Rose Dx Team Randonneur, il test

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Sono un ciclista piuttosto conservatore e pieno di certezze. Una amica che ama diffondere battute fulminanti una volta ne ha inviata una che recita, più o meno: “Le persone veramente intelligenti sono piene di dubbi: ne sono certo”.

Cioè io, sempre a blaterare sulla necessità di non sedimentarsi sulle proprie convinzioni, lasciare la mente libera perché solo dubitando, che per me significa porsi domande, possiamo migliorare le nostre conoscenze; per rimangiarmi tutto professando le mie granitiche certezze.

Certezze che mi hanno portato a creare Elessar, in acciaio, coi cantilever, le congiunzioni, i comandi Campagnolo e così via. Tutto quello che rappresenta per me l’essenza della bici perfetta.

Poi mi arriva una signorina tedesca, col telaio in alluminio, la forcella in carbonio, i freni a disco, la trasmissione Shimano con quel sistema di cambiata a leve freno basculanti con cui mai sono andato d’accordo, la dinamo a mozzo per me inutile quasi quanto l’attacco per il cavalletto ed ecco che tutte le certezze crollano. Vuoi vedere, mi sono chiesto pedalandoci sopra, che alla fine ho sbagliato tutto e la bici ideale esiste? No, non esiste, ma ci siamo vicini, più di quanto potessi immaginare.

Quattro settimane, diciannove uscite, affrontando ogni tipo di strada, percorso, viaggiando scarico, carico, col sole e con la pioggia torrenziale e una lacrimuccia quando il corriere è venuta a ritirarla. Si, questa Rose ha dato una profonda scossa alle mie convinzioni e lasciato il segno.

L’ho usata senza risparmiarle nulla e senza risparmiare me; con mio rammarico malgrado le mille precauzioni (perché alle bici ci tengo, anche quando non sono mie) è tornata in patria coi segni di una caduta causata da uno scooterista intento a digitare messaggi al telefono mentre guidava, mentre l’uso intenso a cui l’ho sottoposta hanno provocato solo l’allentamento di un parafango e la perdita di un tappo in gomma a protezione di uno dei fori filettati della forcella.

A parte salirci le scale (però le ho scese…) e vedere se galleggiava le ho provate tutte per scovare ogni pecca. Già, perché la vera difficoltà con bici di questo tipo è che puoi usarle dappertutto. Una bici specialistica è decisamente più semplice da testare. Prendiamo ad esempio una bici da corsa, magari piuttosto estrema. Devi stabilire se è rigida, se è veloce e leggera, quanto ti aiuta ad andar forte e basta. Non regge il pavé? Che importa. Non è adatta in città? Fa nulla, manco ci vado in città. Fuoristrada? Non scherziamo, e chi le rischia quelle ruotine leggere leggere. Insomma, tutto più facile. Qui no, e credetemi, è stata dura…

Un breve riassunto fotografico con le caratteristiche salienti della bici; un più ampio reportage, per alcuni troppo ampio, è già sul blog.

La bici in allestimento Randonneur ha di serie portapacchi, parafanghi, luci e una dinamo a mozzo chiamata a fornire energia.

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Il connubio piega da corsa e parafanghi mi è sempre piaciuto, dona eleganza.

Nelle due viste frontali e posteriore la bici evidenzia come tutto resti compreso entro la larghezza della forcella: se passa lei, ovviamente mi riferisco al fuoristrada, passa tutta la bici senza impigliarsi.

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La bici in prova è in taglia 54, qui di seguito le geometrie complete per tutte le misure disponibili.

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Al momento di chiedere la bici mi sono trovato nel dubbio su quale taglia indicare, visto che per le mie quote antropometriche viaggio a cavallo tra la 52 e la 54. Però per l’uso che ne avrei fatto, impostato al tuttofare, allround come si dice adesso, ho preferito la taglia maggiore lavorando sull’attacco manubrio. Pedalandoci sopra problemi non ne ho avuti, alla fine ho replicato le quote che avevo su una altra Rose, la mia ex Xeon Crs su cui viaggiavo comodissimo. In alcuni frangenti però avrei preferito aver scelto la taglia inferiore per avere una bici più compatta, viste le qualità dinamiche di alto livello per cui dimenticavo di non essere alla guida di una bici da corsa.

Se, come me, siete a cavallo di due taglie, meglio tener conto dell’uso prevalente cui sarà destinata la bici. Se sportivo, anche in fuoristrada (montando due ruote da ciclocross o, come ho fatto io, semplicemente le gomme tassellate sui cerchi di serie) allora meglio la taglia minore; se l’uso è turistico allora la taglia superiore garantisce grande comodità.

Anche perché, come si può vedere, il triangolo (che definiamo così, in realtà è una losanga ma sorvoliamo) non presenta uno sloping accentuato e quindi ha un bel dimensionamento.

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L’orizzontale dalla superfice piatta ha sezione trapezoidale che si sviluppa in crescendo verso il tubo sterzo.

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Tubo sterzo a sezione differenziata, ossia nello standard 1″ e 1/8 sopra e 1/5″ sotto, come tradizione in casa Rose.

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Davvero simpatica e intelligente la soluzione scelta per alzare il manubrio limitando il dislivello con la sella senza ricorrere a un eccesso di distanziali, che sono sempre brutti da guardare: una coppia di anelli avvitati al tubo sterzo e che fungono anche da sede per i cuscinetti della serie sterzo integrata.

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Dal lato opposto l’orizzontale termina col collarino reggisella dalla forma tipica per tutta le serie Team.

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Da qui discende il tubo piantone dalla tradizionale sezione circolare.

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A chiudere il triangolo il generoso obliquo, più massiccio in prossimità della zona sterzo e che sfina avvicinandosi al movimento centrale.

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Davvero bella la lavorazione delle saldature in questa versione verniciata, praticamente sembra avere davanti un monoscocca in carbonio. A catalogo è prevista anche una versione anodizzata e su questa i cordoni di saldatura sono visibili, sarebbe stato impossibile il contrario.

Due gli attacchi per i portaborraccia, in posizione classica e facilmente sfruttabili grazie all’ampio spazio interno al triangolo, anche con borracce da 750cl; in ottica turistica è un dato per me importante.

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La massiccia scatola movimento è del tipo Press-fit.

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Il carro, lo scrissi nella presentazione, è la zona che più mi è piaciuta. Per estetica all’inizio, dopo pedalandoci ne ho apprezzato l’efficacia. Merito di un disegno indovinato e di soluzioni tecniche come la furba curvatura dei foderi alti.

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Bella la lavorazione in prossimità del disco freno posteriore e utile l’attacco per il cavalletto. Tranne per me ché il cavalletto mi è antipatico…

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Non mi aveva convinto invece la forcella, la trovavo troppo massiccia; usandola posso dire che è di una efficacia notevole, non esito a definirla un componente che segna una pietra di paragone per la concorrenza.

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Passaggi interni per tutti i cavi, ben curati e di semplice manutenzione.

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Il tubo idraulico del freno anteriore scorre all’interno del fodero della forcella, seguendo il suo percorso racchiuso in una canalina. Semplice l’installazione e nessun pericolo di deposito di acqua.

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Sotto la scatola movimento una ampia finestra, chiusa parzialmente da uno sportellino removibile, garantisce il facile recupero di guaine e tubi.

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Il fodero sinistro vede l’uscita del tubo freno posteriore.

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Quello destro del cavo cambio.

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A impreziosire il tutto abbiamo il perno passante sia all’anteriore che al posteriore.

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Soluzione tecnica scelta perché a fermare la bici provvedono due dischi a comando idraulico; le pinze freno sono del più recente tipo Flat Mount.

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Facile riconoscere la versione idraulica delle leve freno grazie al maggior sviluppo della parte superiore, scelta necessaria alla collocazione di serbatoio olio e pompa.

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Trasmissione Shimano Ultegra 11 velocità, in questo caso scelta con compatta 50-34 e pacco pignoni 11-32.

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Fibra di carbonio per il reggisella marchiato Rose, deputato a sostenere una sella Ergon.

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Alluminio invece per piega anatomica e attacco manubrio forniti da Ritchey.

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Piega caratterizzata dalla parte alta piatta, a tutto vantaggio del comfort nell’appoggio.

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Le ruote sono una coppia di Rose disc 1850, calzate copertoni Continental Contact 2 in misura 700×28 e fasciate da una coppia di parafanghi prodotti da Sks.

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Media l’altezza del profilo.

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All’anteriore il mozzo è a dinamo

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Completano l’allestimento il portapacchi Tubus..

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…e la coppia di luci a led, con la posteriore integrata nel parafango.

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La bici che vedete è montata esattamente come prevista a catalogo. Al momento in cui scrivo il configuratore di casa Rose non prevede alcuna possibilità di personalizzazione ma è normale: è un modello 2016, una primizia questa che stiamo vedendo e ancora devono essere caricate nel sistema le possibili variazioni. Un click alla pagina io però lo darei ugualmente, se non altro per vedere la versione anodizzata nera con bande blu.

Così come allestita ha un costo al pubblico di 2459 euro, cui sommare poco più di 50 euro per la spedizione (35 la spedizione, 20 lo scatolone obbligatorio); c’è anche una versione più economica, uguale in tutto tranne per il comparto trasmissione, i comandi e il reggisella.

La bici in questa configurazione rando ha fermato la mia bilancia a 10,15kg senza pedali. Considerando l’aggravio della dinamo, del portapacchi e quello, ridicolo però, dei parafanghi è un ottimo risultato. Se come è tradizione con tutte le Rose che ho provato i dati dichiarati dovessero corrispondere al vero, la versione da ciclocross pura, quindi senza orpelli vari e con ruote (ma non gomme) più leggere, supererebbe di poco gli 8 kg.

Inoltre non dobbiamo dimenticare che indipendentemente dal configuratore la bici è sempre personalizzabile con qualunque componente sia a catalogo Rose, semplicemente inviando una richiesta di preventivo ai contatti Rose.

A completare la presentazione segnalo che il telaio Dx Team è usato per una intera famiglia di bici, da ciclocross come da turismo con manubrio flat. E chi non volesse il gruppo Shimano oppure sa di poter fare a meno della dinamo a mozzo può tranquillamente ordinare una Dx Team montata Sram e farvi applicare parafanghi e portapacchi.

Bene, basta parlare e mettiamoci finalmente in sella.

Come ho detto sopra le uscite sono state parecchie, andando ben oltre i miei soliti circuiti di prova. Questa è una bici che si presta, nelle intenzioni del produttore, a essere usata sempre. Con qualunque tempo e su qualunque terreno. Il fatto sia stata battezzata Randonneur indica solo che è adatta (anche) alle rando.

Io ho preferito dare al termine Randonneur il suo significato più ampio, non solo quello legato a una particolare pratica del ciclismo: quello del girovago, colui che vaga ma non si perde, godendosi la libertà di non avere una meta ma solo bisogno del pretesto per andare a zonzo. E quindi vedremo come si è comportata la bici in ogni possibile situazione un ciclista potrebbe trovarsi a pedalare.

Iniziamo dall’ambito urbano, un habitat che le va stretto ma che risolve ottimamente.

La posizione di guida più rialzata grazie al sistema particolare di spessori che riduce il dislivello sella manubrio; dislivello che può essere ulteriormente diminuito rispetto a quello visto qui aggiungendo altri due centimetri; i massicci comandi integrati che offrono ottima e comoda presa; le leve freno sagomate in modo tale da poter essere governate anche con un solo dito, sufficiente a esercitare pressione grazie al supporto dell’idraulica: tutto concorre a rendere la marcia nel caotico traffico metropolitano facilmente gestibile. Le coperture da 700×28 fanno quello che possono sul pavé più martoriato che affligge i nostri centri storici ma un bell’aiuto al comfort di marcia arriva dal carro, molto sviluppato in lunghezza, che smorza con efficacia. La forcella dritta si rivela discreta incassatrice, contraccolpi decisi al manubrio non ne arrivano ma ovviamente non è una ammortizzata. Lo sterzo è prontissimo, si cambia direzione in un attimo senza sbavature o imprecisioni consentendo slalom al limite del funambolismo. Solo la frenata mostra qualche limite, dovuto all’estrema dolcezza dell’impianto. In città e nelle situazioni più scabrose, per esempio il classico pedone distratto col naso incollato al suo telefono o l’automobilista/scooterista a cui interessa poco tagliarti la strada all’improvviso, una maggiore prontezza sarebbe gradita. La potenza c’è ma è necessario strizzare le leve con più forza e in presa alta non riesce bene. L’ideale sarebbe avere i doppi comandi freno ma qui l’impianto è a gestione idraulica e il montaggio non è possibile.

Sul pavé o asfalto molto rovinato netto il rumore che arriva dal parafango anteriore. Lo “sbattimento” è dovuto alla particolare conformazione, con una lunga staffa che sorregge il leggero faretto a led e il tutto coperto da una ulteriore unghia inserita a pressione e assicurata da una vite al corpo principale.

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L’insieme è scosso ben bene, rimandando un fastidioso rumore.

Lasciando il pavé a inoltrandosi su qualche ciclabile ben tenuta il rumore scompare, la velocità sale e ci si sposta in assoluta comodità. Se la corsia è trafficata basta un colpo di pedale più deciso e la bici risponde pronta per il sorpasso.

Prontezza e velocità che ti fanno rendere conto che la città la soffoca, la bici vuole strada libera. E io sono ben lieto di accontentarla.

Lasciato il caos urbano è facile dimenticare di non essere su una bici da corsa. Qualche metro in piedi sui pedali per prendere velocità e poi basta sedersi nuovamente in sella, trovare la propria cadenza e si viaggia rapidi e comodi, meno rapidi di una sportiva pura ma con un livello di comfort sconosciuto ai modelli da corsa. Qualche indolenzimento arriva dalla sella Ergon con cui non mi sono trovato proprio bene, ma la sella è scelta personale e comunque è possibile sostituirla già in fase d’ordine attingendo al vasto catalogo della casa.

Viene voglia di giocare su questa bici, raggiunta la velocità di crociera il peso non si avverte più e le ruote aiutano a tenere un ottimo passo. Rilanciare di continuo non è la strategia migliore. Per quanto la bici risponda pronta alla spinta, grazie anche alla ottima rigidità garantita dalla zona movimento e dalla guarnitura Ultegra (che ho sempre trovato in questo frangente migliore della sorella al top Dura Ace) la vera essenza di questa bici è la regolarità. Lo scatto è immediato a bassa andatura, quindi perfetto in città o nel fuoristrada per affrontare i passaggi più ostici, ma una volta impostata una velocità superiore la risposta alle variazioni di ritmo e ai rilanci diventa più blanda, diluita.

La voglia di regolarità la bici la mostra ancor di più in salita, che sia una ascesa regolare e pedalabile e, a maggior ragione, se è di quelle che stroncano gambe e polmoni. Inutile e dispendioso incaponirsi ad alzarsi sui pedali. Meglio sedersi, sfruttare l’ottima agilità garantita dalla trasmissione che in questa versione ho scelto con pacco pignoni 11-32, e salire regolari. Con pendenze impegnative il peso ti ricorda che non sei su una bici da corsa, ma si tiene comunque un passo più che buono e con un dispendio di energia decisamente inferiore a bici di analoga impostazione.

Il lato divertente delle salite e che poi dopo c’è la discesa. Bici lunga, forcella solida e precisa, gomme larghe e freni a disco dalla buona potenza (dopo adeguato rodaggio) e perfetta modulabilità, le premesse e le promesse per scendere veloci ci sono tutte. E infatti così è stato. La precisione dell’avantreno è assoluta, si avvicina tantissimo al modello di punta della gamma da corsa di casa Rose, grazie a una forcella che continua a non piacermi troppo per estetica ma che, l’ho scritto sopra, rappresenta il termine con cui la concorrenza dovrà raffrontarsi.

Le curve larghe e veloci si affrontano a tutta senza problemi, mantenendo la traiettoria senza una sbavatura, come stessimo tracciando la linea col compasso; in quelle strette si può scegliere se anticipare la frenata, entrare più larghi per poi uscire stretti in modo da avere ottima visibilità a tutto vantaggio della sicurezza oppure tardare al massimo la frenata, cercare la corda spigolando e avere subito la bici pronta per rilanciare. In tutti e due i casi l’efficacia dell’azione e su ottimi livelli. La modulabilità dell’impianto frenante è notevole, nella leva avverti esattamente quanto la pinza sta serrando i dischi. Un errore di traiettoria, un ostacolo imprevisto e si riesce a gestire la frenata anche con la bici in piega, senza perdere una virgola dell’ottima stabilità e con l’avantreno che mai accenna a chiudersi, “prendere sotto” come usa dirsi.

Ma in assoluto la qualità che più mi ha colpito e che in piano avevo solo intravisto, è che passando in velocità dall’asfalto liscio e perfetto a quello sconnesso e martoriato, situazione frequente sulle nostra strade, la velocità resta uguale. Alcune discese del mio circuito di prova, quelle dove l’asfalto era danneggiato, le ho percorse a una media complessiva superiore a quanto fatto con la mia Rose X-lite, perché la reginetta sportiva quando la strada diventa scabrosa ti consiglia di ridimensionare la foga. Con questa Dx Team no, scendi uguale senza curarti del fondo stradale, con notevole efficacia e un senso di sicurezza che ti aiuta a restare concentrato solo sull’azione, scevra da distrazioni pericolose.

L’unica cosa che mi ha creato difficoltà sono stati i comandi, ma questo per limite mio ché col sistema di cambiata Shimano mai sono andato d’accordo. Avessi avuto il Double tap di Sram o il pulsante di discesa di Campagnolo sarei potuto essere più veloce, ma la manovra di frenare e scalare in ingresso di curva con la leva freno basculante non mi viene naturale.

Dico la verità: è stato troppo, mi ha dato fastidio non riuscire a metterla in crisi. Ho deciso allora di provarla in altre due situazioni: con la pioggia forte e col bagaglio.

Nel primo caso sono stato “fortunato”: nei giorni che ho avuto in prova la bici i temporali sono stati frequenti. Ho scelto un sabato in cui la Protezione civile aveva diramato il codice arancione (pioggia forte, alluvioni e rischio smottamenti) per la zona che avrei percorso. Mi sono coperto per bene e sono uscito, nella ferrea convinzione che gli allarmi sono sempre ingigantiti. Invece farei bene a rivedere le mie convinzioni, perché l’allarme era sottostimato…

Pioggia torrenziale, luci accese (per essere visibile più che per vedere) sfruttando l’energia infinita offerta dalla dinamo a mozzo e via sui miei circuiti di prova. Malgrado l’acqua che arrivava da tutte le parti la bici è sempre rimasta incollata all’asfalto. E in discesa ho apprezzato tanto, ma davvero tanto, i freni a disco che non sono mai stata una mia passione. L’unica accortezza e ricordarsi spesso di dare una leggera pinzata per rompere il velo d’acqua, inevitabile anche se è presente la foratura dei dischi. Meno male che avevo i parafanghi, ottima la protezione all’anteriore, leggermente meno quella del posteriore che avrei voluto più esteso, malgrado l’aiuto fornito dalle palpebre in gomma poste alla fine.

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Il test col bagaglio mi ha visto in giro una giornata intera, dall’alba a fin dopo il tramonto. Due borse agganciate al portapacchi, garantito per carico massimo di 16kg, riempite con quello che più o meno può servire per un fine settimana a zonzo. Non ho raggiunto il limite di peso, ma ci sono andato vicino, per abbondare.

La forcella è predisposta per il montaggio anche del portapacchi anteriore, ma io non l’ho usato.

E qui, finalmente, la bici qualche imperfezione l’ha mostrata. Ma alla fine è stata una imperfezione creata ad arte da me, sbilanciando così fortemente il carico. L’avantreno si è ovviamente alleggerito, mantenendo ugualmente ottima stabilità in piano e nelle discese larghe; allargando la traiettoria e perdendo precisione nelle curve strette e nei rapidi cambi di direzione. Non l’ho provata con bagaglio anteriore, ma per mia esperienza ho ragionevole certezza che basta semplicemente equilibrare il carico per ritrovare tutte le doti di guidabilità.

Quello che invece non è stato un limite creato da me ma della bici è stata la rapportatura. Malgrado il 32 finale, con l’aggravio del peso ho avvertito la mancanza di rapporti più agili, rimpiangendo la decisione di abbondonare la tripla da parte di praticamente tutti i costruttori. Dicessero quello che vogliono le Case, ma quando hai una corona da 26 o 24 ti tiri di impaccio da ogni situazione.

Mi sarebbe piaciuto proporvi le immagini della bici in assetto turistico e con me in sella, sia a fare il finto viaggiatore che lo sportivo, ma uno “spiacevole incidente” mi ha privato sia delle immagini che della apparecchiatura fotografica.

Vediamo: la città l’abbiamo affrontata, a zonzo fuori città pure, pioggia e bagaglio fatti, cosa manca? Giusto, il fuoristrada!

E già, perché la bici deriva pur sempre da un telaio da ciclocross, potevo non provarla fuori dall’asfalto? Ovvio che no.

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Anche in questo caso ho preferito una doppia prova, sia con le gomme di serie, stradali, che con una coppia di copertoncini da ciclocross in misura 700×35, per la cui installazione è stato necessario rimuovere i parafanghi e le luci. Operazione che ha richiesto pochi minuti e che avrei fatto comunque, anche se i parafanghi fossero stati più ampi, per evitare che la ruota potesse bloccarsi con fango e detriti.

Con le gomme di serie, le Continental Contact da 700×28, mi sono avventurato per sterrati e sottobosco, regolando per l’occasione il deragliatore in modo da poter usare tutta la scala pignoni con la corona più piccola, diversamente da come faccio di solito preferendo poter impegnare anche il pignone maggiore con la corona da 50.

La pioggia forte dei giorni precedenti aveva lasciato i segni, il terreno era cedevole e fangoso e nei boschi le foglie e l’erba erano ancora fradice.

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Tutto questo ha subito messo in crisi la trazione, le gomme di serie ben poco hanno potuto nelle salite più ripide che ho dovuto affrontare caricando la bici in spalla. Sentieri in piano, terra ben battuta e sottobosco non troppo fitto li ho potuti affrontare senza problemi.

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Qualche mia indecisione e un poco di timore trovandomi davanti radici e ostacoli, la mancanza di una forcella ammortizzata induce alla prudenza. Ma del resto non è una Mtb, e, malgrado la poca trazione, la bici ha mostrato di non temere nemmeno i passaggi più duri. Anche in questo caso, come in città, mi sarebbe piaciuto poter disporre di leve supplementari stile ciclocross, ma abbiamo detto che l’idraulica non lo permette. E mi sarebbe piaciuto barattare un poco della straordinaria modulabilità con la capacità di bloccare più facilmente la ruota posteriore, facendo così scivolare il retrotreno in alcuni passaggi tra gli alberi.

Montando copertoni specifici da fuoristrada ogni limite scompare. Anzitutto la trazione, e quindi non più bici in spalla. Ma soprattutto l’appoggio in curva e la capacità di aumentare il ritmo sui sentieri, anche i più tormentati: col telaio capace di mantenere sempre la ruota incollata al suolo e la forcella che incassa senza patemi ogni colpo. Lì dove con gomme stradali usavo essenzialmente la 34, passando a gomme adatte li ho percorsi sfruttando quasi sempre la 50.

La bici è grossa e questo nello stretto, unito al minor controllo offerto dalla piega da corsa, ha rallentato l’azione in molti punti. Ma nel fuoristrada non troppo impegnativo, nulla per capirci che richiede una full suspended per essere affrontato, in molti sono rimasti perplessi nel vedersi superare da questo strano ciclista su una bici che in fugace apparizione assomiglia tanto a un modello da corsa.

Con le mie scarse doti di regista ho tentato un improbabile montaggio di un video in cui racchiudo alcune situazioni tipiche: fuoristrada, città e extra urbano. Musica scelta un poco eccessiva, ma ho dovuto tener conto dei limiti previsti dai diritti d’autore.

Alcune notazioni prima di andare alle conclusioni.

La dinamo a mozzo si è rivelata efficace, l’attrito non è avvertibile se non a velocità al limite dell’equilibrio. La luminosità anteriore è in grado di soddisfare la marcia notturna in quasi ogni condizione, ma la potenza del piccolo faretto non è il massimo e in discesa bisogna prestare attenzione. Ben visibile anche da lontano il minimale faretto posteriore, quello integrato al parafango. L’avrei preferito in versione da assicurare al portapacchi, così se uno decide di andarci anche in fuoristrada, eliminando l’intralcio dei parafanghi con gomme più larghe, non è costretto a ricorrere a una luce posteriore a batteria.

I freni necessitano di un buon rodaggio per offrire tutta la potenza di cui sono capaci; è bene tenerne conto nei primi chilometri.

Le ruote si sono rivelate molto comode, anche qui ci vuole qualche ora in sella prima che i cuscinetti raggiungano la scorrevolezza ottimale. Malgrado la raggiatura non abbondante, si sono rivelate robuste e scevre da repentine perdite di centratura. Le ho strapazzate per bene, compreso la discesa delle scale, e verificate sul centraruote poco prima di rispedire la bici: erano intatte.

A parte i danni subiti a causa dell’incidente, la bici ha lamentato come ho detto solo l’allentamento di un parafango, la perdita di un tappo in gomma e quattro forature, sempre alla ruota anteriore, che in fuoristrada di colpi ne ha subiti

Tracciamo ora un bilancio.

Questa bici ha richiesto un notevole impegno per essere testata a fondo. Tante le situazioni che è in grado di affrontare e alto il limite che ha sfoggiato in ogni frangente.

In città si è rivelata comoda e maneggevole, capace di vincere senza difficoltà anche i centri antichi più martoriati, riducendo i tempi di percorrenza rispetto a bici cittadine e mostrandosi più versatile anche di tante Mtb spesso preferite dai ciclisti urbani che si trovano a dover pedalare sui maltenuti lastricati tipici delle zone storiche.

Lasciata la città è veloce quasi quanto una bici da corsa, penalizzata solo dal peso superiore. Ma se l’asfalto è brutto, molto rovinato, alla fine si viaggia persino più veloci che su una sportiva pura, perché qui non c’è bisogno di calare il ritmo.

Nel fuoristrada meno impegnativo non teme il confronto con una Mtb e montando gomme adatte rivela tutta la sua discendenza dalla ciclocross da cui deriva, consentendo di divertirsi in sicurezza, prestando solo attenzione alle radici e con qualche impaccio nei passaggi più stretti.

Caricata col bagaglio tiene bene la strada, si vorrebbe solo una rapportatura più agile ma ripaga con tanta comodità, nulla in meno di una bici pensata solo ed esclusivamente per il turismo.

La bici del “quasi” mi verrebbe definirla: quasi veloce come una bdc, quasi efficace come una Mtb (almeno nel fuoristrada così come lo praticano tanti cicloamatori) quasi con capacità di carico da turismo pura, quasi versatile come una bici da città in ambito urbano.

Il bello è che tutti questi “quasi” non sono un limite: sommandoli abbiamo non una manchevolezza ma un plus; una bici da usare tutto l’anno, con qualunque tempo e praticamente ovunque senza limiti alla fantasia. Molte le bici che lo permettono è vero: pochissime con simile efficacia.

Talmente precisa e pronta ad esaudire ogni desiderio che nei primi giorni di convivenza mi è risultata addirittura antipatica. Troppo perfetta, senza sbavature, tutta teutonica precisione. Una volta, parlando di una altra gran bici di casa Rose, la sportiva Xeon Crs, le trovai lo stesso limite, lanciandomi nell’improbabile paragone con una icona della bellezza della mia gioventù: Cindy Crawford. Che è un gran bel pezzo di figliola, capace di indossare con innegabile fascino quel suo neo che per tanti è sinonimo di imperfezione. Avrei voluto un simile neo anche sulla Xeon, sorvoliamo che vorrei anche conoscere la Crawford.

Però poi col passare dei giorni e delle uscite il rapporto tra me e questa Dx Team è cambiato. Forse perché ne abbiamo passate tante e pare che l’amicizia cementi nelle difficoltà, ma alla fine mi ci sono affezionato e rispedirla indietro non è stato facile.

In queste settimane ho scoperto una bici che molto si avvicina alla bici ideale, non quella perfetta ché è concetto per me diverso, come ben sapete voi che mi leggete spesso.

Alcuni limiti oggettivi ci sono, altrimenti davvero non la fermerebbe nessuno. L’unica utenza cui non mi sento di consigliarla sono i viaggiatori (non i turisti) che si avventurano in lande desolate e che necessitano di bici con superiori capacità di carico. Bici presenti a catalogo di casa Rose, ma non è questa. Il fatto di non poter montare un portapacchi classico vista la mancanza dei doppi occhielli, non so la forcella in carbonio quanto sopporterebbe in limiti di peso, i comandi idraulici per forza più complessi del semplice cavo meccanico e la trasmissione poco generosa nell’aiutare le gambe meno prestanti con l’aggravio del bagaglio, la limitano solo in questo particolare utilizzo.

E come ho già detto non mi piace l’impossibilità di montare le doppie leve freno a causa del sistema idraulico.

Per tutti gli altri, per tutti quelli che pedalano durante la settimana per andarci al lavoro, la domenica vogliono concedersi l’uscita con piglio sportivo, divagare per boschi e sentieri alla scoperta dei luoghi più nascosti, passarci le vacanze a zonzo per i cinque continenti allora la bici va benissimo così come è.

Io aggiungerei solo una versione montata Sram (preferisco il Double tap…) e con freni a disco meccanici per semplicità e poterci aggiungere le leve stile ciclocross. Che è possibile richiedere, ma non so fino a che punto conveniente perché la politica di Rose è non prevedere il downgrade; tradotto significa che se invece dei comandi idraulici monto i meccanici li pago uguale ai più costosi dotati di pompa. E mi sembra, per ora, che su tutte le versione allestite sul telaio della famiglia Team i freni meccanici non siano previsti. Io l’idea la lancio, se i tedeschi vorranno farla propria non mi offendo…

Chiudo con una ultima riflessione, perché in queste settimane da più parti mi è stato chiesto di tentare un confronto con la mia Elessar, bici che di fatto è sovrapponibile a questa nell’utilizzo. Elessar è la mia bici perfetta, pensata e creata per soddisfare me e nessun altro, la Rose Dx Team è un prodotto di serie, capace di far felice una larga fetta di ciclisti ma pur sempre frutto di compromesso in alcune scelte. Il parallelo sarebbe fuorviante. Però se non avessi la mia graziosa compagna tutta ninnoli e luccichio potete essere certi che una Dx Team, ma non con gruppo Shimano, in casa me la terrei con piacere.

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COMMENTS

  • <cite class="fn">Daniele</cite>

    Bella bici. Bel test. Ottimo lavoro.
    Mi congratulo sinceramente.

    Daniele

  • <cite class="fn">Eugenio</cite>

    Che provona, tipo i test di Quattroruote 50000 km con la panda 4×4, e come dice un mio collega quelle belle bici tedesche, ma perché qua non le vendono? Complimenti, bel lavoro!

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Si, una volta tanto sono soddisfatto persino io dell’articolo…

      Le bici le vendono, sono i ciclisti qui che non le comprano; troppo legati al marchio, a quello che ha il negozio sotto casa e al fascino di vedere sull’obliquo lo stesso nome delle bici dei prof. Io francamente preferisco spendere meno per avere maggiore qualità piuttosto che finanziare la pubblicità 🙂

      E’ stato un test piuttosto faticoso, ogni giorno a guardare il cielo e sperare nel bel tempo e pronto a uscire in qualunque momento propizio. Diversamente da come potrebbe credersi, scriverlo invece ha richiesto pochissimo tempo, buttato giù in due ore scarse. Ma era nella mia testa, ho atteso solo che tutte le emozioni fossero ben sedimentate e poi è bastato liberare le mani sulla tastiera.

      Fabio

  • <cite class="fn">Francesco</cite>

    Ottima bici! E se lo dici tu!
    Due piccole osservazioni, la prima, quattro forature! Copertoni da rivedere? La seconda, i colori. Sia la versione bianca che quella nera non le trovo particolarmente accattivanti, troppo serie, un po’ anonime, comunque, in stile tedesco.
    Ottima bici!
    Ciao

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Francesco, le forature sono state tante perché in un caso ho preso in pieno un fosso, avevo visuale coperta da una auto. Le altre con le gomme di serie in fuoristrada, ma si trattava di percorsi molto accidentati e usando una bassa pressione di esercizio, per provare a scivolare un poco di meno visto che era tutto fangoso e bagnato. Più che manchevolezza delle gomme, che in altra misura uso su una delle mie bici e su strada avrò forato una volta sola, è che le ho usate io dove non avrei dovuto e come non si dovrebbe.

      Concordo sulla cromia; io avrei preferito il monocromatico. E comunque dal vivo è decisamente più bella che in foto.

      Fabio

  • <cite class="fn">Max</cite>

    Ciao Fabio

    Ti ringrazio per le tue recenzioni su questa bicicletta! Le trovo ottime e molto dettagliate.
    Sono arrivato al tuo sito perche sto optando di acquistare questa bicicletta.
    Sono un amante delle bici in generale come te, e mi diverto spesso in cantina a montare e rismontare 🙂

    Avrei in mente di usare la bici per commuting giornaliero e sport.
    Vorrei ridurre il numero di biciclette perche non ho piu spazio…per me questa bici è il mix ideale tra citybike,hardtail con forcella rigida e bici da corsa.

    Ho bisogno di una indicazione: mettiamo caso io in estate con giorni asciutti voglia togliere parafanghi, luci e porta pacco, diciamo per una uscita domenicale in modalità “Sport” (so che mi capisci…). Mi chiedo, il cablaggio resta appeso al buco d’entrata?!
    O dovrei modificarlo aggiungendo uno “sgancio rapido” vicino al buco cosi che non restino troppi cavi al di fuori?
    Tu che hai gia avuto la bici come faresti?

    Ti ringrazio in anticipo saluti da zurigo
    Max

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Max, la bici che vedi mi è stata data direttamente dalla casa per questo test e oltre a pedalarci non mi sono fatto mancare smontaggi vari proprio per vedere se era semplice o no.
      Gli accessori vengono via in meno di 5 minuti con i cavetti elettrici dotati di spinotti sia sotto il movimento (per la luce posteriore) che alla testa della forcella.
      In pratica ti restano in sede il cavetto che dalla dinamo arriva alla testa della forcella, ma è interno e spuntano fuori solo le estremità, poca cosa; e poi il cavetto che dalla parte superiore dell’obliquo spunta sotto la scatola movimento, ma siccome pure lui è a passaggio interno sono solo le estremità a restare fuori.
      Antiestetico, ma con un giro di nastro carta eviti che “sballonzino”.

      Da un lato tutti i cablaggi interni donano pulizia, dall’altro quando smonti per forza qualcosa resta appeso. Ma sia rimuovere che rimontare è lavoro di pochi minuti e di solito chi sceglie questa versione lo fa perché ha questi accessori, avrà raramente necessità di rimuoverli.
      Altrimenti Rose ha anche la versione nuda stradale, ossia non ruote e gomme da ciclocross, che è possibile accessoriare sia coi parafanghi che coi portapacchi, mentre per le luci puoi ricorrere a quelle a batteria, da utilizzare solo se ne hai bisogno.
      Senza dimenticare che una mail al buon Sergio Ghezzi puoi studiare un allestimento personalizzato. Insomma, hai ampia scelta.

      Io l’ho avuta tra le mani per un mesetto e ogni uscita è stato divertimento puro, mi è dispiaciuto quando ho avvisato il corriere di venirsela a prendere per rimandarla in Germania. Chissà, forse un giorno ritornerà qui, ma per restarci…

      Fabio

  • <cite class="fn">Max</cite>

    sono ancora io, mi è rimasto un altro dubbio:

    prenderla con gli idraulici o con i BB7 cosi da poter montare le levette flat sul manubrio che trovo molto comode e danno quella sicurezza in pîu in città

    saluti ancora
    Max

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ti rispondo in breve, dopo il tuo ultimo messaggio la giornata non è andata bene ma ho comunque dei doveri.
      La versione Team, che io sappia, non è prevista con bb7, solo idraulici. E se li fai montare li paghi uguale agli idraulici. In ogni caso Sergio è un interlocutore di rara pazienza e grande capacità. Senti lui, io per ora non sono molto in vena di scrivere, e digli pure che tante notizie le hai avute grazie al blog. E’ utile per me che le case riscontrino.

      Fabio

  • <cite class="fn">michele</cite>

    Ciao Fabio, ho visto che hai usato i parafanghi montati per l off road.. Come ti sei trovato? Non tsi è mai bloccata la ruota?
    Io pensavo di rimuoverli ma a questo punto lì tengo montati.. Che dici?

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Michele, con le gomme di serie li ho lasciati; quando la provai con gomme da ciclocross e su terreni pesanti li tolsi. Insieme alle luci.
      Complimenti per la nuova compagna

      Fabio

  • <cite class="fn">michele</cite>

    Ok grazie… Arrivata il 3 agosto.

    Io attualmente monto le gomme 700×33 non sono esattamente da ciclocross (700×35) ma le 33 mi consentono di non smontare per forza i parafanghi.

    Le gomme di serie invece (700×28) ancora non le ho provate

  • <cite class="fn">Gustavo</cite>

    Ciao.
    I tedeschi hanno accolto la tua proposta di freni a disco meccanici. nel sito Rose ora c è un modello di TEAM CROSS con dichi mecc. il prezzo mi sembra interessante. Appena sopra i 1500 euro. ciao. Gustavo

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Gustavo, e da qualche mese c’è anche una X-lite Team con lo Sram Force, come la mia ma che quando presi non era a catalogo e fu approntata per me come esemplare unico. Merito mio? Per niente, consiglio spesso le bici di questo marchio perché le uso e riconosco che lavorano bene e hanno teste pensanti. In un mercato affollato come quello ciclistico, con oltre 2000 marchi presenti, hanno forza e capacità di ampliare la gamma e giustamente lo fanno. Senza dar troppo peso ai commenti di uno scribacchino…

      Fabio

      • <cite class="fn">michele</cite>

        Sono stato a lungo indeciso tra i freni a disco meccanici e quelli idraulici.. Alla fine sono stato “costretto” a scegliere una rose con gli idraulici e devo dire mai scelta più azzeccata… Una frenata ottima, modulabile , assolutamente adatti ai non esperti

        • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

          Ciao Michele, la questione non è tecnica ma di qualità dell’impianto. Un ottimo paio di meccanici hanno nulla da invidiare a un buon set di idraulici.
          Ma offrire anche l’opzione meccanica (e tra l’altro una ottima opzione) è un vantaggio per chi ha necessità di personalizzare. Per esempio perché vuole i doppi comandi, o gli piacciono i bar end e vuole sostituire le leve. Coi meccanici è facile, piena compatibilità: è solo questione di comprare i pezzi. Con gli idraulici non puoi.

          Fabio

  • <cite class="fn">Gustavo</cite>

    Ciao

    Sai cosa manca a questa bici? Dei rapporti più turistici, più umani, più adatti al cicloturismo.
    Dei rapporti che se carico un poco la bici (borse, eccetera) mi permettono di affrontare salite con una pedalata ancora agile.
    Che me ne faccio di un 50×11 quando la mia media in pianura è di 22-24 km/ora e che in discesa mi godo il panorama e non supero mai i 45-50 km/ora.
    Sarebbe bello avere la possibilità di poter scegliere anche una guarnitura da mtb 42×28 o 39×26.
    Con un 39×11, rpm 90, vai a 40 km/ora e un 26×32 ti permetterebbe di affrontare salite anche con carico borse.

    Ed è anche una delle scelte che avevi ipotizzato anche tu sulla presentazione che hai fatto del progetto VO PASS HUNTER DISC

    Ti faccio una domanda
    Io ho una caadx del 2012, presa di seconda mano, con guarnitura BB30 50×34, SHIMANO 105 e freni cantilever.
    Bici che mi permette di sfruttare anche piste ciclabili sterrate e evitare tratti di strade asfaltate trafficate.

    Volendo rendere la bici più adatta:
    alla mia scarsa potenza dovuta da acciacchi a ginocchia e anche
    al cicloturismo di più giorni
    ad avere dei rapporti agili per salite impegnative

    Dici che è possibile montargli una guarnitura doppia da mtb? Quali problemi? (Linea catena? Posizione ed escursione deragliatore anteriore? Altro?)

    Grazie
    Ciao
    Gustavo

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Gustavo, più della bici la “colpa” è dei produttori di componenti che hanno vieppiù abbandonato la tripla, anche se ora Shimano sta tornando su suoi passi proponendo il Tiagra che altro non è che il vecchio 105 rivisto. Questa poi, in particolare, non è bici da viaggio con tanto bagaglio quanto da tuttofare sportivo/turismo leggero. Io non avevo grosse difficoltà a tenere il passo delle bdc quando ci uscivo. E grazie al peso inferiore è più veloce pure della mia Elessar, che però ha altri pregi e del peso non mi sono preoccupato.

      CaadX; su questo blog sono stato poco tenero con questa bici, versione a disco. Non per la bici in sé quanto per il rapporto qualità/prezzo anche in rapporto agli arrivi più recenti sul mercato. Le ruote di serie invece le ho sempre trovate scarse, troppo per il prezzo della bici in assoluto.
      Vai tranquillo con una doppia da mtb, però il deragliatore devi cambiarlo. Quale modello non so, tutto dipende da cosa monterai. Non avrai difficoltà a usarlo col comando stradale, mentre per il cambio posteriore meglio se lasci così com’è, altrimenti entriamo nel ginepraio delle compatibilità.
      Tutto è fattibile, è solo una questione di soldi da spendere. La soluzione più economica è prendere una semplice doppia da mtb a perno quadro, poi si sale di spesa ma almeno la qualità migliora.
      Per modifiche, suggerimenti ecc. puoi contattarmi all’indirizzo mail del blog
      Fabio

  • <cite class="fn">michele</cite>

    La bici in realtà può portare un peso sul portapacchi posteriore fino a 20 kg e non fino a 16 kg come hai scritto.
    Il limite di 20 kg è scritto sul portapacchi stesso e mi è stato confermato da Sergio.

    Questi 4 kg in più possono farla diventare ancora più votata al cicloturismo?

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Michele, nella versione da me testata era indicato il limite di 16 kg e quello ho riportato.

      Fabio

      • <cite class="fn">michele</cite>

        Ora invece il limite è stato portato a 20 kg. Questo cambia il tuo giudizio sul uso cicloturistico di questa bici?

        • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

          No Michele, non sono i 4 kg in più o in meno a fare la differenza. Non è bici per viaggi alla Claudia per capirci, e infatti lei ha una bici progettata apposta e personalizzata in ogni scelta. Ma quelli sono viaggi del tutto diversi, è una minoranza ad affrontarli. Per tutti gli altri va bene così.

          Fabio

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