Shimano XC5

La prova su strada

Tempo di lettura: 11 minuti

La prova su strada

Rispetto alle sorelle MT7 da poco recensite, queste XC5 sono scarpe più specialistiche, pur conservando una ottima polivalenza.

Questo ha semplificato il mio lavoro, seppur di poco, perché come ripeto spesso i test più difficili sono sempre quelli dove hai infinite possibilità di utilizzo. Qui proprio infinite non sono, ma ci andiamo abbastanza vicino.

La XC5 si propone ai ciclisti come scarpa multisuperfice, adatta al fuoristrada, al gravel e al turismo avventuroso; io ho ampliato il concetto aggiungendo il bitume in uso quasi sportivo e qualche divagazione tipicamente urbana. Si lo so, sono bravo a complicarmi la vita.

Tre le bici convocate e altrettanti pedali. Il lavoro maggiore se lo è accollato la London Road in configurazione da fuoristrada, mentre Elessar e la B’Twin Triban 520 (in prova negli stessi giorni) si sono alternate su strada, dividendosi il turismo, l’urban e la conduzione sportiva. I pedali sono stati tutti con aggancio: gli Shimano Pd 545, i miei Deore vintage che a distanza di tanti anni funzionano ancora perfettamente e infine i Rose Duo Plus, pedale doppia funzione ma usato quasi esclusivamente dal lato con aggancio durante questa prova su strada. Solo in alcuni passaggi in fuoristrada, con terreno pesante a causa delle piogge, ho preferito sganciare e avvalermi del lato flat sfruttando un appoggio di pianta per tenere la bici piantata al suolo.

Infiliamo le scarpe e partiamo. Come detto nel paragrafo precedente, Shimano vuole un numero in più rispetto alle scarpe civili. Io che calzo normalmente il 42 ricorro sempre al 43. Quindi, mi raccomando, fate sempre riferimento alla taglia in cm.

La calzata è assai comoda, la linea affusolata la snellisce ma c’è tutto lo spazio che serve. Inoltre la tomaia in pelle sintetica è morbida: accompagna la forma del piede senza costringerlo.

Ero sicuro che sotto questo aspetto non mi avrebbero deluso; però la prima cosa che mi premeva capire era l’efficacia della tecnologia Dynalast. Una esagerazione o effettivamente la differenza si sente?

Si sente, eccome se si sente. Tutta la pedalata risulta bella rotonda, come piace a me. Ma è sempre possibile che uno si suggestioni, un effetto placebo creato dalle dichiarazioni lette. Così ho deciso di complicarmi l’esistenza abbassando leggermente la sella, manovra questa che limita notevolmente l’efficacia in fase di risalita. Sia perché rende il movimento più faticoso e sia perché non permette alla caviglia di ruotare in modo corretto.

Ho provato, sperando di esserci riuscito, a catturare i movimenti salienti in questa coppia di immagini; dove si nota come, malgrado l’estensione della gamba non sia quella ottimale, la fase di trazione non ne risulta pregiudicata e quella di spinta paga la non perfetta posizione del piede causata dall’altezza sella errata.

Ovviamente ripristinando la giusta altezza sella tutto è stato perfetto. Perché allora questo test? Perché quando tutto funziona bene, molto bene, è sempre difficile sviscerare ogni dettaglio. Ponendomi in una condizione sfavorevole ho potuto comprendere meglio la reale efficacia di questa tecnologia Dynalast. Di cui non beneficiano solo le XC5 ma tanti altri modelli di calzature Shimano, compreso le top sportive RC9.

Ma siamo nel test delle XC5, quindi non divaghiamo.

La tomaia si è visto è fittamente forata, per offrire ventilazione e traspirabilità.

Quasi tutto il fianco sfrutta questi simpatici ovali disposti secondo un disegno simmetrico; meno visibili sulla versione nera, spiccano su quella grigio chiaro donando una certa aggressività senza perdere eleganza. Valutazione estetica, quindi soggettiva. Quella oggettiva invece è l’efficacia, che si è rivelata eccellente. Anche troppo nei mesi invernali. Alcune uscite le ho svolte con temperatura esterna di 5/6 gradi e avrei dovuto indossare i copriscarpe. Ma non essendo una scarpa invernale non posso inserirlo nella colonna dei difetti.

L’impermeabilità invece un poco ne esce compromessa; i fori non sono liberi, c’è uno strato di leggero tessuto a rete molto fitta. Ma non una vera e propria membrana, quindi alla lunga il piede si bagna. Nulla di più e nulla di meno rispetto a una qualunque altra scarpa non specifica per la pioggia, quindi anche qui non posso annotare tra i difetti. Solo riportare la notizia, per fornire a voi ogni elemento di valutazione, se cioè possa fare al caso vostro.

Il sistema di chiusura con i lacci, un vecchio stile aggiornato però con la tecnologia MPS, mi è piaciuto per diversi motivi.

Anzitutto perché mi ha riportato indietro ai tempi dei miei scarpini Vittoria; ma questo riguarda solo me, poco interessante per voi. Mi sono piaciuti i lacci perché hanno permesso una precisa regolazione della calzata, non si sono mai allentati e mai hanno perso la loro sede di sicurezza (quella fascetta elasticizzata vista nel paragrafo precedente) nemmeno nelle manovre più convulse. Nessun pericolo di impigliarsi nella trasmissione, quindi.

Certo, rispetto a un sistema a cricchetto o, meglio, il BOA et similia a cui Shimano ricorre per molti modelli, i lacci pagano dazio in rapidità di chiusura e possibilità di variare la compressione stando in sella. Ma sono decisamente meglio delle strisce in velcro (tra l’altro le ho sempre trovate brutte) e alla fine visto il tipo di utilizzo non ho sentito la necessità di meccanismi più sportivi, chiamiamoli così. Nemmeno la necessità di accomodare la scarpa durante i lunghi, penso sia successo grazie alla morbidezza della tomaia che, pur senza essere cedevole, non mi ha mai fatto sentire il piede costretto sotto sforzo; così come hanno fatto i lacci e il sistema MPS. Insomma, a conti fatti, la scelta della chiusura a lacci mi appare in linea e priva di limitazioni pratiche.

Il disegno del battistrada non ha uno sviluppo esagerato in altezza, l’effetto carro armato è scongiurato; e sarebbe stato pure poco intonato alla scarpa. La disposizione delle tacchette è giusta per il fuoristrada, anche quello con terreni pesanti dove si è costretti a scendere di sella e piantare le suole nel fango. L’accumulo è modesto, bastano due colpi su una superfice rigida e quello che è rimasto si stacca via. Tranne quello accumulato intorno le tacchette Spd, ma lì c’è poco da fare, con qualunque scarpa.

Il test del monticello reso viscido dalla pioggia è stato superato senza problemi, così come la corsetta su pratone bagnato.

Comunque è sempre possibile aumentare la presa montando tacchette da fango in punta.

Ma ancora non siamo del vivo del test su strada, anzi in fuoristrada. E’ il momento di pedalare per davvero.

Affrontando sentieri battuti, dove quindi non si salta tantissimo e si riesce a rimanere poggiati sul sellino, si va via che è un piacere.

La scarpa asseconda perfettamente la pedalata agganciati, offrendo una buona spinta malgrado la suola sia a poco dopo metà scala di rigidità; e permettendo una perfetta trazione grazie alla tecnologia Dynalast che abbiamo visto prima.

E fin qui nulla che non mi aspettavo; così ho voluto ripercorrere gli stessi sentieri martoriati da una pletora di piccoli avvallamenti ravvicinati che mi avevano rivelato l’unica condizione sfavorevole durante il test delle Shimano MT7.

Una situazione in cui si pedala a filo sella, magari arretrando un poco se è discesa, per evitare dolorosissimi contraccolpi e lasciare alle gambe il compito di ammortizzare e tenere la bici in traiettoria.

Ed è una situazione che impone molta pressione sui pedali, a volte variandola per accompagnare il movimento della bici; e dove una suola troppo morbida inevitabilmente mostra i suoi limiti, facendoti avvertire netta la pressione dell’insieme pedale/tacchetta.

Ma, come avevo già avuto modo di anticipare nel test delle sorelle MT7, qui è andato tutto perfettamente. Il merito senza dubbio alla suola con la sua placca in fibra di carbonio, che ha impedito al pedale e alla tacchetta di infastidire durante la guida.

Ed è un pregio che ho sfruttato spesso, perché in fuoristrada si pedala sovente in piedi. Non solo per ammortizzare con le gambe ma per garantirsi lo scatto per superare la pendenza o superare l’avvallamento. Il connubio tra il rinforzo in zona tacchette e la buona rigidità dell’intersuola mi hanno permesso sempre una azione efficace; pure troppo perché spesso sono dovuto scendere di sella perché il copertoncino non aveva trazione e mi slittava nell’affrontare le asperità più impervie.

In alcuni tratti più scabrosi ho preferito sganciare, perché la bici slittava da tutte le parti e così mi sono ritrovato ad apprezzare l’ottima tenuta sul pedale anche senza sfruttare l’attacco. L’estensione della piastra di rinforzo non è elevata e il pedale trova subito la parte in gomma su cui far presa. Il piede così non mi è scivolato mai, sia usando pedali doppia funzione (che, ammetto, sto rivalutando…) che Spd nudi, questi ultimi sempre più problematici quando si cerca presa senza agganciare.

Quindi, in definitiva, in fuoristrada queste XC5 hanno mantenuto tutte le promesse. Gran comfort, piede mai costretto, suola eccellente, rinforzo in zona tacchette efficace, buona tenuta a piedi e solo su terreni pesanti si sente l’esigenza di avere più grip in punta; ottenibile montando tacchette da fango.

Questa però non è solo scarpa da fuoristrada, seppure direi che il suo uso prevalente è in mezzo alla natura. E’ scarpa multisuperficie, che per me ha significato portarla a zonzo mentre facevo il turista con la mia Elessar, impegnarla in una condotta allegra in sella alla B’Twin Triban 520 in prova e scoprire anche una insospettabile vocazione urban

Partiamo dal turismo.

In questa test, così come ho fatto con le MT7, non mi sono concentrato sulla prestazione. Quindi giri lunghi ma dove il banco prova doveva essere il comfort dopo molte ore, non l’efficacia nella pedalata.

Doveva; io sono bravissimo a stilare liste di buoni propositi, poi mi date una bicicletta e torno il ragazzino di un tempo. Non nelle prestazioni, andavo decisamente più forte da giovinetto, ma nello staccare il cervello si. Se poi la bici è sua maestà Elessar che, a dispetto dell’aria aristocratica, dei chili di cromo e acciaio e degli orpelli luccicanti, ha una notevole efficacia nella condotta sportiva, ecco che tutti i coscienziosi protocolli di prove elaborati con cura vanno a farsi benedire.

Però ogni tanto rinsavisco e torno al dovere; già, questa storia dei test e che devo pedalare per dovere forse dovrei rivederla. Comunque, torniamo sul pezzo.

Il comfort dicevamo: secondo voi? Appunto. La suola Michelin, con la sua mescola che ammortizza (pedali Spd con gabbia, quindi questa a contatto con la suola), la già apprezzata piastra in fibra di carbonio, la tomaia confortevolissima, la chiusura coi lacci mai costrittiva, la soletta interna dal preciso taglio anatomico, l’ottima traspirabilità: tutti hanno concorso a farmi pedalare in assoluta comodità.

La tecnologia Dynalast ha avuto modo di farsi notare su strada ancor più che in fuoristrada, dove, oggettivamente, non fai poi tanto il passista.

Trazione sempre perfetta, spinta abbastanza efficace. E ci metto l’avverbio perché, alla fine dei giri, mi veniva di confrontarla con una scarpa sportiva stradale. Che vanta suola più rigida nonché, tutt’altro che secondario, maggiore superfice di appoggio grazie ai pedali stradali e relativa tacchetta.

Il pedale Spd, lo sappiamo, non è il massimo nella conduzione aggressiva. Paga scarsa area di pressione, molto concentrata. Cosa che si traduce, di solito, in minor resa e maggior affaticamento (molta pressione esercitata su una zona ristretta) tanto che il formicolio alle dita del piede non è infrequente.

Probabilmente l’intersuola, probabilmente la piastra di rinforzo, probabilmente la struttura tutta della scarpa, ma io formicolii non ne ho avvertiti.

E questo mi ha portato ad ampliare il test con una prova inizialmente non prevista. Sulle prime, all’arrivo di queste scarpe, avevo segnato sul mio notes qualche uscita con l’ammiraglia sportiva. Poi, ragionandoci, mi ero reso conto che sarei andato troppo oltre quanto sarebbe stato lecito chiedere a una scarpa come questa Shimano XC5.

L’arrivo delle B’Twin Triban 520 quando questo test si avviava alle battute finali mi ha fatto ritornare sui miei passi. Perché la Triban 520 non è una sportiva estrema, perché il suo pubblico di riferimento potrebbe preferire pedali Spd invece di più corsaioli pedali con tacchette a tre fori, perché la bici ben si presta ad uso turistico, dove queste scarpe hanno mostrato di eccellere.

In realtà era divagazione che potevo risparmiarmi perché le uscite con Elessar, che vi assicuro può essere condotta con piglio garibaldino, già mi avevano fornito dati a sufficienza. Però con sua maestà ho pedalato sempre con i PD-545, quindi pedali con gabbia; che offrono quel plus di appoggio che sempre fa comodo. La Triban 520 in quei giorni era equipaggiata con pedali Spd nudi, quindi piuttosto che invertire pedali da una bici all’altra o preferito cambiare direttamente bici. Anche perché o conduco i test insieme, raccogliendo nelle stesse uscite dati su più cose, oppure il ritmo di pubblicare un test a settimana non potrei tenerlo.

Con la economica (per prezzo di acquisto) francesina ho pestato forte, mi servivano uscite più per lei che per le scarpe. E così, anche con pedali Spd nudi, ho potuto avere conferma di quanto già avevo avuto modo di verificare. Gran confort, ottima mobilità della caviglia, efficace pedalata rotonda e spinta superiore a una scarpa tipicamente da Mtb in uso stradale. Qualche cedimento nella zona posteriore, che pedalando come fossi calzato con scarpini sportivi, mi ha rimandato una zona tallone che avrei preferito più rigida. Ma siamo, appunto, ben oltre quanto richiesto a una scarpa come questa e, come detto anche in altri test, quando mi trovo a travalicare i limiti portando il paragone oltre i confini di utilizzo, questo deve intendersi come un merito. Fa benissimo quello per cui è progettata, e io allora decido di alzare l’asticella.

Ultima situazione in lista: il ciclismo urbano. Vuoi per il look, vuoi per i lacci (la mia preferenza, si è capito dalle foto, per quelli arancio), vuoi per l’aria retrò, vuoi per la comodità anche scesi di sella, ma io ho deciso di usarle anche in città, con abbigliamento informale. Anche se pur sempre tecnico, come i jeans Vaude Larvik recensiti tempo addietro e la sempre utile giacca ad alta visibilità Proviz, anche essa protagonista di un suo test.

 

Del resto ci sono scarpini da running con suole alla vista ben più invadenti; queste, soprattutto nella discreta versione nera, a un occhio poco allenato possono apparire né più né meno come semplici scarpe sportive, indossate tutti i giorni.

Ora non fraintendete; non sono scarpe da uso quotidiano, come le sorelle Shimano MT7. Qui camminando la tacchetta Spd montata si sente e, complice l’altezza del battistrada non particolarmente pronunciata, i contatti al suolo ci sono. Con il conseguente clack clack e la necessaria accortezza transitando su superfici scivolose.

L’icona urban sulla scheda tecnica di queste XC5 non c’è, quindi probabilmente nemmeno avrei dovuto preoccuparmi, fermandomi prima. Ormai sono in sella, pedalo.

E finché pedalo va tutto a meraviglia; le due situazioni più importanti nella marcia urbana e cioè velocità di sgancio e tenuta piede a terra sono state risolte in scioltezza. La camminata a piedi ha mostrato i suoi limiti; va bene, ma su brevi distanze e attenzione al bagnato…

La limitata altezza del battistrada è stato il pregio e il limite in uso urbano: è garante di uno sgancio veloce senza che il pedale intralci la manovra urtando e al tempo stesso colpevole di qualche contatto di troppo tra tacchetta e pavimentazione. Quindi, considerando la vocazione non prettamente urbana (per non dire manco prevista…) direi che abbiamo scoperto una qualità in più piuttosto che un limite.

Bene, mi sembra che abbiamo raccolto una più che sufficiente mole di dati, quindi possiamo voltare pagine e andare alle conclusioni.

COMMENTS

  • <cite class="fn">Mattia</cite>

    Buonasera,

    sarei interessato a questa scarpa, ne farei un uso tutto fare (strada per uscite sportive e cicloturismo con bici da corsa.
    leggendo la recensione credo sia la scarpa che cerco.

    Solo due dubbi, hanno la pianta larga? La maggior parte delle scarpe provate nei negozi mi risultano strette.

    Normalmente porto un 42.5 (scarpe da running) equivalente a 27 cm, muoversi su un 43 (27.2cm) potrebbe andare o meglio un 44?

    Grazie.

    Mattia

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Mattia, bisognerebbe capire cosa intendi per pianta larga.
      Shimano in questa gamma usa forma più confortevole, mai stretta come uno scarpino sportivo. Diciamo che la forma è “regular”, analoga a scarpe civili.
      Per la tg fai riferimento ai cm e non al numero.
      Devi provarle, sennò non ti ci raccapezzi.

      Fabio

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