Ruote Shimano RS 770

La prova su strada

Tempo di lettura: 9 minuti

La prova su strada

Vi ho già detto che i test delle ruote sono sempre i più difficili? E che bisogna isolare i componenti in prova?

Si? E vabbè, mi sa ha ragione mia figlia quando mi rimprovera di ripetere sempre le stesse cose. Mi rimprovera anche di tanto altro, ovviamente.

Sicuramente vi avrò anche già detto che i test sono noiosi, non è come uscire in bici per proprio conto. Verifiche, soste continue, manovre identiche ripetute innumerevoli volte.

Poi ogni tanto ti imbatti in un test divertente (in questi tempi più del solito, ho selezionato bene…) anche da svolgere. Già, con le Shimano RS 770 mi sono divertito, sin dai primi metri.

Son ruote piacevoli da usare, ti lasciano un senso di soddisfazione, di aver scelto bene. Ok, io proprio scelte non le ho, mi sono arrivate, le recensisco. E se prima di installarle sulla Mystique, per poi passarle sulla Trek Checkpoint Alr e infine sulla Ribble da endurance (arrivo piuttosto recente, chiamata a dar manforte nei test) usate per la prova stavo lì a farmi mille problemi su come isolarle efficacemente, una volta a zonzo sempre più spesso ho lasciato perdere test e prove per godermele, senza pensieri. Quasi, il notes era sempre con me. Però a volte diciamo che preferivo dimenticarlo.

Prima di addentranci nel comportamento su strada ultima notazione.

Come scritto nell’introduzione, anche questo test va in onda in forma ridotta nella sua parte fotografica. La trasferta per le immagini in azione con queste ruote installate sulla Trek e poi sulla sportiva è saltata per le ragioni che tutti conosciamo. Quindi posso solo “riciclare” quelle con la Mystique e qualcuna da fermo con la Trek, scattate prima inziasse il blocco agli spostamenti. 

E ora pedaliamo insieme.

Molte le caratteristiche capaci di far felice un appassionato, proviamo a descriverle.

Tenendo presente che una ruota è composta di più elementi ma sempre devono lavorare insieme per ottenere quella che io chiamo armonia. 

Non puoi prendere un mozzo e basta, dovrà essere in simbiosi con il tipo di raggiatura, il cerchio dovrà andar d’accordo con tutti e così via.

In tanti anni di vita sui pedali ho usato non so più quante ruote; poche mi sono rimaste nel cuore, una di queste era la Shimano C24, serie 7900. La vecchia  Dura Ace, con corpetto 10v per capirci.

Ruote le C24, per forza torna la parola, dall’armonia perfetta. Solo la pista frenante avrebbe potuto dare di più, ma pedalarci era una goduria. Al momento di configurare la mia bici da corsa personale fui a lungo indeciso se prendere le C24 serie successiva o puntare solo sulla leggerezza seppure a discapito della resa globale, ossia in ogni situazione. Scelsi questa seconda via, volevo una bici da salita e basta, poco mi interessava il resto. Adesso forse farei una scelta differente, anche per via di questo blog che richiede un “parco bici” vario per poter gestire i test.

Però ho queste RS 770 che sopperiscono; già, perché con poche differenze ho trovato qui, sulle RS 770 tutte le belle sensazioni che mi davano le C24 7900; senza il limite della pista frenante, abbiamo i dischi 😀

Parto dal cerchio.

La lavorazione ad onda non tutti la amano, io la trovo elegante. E soprattutto permette di alleggerire il cerchio senza rinunciare ai vantaggi del profilo medio basso, secondo me il migliore per una ruota polivalente.

Certo, un 50mm una volta lanciato ti da un bell’aiuto, innegabile. Ma per tenersi bassi col peso si deve ricorrere a materiali nobili e costosi, il prezzo finale non è alla portata di tutti.

Come non è alla portata di tutti la guidabilità, in tanti si spaventano per le reazioni imprevedibili in presenza di vento laterale.

Il profilo della RS 700 è invece esente da limiti, non offre resistenza al vento che ci investe da destra e sinistra; le ruote fendono l’aria davanti a noi con decisione, garantiscono quell’apporto aerodinamico che carica e rende preciso l’avantreno, senza mai appesantirlo.

I mozzi vantano una scorrevolezza perfetta. La tecnologia a coni e sfere (qui ingabbiate) viene erroneamente ritenuta una soluzione per mozzi economici.

In parte è vero, ma solo se parliamo di ruote che costano meno di un copertoncino appena decente.

No, la tecnologia a coni e sfere richiede una lavorazione accuratissima, non c’è il cuscinetto sigillato a metterci una pezza, diciamo così. Non puoi fresare la sede, lasciare quel tot di tolleranza per l’inserimento del cuscinetto e affidarti a lui.

Con coni e sfere devi avere piste di scorrimento perfette, lavorate e calibrate al millesimo di millimetro; coni dalla lavorazione altrettanto accurata; un sistema semplice per la regolazione.

Tutte caratteristiche che qui, sui mozzi delle RS 770, ho ritrovato.

E che mi hanno ricordato perché ho sempre preferito questo tipo di mozzi. Come appena detto, se non avessi puntato tutto sulla leggerezza estrema nel configurare la mia bici da corsa personale, lì adesso girerebbero le Shimano DA C24, come era sulla sorellina che l’ha preceduta. 

Rispetto a un mozzo a cuscinetti sigillati la capacità di adeguarsi alle forze che agiscono sulla ruota, soprattutto in curva, è decisamente migliore, manca la compressione laterale cui sono soggetti i cuscinetti industriali. 

E’ differenza che ogni ciclista avverte? No, non credo. Una ruota top a cuscinetti sigillati gira bene, poco da fare.

Però si abbia o meno la sensibilità di percepire qualcosa, non significa che questo qualcosa non ci sia.

E soprattutto non significa che sul lungo periodo il cuscinetto sigillato non accusi lo stress. Per fortuna su ruote di alta fattura il problema si presenta dopo molti anni, quindi la vita utile è garantita. 

E perché allora tantissime ruote al top e dai prezzi proibitivi usano cuscinetti sigillati? Anzitutto perché, come detto, se tutto è di alta qualtà, è tecnologia che funziona bene; e poi perché, diciamolo, fresare un mozzo per ricavare la sede cuscinetto (che deve avere sua tollerenza altrimenti il cuscinetto non entrerebbe, ma spesso è proprio questa tolleranza la causa dei problemi) ha un costo industriale assolutamente più basso rispetto alla lavorazione di un eccellente mozzo a coni e sfere. Se magari questo “risparmio” venisse girato anche a noi ciclisti, sarebbe simpatico…

Un ciclista meno attento ai dettagli e più propenso a pedalare e basta (saggia condotta, direi…) apprezzerà la scorrevolezza. Del perché e del per come potrà tranquillamente fare a meno.

Il punto debole di questa tecnologia non è nella tecnologia stessa ma nelle nostre mani. 

Vero che ormai i materiali e le lavorazioni sono perfetti, tocchi questi mozzi una volta l’anno ed è pure troppo. Però se la tecnica di regolazione è semplicissima, la sensibilità, l’esperienza, la capacità di “sentire” quanto stringere o mollare richiede tempo per essere affinata.

Facile che un ciclista inesperto possa peggiorare le prestazioni del mozzo sbagliando regolazione. Sui mozzi per QR di casa Shimano c’era e c’è da tempo una tecnologia, denominata Digital Cone Bearing Adjustament System, nome lunghissimo per indicare un sistema basato su una lavorazione zigrinata di asse e cappuccio: una chiave a brugola da 5 e in pochi secondi regoli, senza margine di errore. Perfetta anche per annullare la naturale compressione dei QR.

Qui, con ruote e perno passante, abbiamo la regolazione classica, a coni da avvitare e svitare. Farlo è semplice, farlo bene no. Quindi nel dubbio, rivolgersi a personale esperto. Nel paragrafo precedente vi ho indicato un articolo della sezione officina dove trovate spiegata in dettaglio la procedura. Ma in un articolo puoi spiegare la tecnica di una operazione, non descrivere le sensazioni dell’attrezzo tra le mani. E quella si acquisisce con l’esperienza. Anche se, rilevo, sbagliare con questi mozzi è davvero difficile, “sentono” le regolazioni, e questo aiuta alla familiarizzazione in tempi decisamente brevi.

Proseguiamo con la ruota.

Mozzo e cerchio devono essere tra loro collegati e a questo provvedono i raggi; quante ne so, eh? 😀 

Scherzi a parte, numero e disposizione dei raggi determinano pesantemente il comportamento globale di una ruota.

L’anteriore coi suoi 24 raggi incrociati in seconda offre rigidità senza pagare dazio sul piano del comfort, sempre elevato.

La posteriore mi ha sorpreso, credevo avrei accusato flessioni o, peggio, l’effetto stantuffo rilanciando decisi fuori dalle curve e invece niente: stabile e precisa.

Come riportare tutte queste valutazioni, che sono comunque teoriche, su strada?

Dividendo nelle tre situazioni tipo: pianura, salita e discesa.

Viaggiando in piano il peso di una ruota è relativo; anzi, una volta presa velocità può aiutare (senza eccessi) trascinando la bici. Ma ciò che serve realmente sono scorrevolezza ed aerodinamica.

Due caratteristiche che le RS 770 offrono a piene mani. I mozzi ruotano con facilità disarmante, bastano poche ore di rodaggio e dispiegano tutte le loro potenzialità.

Il profilo medio basso non risente del vento laterale, fende l’aria deciso e assicura quel supporto necessario quando per qualche motivo si abbassa la cadenza e serve riprendere velocità, per esempio perché stiamo bevendo. Allo stesso tempo rilanciano svelte, due colpi di pedali e riprendi il gruppo, riposandoti in scia senza necessità di intervenire più di tanto per conservare il passo.

Non sono amante della pianura, lo sapete; come sapete che non ho gamba tale da tenere in piano ritmi elevati, per questo preferisco la salita e poi la discesa per mettere alla frusta i componenti.

Però già su strada “neutra” ho scoperto la caratteristica più bella di queste ruote: la loro capacità di farti prendere subito velocità. Senza sforzo. Inziate a capire adesso perché mi sono piaciute tanto?

Il tutto accompagnato sempre da gran comfort, le ruote assorbono bene le asperità senza mai mostrarsi flaccide.

In salita ero pronto a soffrire, la bilancia non riserva a queste ruote posto nel pantheon delle leggerissime.

Dire che il peso non lo avverti no, non posso. Ma come sempre più spesso accade con ruote ben fatte, è limite che ravvisi solo quando la salita è davvero impegnativa e tu ormai non ne hai più.

Salendo regolari, di passo, oltre al comfort di cui ho detto (che significa meno energia sprecata per noi) colpiscono ancora una volta la scorrevolezza e la reattività, degna di ruota ben più rigida.

Il profilo diventa meno influente, almeno per chi come me sale con calma, mentre la regolarità diventa preponderante.

Una ruota che si assesta sul passo questa RS 770, non chiede di essere continuamente rilanciata per tenere il ritmo, ti aiuta se hai quel breve tratto dove la pendenza sale; e ti segue pronta in quel segmento che spiana e tu cerchi velocità per affrontare la successiva pendenza.

Emerge più che in pianura questa bella caratteristica per cui riesci a variare ritmo rapidamente, senza inerzia da vincere.

Beh, è qualcosa che magari non ti fermi a rifletterci mentre pedali ma una volta a casa si, pensando a come sei andato meglio. 

Alzarsi sui pedali è ugualmente efficace, c’è prontezza di risposta, nessuna flessione della ruota posteriore a destra e nemmeno a sinistra, quella con pochi raggi.

Nessun rumore, i raggi mai entrano a contatto.

Se hai gamba ti godi solo il fruscio dei raggi piatti che tagliano il vento; se non hai gamba ti godi solo le ruote.

E poi viene la discesa, il terreno che temevo più della salita perché, per quanto fossi a suo tempo innamorato delle C24 7900, rilanciando veloci fuori dalle curve strette qualche indecisione c’era, un ondeggiamento che sporcava la manovra.

Sparito con le RS 770; un minimo nelle curve a destra, strette, se la velocità cala repentina e a bici ancora inclinata ti alzi e scendi veloce tre rapporti pestando forte. Non succede nelle curve a sinistra.

Ma è situazione limite, siamo su manovre estreme che è meglio non cercare, soprattutto se la visibilità in uscita è scarsa. Oltre a essere manovra oggettivamente pericolosa, meglio sempre attendere che la bici sia in linea prima di rilanciare. Lo faccio solo per andare oltre il limite, per scoprire ogni minima imperfezione. Nell’uso normale, anche molto concitato, non emerge alcunché.

Per il resto, che sia discesa veloce o poco inclinata, che siano curve strette o larghe, la precisione è ineccepibile,

Traiettoria precisa, pulita, nessun tentennamento. E se la bici ha avantreno leggero, svelto, l’aerodinamica aiuta molto a tenere la ruota anteriore ben carica. Con gomme all’altezza c’è da divertirsi.

Io le ho usate sempre in configurazione con camera d’aria, barattando quella linea di comfort in più che la soluzione tubeless mi avrebbe garantito con la praticità. Spesso ho cambiato copertoncini per strada, durante i test; farlo con tubeless latticizzati è improponibile.

Le discese più veloci le ho registrate con le Vittoria Terreno Zero, che saranno pure gomme gravel ma su asfalto rendono che è una meraviglia. E il superiore appoggio garantito dalla maggior sezione oltre a un grip commovente hanno portato la Mystique, che proprio un fulmine non è, a livelli inattesi. 

Quando le ruote sono passate sulla Trek il livello globale è salito ancor più, merito di un eccellente telaio. Vagando ancora sulle bici hanno girato pure su telaio sportivo da endurance, esaltandolo. A riprova che buone ruote “fanno la bici” ben più del telaio. 

Però non mi sono accontentato, ho voluto trascinare queste Shimano RS 770 anche in fuoristrada, uso gravel.

Dove la gommatura diventa fondamentale per poter spingere, se non hai grip capisci nulla delle ruote.

Per fortuna ho potuto contare su un buon assortimento di coperture adatte a ogni condizione, riuscendo a racimolare dati interessanti.

Anzitutto il comfort di marcia, che si è confermato di ottimo livello qualunque gomma abbia usato. 

E poi la robustezza, a causa del maltempo ho trovato i miei circuiti di prova particolarmente malandati, con profondi affossamenti lì dove qualche settimana prima viaggiavo liscio e spedito.

Colpi, botte, salti involontari (nel senso che l’affossamento non lo vedevo, che figura…) tutto assorbito in scioltezza e senza un clack che fosse uno.

Verso la fine dei test in fuoristrada ogni tanto ho avvertito un leggero gioco nella ruota libera, come se i cani non innestassero pronti. Forse sporco penetrato, non so, è tutto chiuso.

Il peso non è mai stato un problema, mentre a causa della velocità più modesta il profilo della ruota è stato ininfluente.

Così come in strada, anche in fuoristrada è emersa sempre questa capacità di riprendere velocità in un attimo. E visto che in uso gravel i cambi di ritmo sono continui, a causa del tracciato che impone rallentamenti, posso tranquillamente affermare che sono ruote perfette anche per allestire una gravel sportiva. Il loro unico limite in questa scelta è il canale da 17, che seppure a tabella Etrto viene dato per gomme sino a 52, sul sito Shimano si consiglia di non superare i 38mm. Ovviamente non si scende sotto i 25, e in questo concordano ETRTO e i giappi.

Una volta tanto non ho seguito alla lettera le prescrizioni ufficiali, montando 700×40. Tutto perfetto. Ma non facciamolo sapere all’azienda sennò si arrabbia con me…

Maltrattate senza troppi riguardi, perché curo tutto ciò che mi viene affidato ma non significa che risparmi loro qualcosa, ho verificato tensionamento e centratura, sia laterale che radiale. Identico, tutto, a quando me le hanno consegnate.

L’unico limite emerso è di natura estetica; la laminatura in carbonio regge bene, non si graffia con facilità.

Non altrettanto la zona esterna, la finta pista frenante chiamiamola così. Qualche graffio c’è, ma considerando le condizioni in cui le ho usate posso chiudere un occhio.

Bene, adagiamo la bici sul cavalletto e tracciamo il bilancio conclusivo.

Commenta anche tu!