuore di lamentarsi per uno stem? Io piuttosto pensavo ai meccanici Wilier, all’enorme lavoro che si sono sobbarcati per far divertire noi. Si, ero li per lavoro, ma insomma, dai, mica sono andato in miniera…
Torno alla Adlar, perché via via che il tracciato scorreva veloce (compatibilmente con le mie gambe…) i dubbi iniziali sull’avantreno lasciavano il posto allo stupore per la sua efficacia. Cioè, proprio la zona che sulle prime mi ha reso titubante si è rivelata alla prova dei fatti la protagonista della facilità con cui ho potuto affrontare difficoltà notevoli in fuoristrada.
Un colpo di pedale, aiutato dalla corretta rapportatura del GRX 1x12v montato sulla bici in prova, un leggero tirar su della comoda piega Ritchey Comp Corralitos et voilà, ogni ostacolo scorre via come fossimo in velodromo. O quasi.
Soprattutto il primo giorno, quando ancora non sapevo quanto fidarmi di me e della bici, ammetto di aver tirato i remi in barca in alcune occasioni. Già il giorno successivo ho lasciato la Adlar libera di sfogarsi, affidandomi del tutto a lei.
Leggo spesso sui social persone che affermano di vedere ciclisti in gravel su percorsi da Mtb in evidente affanno.
Io posso ribattere di aver visto il contrario, perché difficoltà e passo sono stati degni di una ottima front, al netto degli ovvi colpi all’avantreno, assorbiti in sicurezza e con un poco di mestiere smorzati dal ciclista in sella: restano però nel mio cuore alcuni passaggi in velocità che francamente non mi aspettavo di chiudere senza volar via.
Nello stretto più insidioso ho pagato la lunghezza nella posizione di guida, ma, ripeto, ho verificato con una taglia inferiore e risolto il dubbio avessi indicato la bici sbagliata. Si, la Adlar è lunga, vero. Ma se valutiamo il reach, che in taglia M è 413mm (contro i 382 della Jena stessa taglia, per restare in casa Wilier) allora ci rendiamo conto che la scelta della taglia maggiore ha significato garantirmi la totale potenzialità della bici sul veloce, unita a un controllo eccellente.
Del resto i 70 gradi di angolo della forcella ben si sposano proprio con uno stem piccino, e anche per questo ho in mente di svolgere verifiche più approfondite con un mio test.
Compreso che l’avantreno mi ha colpito per facilità di guida affrontando difficoltà degne del mondo gravity, aggiungo che viaggiando veloci, sempre in fuoristrada, mostra una precisione direzionale degna di miglior causa.
Durante un mio girovagare tra i colli del Grossetano ho realizzato che non avevo la più pallida idea di dove fossi finito.
Scoperto che manco il telefono prendeva e quindi maps zero, ho voltato la bici e imboccato a ritroso parte del percorso. Così quella salita lunga e dritta che sotto il sole mi aveva fatto penare, in senso inverso si è trasformata in una vera e propria rampa di lancio su cui prendere velocità.
Incurante della ghiaia, dei massi affioranti, di qualche radice subdola: mani in presa dietro i comandi sfruttando l’ottimo controllo offerto dalla piega di serie, il senso di sicurezza delle leve freno perfettamente azionabili grazie all’ottimo lavoro svolto da Shimano sull’ergonomia di questo nuovo GRX, la forcella che ormai aveva smesso da giorni di impensierirmi sulla sua robustezza, un comparto ruote che aiuta la velocità, le gomme Pirelli Cinturato H che conosco bene da precedenti test (e meno male, almeno una cosa la conoscevo…) mi sono sempre più gasato, passando in velocità chiunque mi trovassi davanti.
Solo arrivato a un bivio di cui avevo memoria mi sono fermato e voltato a vedere per dove ero sceso: e ho realizzato che sono andato veloce (quasi) come fossi su asfalto. Ok, a sera le braccia erano distrutte ma volete mettere il gusto?
E se penso che il telaio della Adlar è studiato per poter ospitare una forcella ammortizzata…
E se penso avessi avuto uno stem ammortizzato…
Vabbè, ma il merito di certe velocità è ovviamente di tutta la bici, mi sono soffermato molto sull’avantreno perché è stato lui a scatenare la mia prima reazione dubbiosa, dovevo rendergli merito. E accettare di essere frettoloso nei giudizi persino io che mi vanto di ponderare con cura prima di parlare. Altra lezione di umiltà che questi giorni a Punta Ala mi hanno dato.
Infatti non nascondo nemmeno che vedere il carro basso sulle prime mi ha fuorviato. Sapete che è soluzione che non amo esteticamente, da uno che si è disegnato la sua bici in acciaio a congiunzioni un minimo di conservatorismo lo dovete accettare, ma ne riconosco le qualità tecniche.
Solo che poi mi vedo questa bici far bella mostra di sé con un (notevole, per qualità) set di portapacchi e borse, ed ecco che il diavoletto sulla spalla lì a dirmi “ah, sai quanto salti sullo sterrato…”.
Eh? Saltare? Gli unici salti sono stati quelli sui dossi, voluti e cercati perché al terzo giorno mi sentivo un biker provetto, ma per il resto un comfort pazzesco.
Una flessione che non sono riuscito a identificare bene se provenire dal reggisella o dal piantone (propendo per il primo) aiuta a tener giù in sicurezza la bici.
Però andando forte con le terga a sfiorare la sella vi posso assicurare che il retrotreno ha conservato una trazione invidiabile, al netto di qualche scodata (desiderata ma non cercata…) prendendo a tutta le curve strette.
Soprattutto col passare dei giorni e del tempo in sella alla Adlar (a proposito, la sella è comodissima) ho capito che la qualità maggiore di questa gravel è proprio la facilità di guida, il perdonare gli errori (miei, tanti) il mettere in condizione chiunque di affrontare anche il fuoristrada più duro senza timori riverenziali. Se non avessi una snobistica avversione all’uso delle lingue straniere, vi scriverei feeling di guida.
Ah, l’ho scritto…
La guida su asfalto è stata residuale in questa prima presa di contatto. Un poco per mancanza di tempo, un tanto perché con quell’enorme parco giochi che mi ritrovavo a portata di ruote, per me ciclista che vive in città, francamente ogni scusa era buona per mollare la strada.
Uh, di qui dice che c’è una osteria con la colazione per i ciclisti, andiamo a vedere! Toh, qui la freccia indica vino buono, chissà! Ops, ma forse non ho preso abbastanza appunti nel sottobosco, quella pineta sembra adatta!
Comunque, qualche salita e soprattutto la discesa, ma lo son fatta. In salita la Adlar si fa notare per comfort, leggerezza e una ottima risposta della (mia poca) energia impressa sui pedali. Però senza il confronto sulle mie salite di prova mi è difficile darvi una valutazione completa.
In discesa beh, praticamente una moto. Già al primo giorno, appena mi sono trovato un tratto di asfalto tutte curve io, che ero in coda al gruppo, non ci ho pensato su due volte e mi sono fiondato a tutta, finché passata anche la guida mi sono sentito sgridare come il discoletto che ero alle elementari. E vabbè, in bici torniamo bambini…
Per quanto riguarda la trasmissione Shimano GRX 1x12v montata sulla Adlar vale quanto raccontato nell’articolo dedicato.
Approfitto ancora un poco della vostra pazienza per le conclusioni.
Sono Fabio Sergio, giornalista, avvocato e autore.
Vivo e lavoro a Napoli e ho dato vita a questo blog per condividere la passione per la bici e la sua meccanica, senza dogmi e pregiudizi: solo la ricerca delle felicità sui pedali. Tutti i contenuti del sito sono gratuiti ma un tuo aiuto è importante e varrebbe doppio: per l’offerta in sé e come segno di apprezzamento per quanto hai trovato qui. Puoi cliccare qui. E se l’articolo che stai leggendo ti piace, condividilo sui tuoi social usando i pulsanti in basso. E’ facile e aiuti il blog a crescere.
Complimenti come al solito, sarà un’anteprima ma anche così a me pare una prova completa!
Detto ciò vorrei buttare lì un po’ di polemica….è possibile che una bici con telaio in carbonio ma con montaggio tutto sommato base (onesti cerchi in alluminio, trittico reggisella-stem-piega in alluminio, addirittura comandi e freni grx 610, cambio monocorona meccanico) possa costare 4.000,00 €? Con versione “base” che differisce sostanzialmente per il monocorona a 11v invece che 12v e costa comunque 3.700 €?
Detto ciò la bici sembra ben fatta, visto che hanno optato per il solo monocorona avrei puntato sulla compatibilità con forcellino udh e il movimento centrale filettato….per dare la massima facilità di manutenzione al cicloturista che vuole essere pronto a riparare tutto.
Ciao Lorenzo, sull’esemplare in prova c’è la versione 810.
Ma a parte questo, per dare un giudizio definitivo sul rapporto qualità prezzo mi servirebbe un test approfondito.
Si, ho percepito una enorme qualità e doti dinamiche eccellenti ma comunque in uso più limitato (seppure davvero gravoso) rispetto a quello a cui sottopongo le bici nei miei test. A mancarmi è stata la varietà dei percorsi, qui ho fatto per lo più fuoristrada davvero duro ed è andata alla grande; motivo per cui non ho avvertito la necessità di una doppia.
Ma sui miei percorsi di prova? Non lo so ancora.
Per questo non riesco a dare un giudizio globale, mi mancano troppi tasselli.
Certo, uno allora dirà: perché hai pubblicato allora?
Perché da giornalista sarebbe stato un errore da parte mia lasciarmi sfuggire questa occasione, eravamo in pochissimi a questa anteprima, seppure frammentarie ho raccolto abbastanza dati da supportare un articolo.
Per quel che ho visto, col prezzo siamo in linea, almeno su questa versione, considerando anche quanto offre il mercato nella stessa fascia.
Se poi il mio sospetto di essere davvero una bici capace di fare tutto e bene sarà confermato, beh, allora ci siamo.
Inoltre considero anche che questa è solo una delle bici in gamma gravel dell’azienda, quindi ci sta aver voluto operare scelte diverse. Fosse l’unica allora ok, l’impossibilità della doppia sarebbe un limite. Ma vista la scelta, ci sta.
Perché alla fine, lo dico da mesi e ne ho avuto conferma nelle scorse settimane, non conta definire e catalogare: conta avere ampia possibilità di scelta e questa Adlar è una ulteriore opzione a nostra disposizione.
Insomma, per un giudizio definitivo non posso sbilanciarmi senza il conforto dei miei percorsi; per adesso ha di sicuro accresciuto la mia curiosità.
Fabio