Portapacchi Zefal Raider Universal

Tempo di lettura: 4 minuti

Un semplice portapacchi nella rubrica Officina? Giusto, cosa ci vorrà mai? Ma se è qui e ne scrivo un motivo ci sarà, ed è lo stesso che mi ha spinto a parlare dei parafanghi Sks Bluemels. Perché vedremo si come è fatto questo portapacchi, ma ci dedicheremo a studiare un modo decente di montarlo su un telaio che, malgrado la predisposizione, ha la pinza del freno a disco che impedisce un risultato soddisfacente.

Iniziamo col fare conoscenza con questo portapacchi Zefal Raider Universal.

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La struttura è completamente in alluminio a garanzia di leggerezza, con tubi cavi da 10,5 mm di diametro esterno. Ai lato sono presenti le intelaiature per il sostegno delle borse laterali.

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La parte superiore (12×37 cm circa) è piena e non a griglia, con un foglio in alluminio a fare da piano di appoggio.

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A una estremità abbiamo la sponda per “arginare” il bagaglio e consentire l’aggancio di corde elastiche, dall’altra una piastra forata per collegarvi un faretto o un catadriotto. L’interasse tra i fori parte da un minimo di 44mm per arrivare fino a 86mm, in pratica copre l’intero mercato di luci da portapacchi.

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La portata dichiarata dal costruttore, come visibile nell’incisione sul piano di appoggio nella immagina sopra, è di 25 kg.

Buona la dotazione di accessori per il fissaggio.

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In particolare questo portapacchi è fornito di serie con staffe regolabili in altezza, adatte sia a telai con freni al cerchio che a telaio con freni a disco.

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In quest’ultimo caso il montaggio è garantito (quasi sempre) dalla staffa sagomata in modo tale da scavalcare la pinza freno.

Le staffe devono essere inserite in una asola sagomata e fissate al portapacchi con una brugola chiusa da un dado autobloccante; sul lato esterno va inserita anche la piastrina con occhiello che funge da aggancio per le corde elastiche.

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Ad assicurare il portapacchi alla parte alta del telaio provvedono due lunghe staffe ad arco di circa 22cm, con una conchiglia filettata da assicurare al piano di appoggio superiore. I bracci all’interno possono ruotare per adattarli a ogni necessità.

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L’installazione su telai con freni al cerchio è semplicissima, favorita dalla buona lunghezza delle staffe ad arco e dai molti fori presenti su quelle piane, da collegare in basso. Si riesce a coprire un ampio range, che va da telai per ruote da 26″ fino alle 29″. E se c’è un freno a disco ci pensa la staffa sagomata a S a superarla quasi agevolmente. Insomma, se il produttore ha usato l’aggettivo Universal lo ha fatto a ragion veduta.

Ma c’è il quasi, perché esiste una tale quantità di telai in commercio che credo sia praticamente impossibile prevedere ogni possibilità di montaggio. E non è solo questione di telai: anche le pinze freno hanno dimensioni diverse e potrebbe succedere che la staffa sagomata da sola non riesca a garantire una installazione soddisfacente. Questo spiega perché ho inserito questo articolo nella categoria “Officina”: vedremo infatti come ovviare all’eventuale problema del contatto tra pinza freno e staffa.

Come possiamo vedere nelle immagini in basso, in caso di freni a disco l’uso della staffa piana è precluso: la pinza blocca il passaggio fino al foro sul telaio.

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Ma la staffa sagomata ci toglie dagli impacci.

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E le lunghe staffe a arco risolvono anche i problemi che potrebbero causare telai molto sloping, con carro quindi che parte “basso”, grazie anche al loro sistema di aggancio ampiamente regolabile.

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Può accadere però che tutto questo non sia sufficiente a garantire che il portapacchi non venga in conflitto con la pinza. Basta un foro al telaio troppo basso oppure una pinza freno dimensionata in modo più corposo. Trovandomi tra le mani gli Avid BB7 Road, più grandi dei Tektro Lyra in dotazione alla bici usata come modella, ho voluto vedere se la staffa sagomata da sola sarebbe stata sufficiente a evitare il contatto.

Purtroppo no, contatto c’è; non con la pinza ma con la guaina. E’ minimo, la funzionalità nel mio caso non ne risente, ma è comunque un difetto da correggere.

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Un difetto minimo ho detto, quindi basta semplicemente frapporre qualche rondella tra la staffa e l’attacco al telaio, distanziandola così ulteriormente dalla pinza.

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Ma se distanziare non basta? Beh, allora dobbiamo ricorrere a una soluzione più radicale: creare noi un attacco al telaio.

Alcuni preferiscono, se il portapacchi lo consente, sagomare in maniera differente la staffa lato pinza. Non sempre si ottiene un buon risultato, comunque per carichi leggeri può essere una soluzione accettabile, anche perché è a costo zero. Ma noi abbiamo deciso per un intervento risolutivo, vediamo quindi come fare.

Con una premessa: ogni telaio, anzi, ogni connubio pinza/telaio/portapacchi potremo dire che fa storia a sé. Questo significa che non è possibile fornire qui, in questo articolo, delle misure e forme standard. Vedremo come procedere, poi ognuno dovrà gestire i risultati in base alle proprie esigenze.

In linea di massima tutti quanti ci troveremo davanti a una situazione come questa, con un foro filettato ricavato sul telaio e gli attacchi della pinza: null’altro da sfruttare.

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Svitiamo la brugola superiore di attacco della staffa di sostegno della pinza e prendiamo una prima misura di massima della distanza tra i due fori, ossia quello appena liberato e quello deputato ad accogliere il portapacchi.

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Aggiungendo a questa prima misurazione un paio di centimetri possiamo ritagliarci una staffa; in questo caso ho usato un profilato in alluminio da 1,5cm.

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Ma come scritto nella premessa, ogni telaio è storia a sé. Potrebbe essere meglio un profilato da 2 o 3cm, magari c’è spazio anche se poi la dovremo sagomare. E potrebbe non essere adatto l’alluminio, meglio una lamina in acciaio da 2mm di spessore se si prevede di caricare il portapacchi al massimo delle sue capacità. Insomma, materiali e dimensioni dovranno essere scelti in base alle personali esigenze: la procedura per creare però la nostra staffa è questa, almeno nei passaggi più importanti.

Poggiamo la nostra staffa al telaio, per sincerarci che sia di lunghezza idonea (ma andrà comunque accorciata, solo è sempre meglio partire “lunghi” e poi ridurre: il contrario è impossibile) e che non entri in contatto con parti della bici. Nel nostro caso c’è una interferenza possibile col QR della ruota, ma risolveremo.

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Adesso misuriamo la distanza tra i due fori a cui dovremo assicurare la nostra staffa. La cosa più semplice è prendere l’interasse massimo, difficile centrare perfettamente i fori filettati. In pratica col calibro misureremo la distanza maggiore, quella tra i punti più lontani delle circonferenze dei fori.

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Copriamo la nostra staffetta con un pezzo di nastro carta, giusto perché è più comodo scrivervi sopra, tracciamo una retta che la divida esattamente a metà e riportiamo la misura appena rilevata col calibro. Sempre tenendoci un margine di un centimetro circa alle estremità, ma in ogni caso dopo dovremo comunque intervenire quindi se il margine laterale preso non è preciso al millimetro poco importa. L’unico riferimento che in questa fase deve essere preciso è l’interasse dei fori. Quindi massima attenzione a non spostare il calibro.

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Adesso dobbiamo ricavare i riferimenti per la foratura. La filettatura del foro al telaio deputato all’attacco del portapacchi è sempre M5; quella della staffa di sostegno della pinza è M6. Tradotto, sono 5 e 6 mm.

Per ottenere rapidamente il centro di foratura basta spostarci verso l’interno partendo dai riferimenti appena segnati; e ci sposteremo di 3mm per il foro che andrà dal lato pinza e 2,5mm per l’altro.

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Mettiamo un pezzo di legno sotto la nostra staffa per assicurare pulizia al foro ed evitare di bucare il piano di lavoro, segniamo il punto di foratura battendo un chiodo, in modo da avere subito pronto l’invito per la punta del trapano, diamo qualche giro a bassa velocità aiutando la foratura con una goccia d’olio e creiamo i fori per le viti.

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Ecco la nostra staffa forata e pronta per un primo collaudo.

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Impuntiamola e verifichiamo che i fori siano giustamente distanziati.

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Lo sono ma un angolo interferisce col QR; una veloce limata, ci serve solo poter avvitare la staffa fino in fondo, a rifinirla ci penseremo dopo.

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Rivestiamo con del nastro carta anche l’altra faccia della nostra staffa e avvitiamola a fondo. Spostandoci dal lato interno segniamo la zona della staffa rimasta libera dal telaio, sarà quella in cui dovremo ricavare il terzo foro, che ci servirà per fissare il portapacchi. Ne approfittiamo e segniamo anche quanto materiale rimuovere alle estremità.

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Breve inciso: l’aver scelto di dare forma sinuosa a una estremità non ha alcuna ragione pratica. Mi piaceva così.

Adesso in quella mezzaluna libera dobbiamo misurare il punto esatto in cui creare il foro che ospiterà il portapacchi. Il valore ce lo forniranno le staffe del portapacchi stesso. In pratica si tratta di calcolare di quanti fori dobbiamo salire la staffa sagomata del portapacchi affinché sia in piano con l’altra staffa. Misurare questa distanza e riportarla sulla nostra staffa, partendo dal foro al telaio che prima impegnava proprio il portapacchi. E’ più difficile a dire che a fare, basta avere il portapacchi tra le mani che appare subito una procedura intuitiva.

Con la stessa procedura di prima creiamo il foro e diamo anche la sagomatura scelta alla staffa.

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La procedura migliore per dare la forma è tagliare con un seghetto le parti in eccesso, lasciando però del margine; e poi lavorare di mola. Una mola da banco non è attrezzo che solitamente si tiene in una officina domestica. Ma possiamo sopperire con un più poliedrico trapano a filo (quello a batteria non ce la farebbe) da montare al banco da lavoro grazie a un supporto apposito e corredarlo poi di mole intercambiabili. Che esistono in varie forme e materiali, e usarle per sagomare è più semplice di quanto sembri.

Rimontiamo la nostra staffa e assicuriamoci ancora una volta che i fori siano giusti.

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Se tutto corrisponde resta l’ultimo passaggio: la rifinitura.

Stondiamo i profili con la mola e già che ci siamo anche qualche colpo alla superficie, per prepararla alla verniciatura.

Puliamo bene con un antisiliconico (l’acetone è perfetto) e diamo un paio di mani di colore. Se vogliamo ottenere facilmente una tonalità molto simile a quella del portapacchi e della staffa della pinza, che sono neri semilucidi (non saprei come definirli altrimenti) il trucco è dare una spruzzata di vernice nero lucido e subito dopo, col nero ancora non asciugato, una spruzzata di vernice trasparente opaca.

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Come sempre quando si vernicia il risultato si apprezza a vernice asciutta; e come si può vedere la nostra staffa è perfettamente mimetizzata. La brugola che collega la staffa del portapacchi a quelle da noi creata dovrà essere chiusa con un dado, visto che non abbiamo più filettatura. Meglio ricorrere a un dado M5 autobloccante.

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Ultime note in chiusura. Come spesso ribadito foggia e dimensioni della staffa sono determinate dalla bici, quindi quella vista qui non è detto vada bene su altri telai. Il sistema di crearla però si, va bene.

La staffetta creata per questo articolo è stata creata proprio per quest’articolo, la bici non monta quei freni (almeno per ora, ma penso li prenderò) e quindi foggia e finitura sono stati un poco tirati via. Fosse stata una soluzione definitiva sicuramente avrei usato un profilato da 3cm sagomandolo in forma più complessa. Ma avrebbe richiesto molto tempo di lavoro alla mola, tempo che non avevo da sfruttare. Questa, al netto delle foto, ha richiesto appena una ventina di minuti, più una oretta prima del montaggio perché la vernice asciugasse.

E sempre se si fosse trattato di una soluzione definitiva avrei usato una lamina di acciaio e avrei fatto saldare dietro un dado, per semplificare e velocizzare le operazioni di montaggio e smontaggio.

In ogni caso l’importante è sapere che con un poco di inventiva e qualche attrezzo possiamo venir fuori anche dalle situazioni apparentemente più difficili.

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COMMENTS

  • <cite class="fn">ilbiciclista2014</cite>

    io ho risolto questo stessissimo problema con l’OMM modello pioneer in alluminio.debbo altresì dire che le fabbriche che costruiscono le bici da viaggio o commuting finalmente la stanno capendo e avanzano le pinza in mezzo al triangolo del fodero obliquo ed orizzontale. questo chiude ogni difficoltà. lo zefal è combinato bene e ha tutto quello che serve compreso l’attacco per le luci che l’OMM non ha. è leggero, e la piatta di appoggio che funziona anche da parafango e impedisce che a volte le cose che si portano finiscano nelle ruote.. 25 kg di portata apparentemente lo fanno sfigurare con quelli da 40. in realtà se se ne fa un uso giornaliero o di qualche volta va benissimo. va benissimo anche per i viaggi che non prevedano però il giro del mondo. per un viaggio normale di 2 settimane o anche un mese, se non si è capaci di stare sotto i 20 kg di bagaglio, è meglio interrogarsi seriamente su questo aspetto. inoltre il prezzo è ottimo.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Felino, hai ragione e per fortuna ormai le case hanno capito che la pinza freno è meglio nel triangolo del carro. Concordo anche su qualità e limiti del portapacchi Zefal, che è stato l’unico accessorio che ho acquistato nel sistemare per le mie esigenze la bici per la città, tutto il resto lo avevo in casa. Sarebbe stato inutile spendere più del doppio per un Tubus o altri che mi dessero maggiore portata utile, alla fine io qui ci attacco due borsette molto economiche col necessario per il lavoro.
      Ma in ogni caso 25 kg sono una bella capacità e si, se ti porti appresso più peso per sole due settimane vuol dire che devi rivedere i calcoli…

      Fabio

      • <cite class="fn">ilbiciclista2014</cite>

        senza calcolare che il tubus pretende che siano le bici ad adattarsi al suo sistema di fissaggio( con le pinze dei freni arretrate con il tubus non vai da nessuna parte). almeno la Zefal il problema se lo pone e risolve rendendosi adattabile.

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