Noene Ergopro AC+

La prova su strada

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La prova su strada.

Tre le bici usate, tre i pedali e tre le scarpe: per utilizzo Road, Mtb e flat. Usate sempre a solo, rimuovendo cioè le solette originali; che sarebbe stato impossibile, oltre che inutile, lasciare nelle scarpe.

In due casi su tre si sono rivelate ottime per uso ciclistico; nel rimanente hanno perso ai punti con le Noene Optimum OFP2.

Parto proprio dalla sconfitta, avvenuta con scarpe road con suola in carbonio. Una sconfitta ho detto ai punti, perché il livello di comfort è stato sempre elevato ma non la dissipazione del calore. In questo caso l’ampia superfice in spugna ha giocato il suo ruolo: morbida, mai cedevole tranne una prima impressione iniziale, nulla ha potuto contro l’efficacia del tessuto Nexus con cui è rivestita la sorella. Inoltre le scarpe usate durante il test hanno la punta affusolata e stretta, e questo alla lunga, ma molto alla lunga, ha causato un lieve fastidio quando sotto sforzo prolungato il piede si ingrossa. Ma parlo di diverse ore sui pedali.

Sia con scarpe da Mtb che civili, quindi con pedali Spd e flat, hanno battuto le Optimum: nel primo caso di un soffio, nel secondo con una buona lunghezza di vantaggio. E nel caso delle scarpe da Mtb ha contribuito molto il fatto non siano delle top di gamma.

L’assenza di suole in carbonio ha eliminato il problema del calore in eccesso, caratteristica (scomoda) delle scarpe così strutturate. Così mi sono potute godere l’elevatissimo comfort offerto dalla schiuma e soprattutto la forma avvolgente, perfettamente sagomata ad accogliere il piede. Non ho rimpianto la minima presenza dell’elastomero (pedalando, del resto, non ne serva poi chissà quanto, quello sul tallone è di fatto inutile) e soprattutto ho capito l’importanza dell’arco di sostegno.

E per capirlo insieme dobbiamo fare una pausa e ripassare un concetto fondamentale: scarpa e pedale lavorano insieme nell’applicare lo sforzo. Ormai possiamo quasi dire che la scarpa è diventata più importante del pedale, una superfice su cui scaricare la forza che viene trasmessa dal piede attraverso la suola. Per questo abbiamo suole sempre più rigide, altrimenti l’energia andrebbe dispersa.

La schiuma è si morbida ma non è cedevole: si adatta alla forma del piede e poi così resta, nessun effetto spugna per capirci. Quindi il pericolo della dispersione è scongiurato.

Pedalando agganciati la pressione massima si esercita, ovviamente nella zona metatarsale, lì dove cioè abbiamo le tacchette. Questa pressione concentrata in una unica zona si ripercuote su tutti il piede: a tanti di voi sarà capitato di avvertire fastidio, tirare diciamo così, in corrispondenza dell’arco plantare dopo diverse ore in sella. Questo perché è una zona del piede che normalmente, durante la pedalata cioè, è in tensione ma non è supportata.

Ed ecco che entra in azione il nostro arco di sostegno: in simbiosi con la goccia metatarsale abbiamo un trasferimento di pressione verso l’arco plantare, che troverà il suo supporto nel rigido arco. In pratica spingiamo bene con tutto il piede, come fosse lui la nostra suola rigida agganciata al pedale.

Per rendermene conto ho dovuto pedalare tanto: mi sono sciroppato oltre sette ore consecutive con le scarpe da Mtb (su strada però) e di solito il fastidio all’arco plantare si manifesta dopo circa quattro ore: stavolta mai. A “sporcare” un finale di test altrimenti perfetto ha contribuito il forte caldo di questi giorni. Anche se la suola delle scarpe usate non è in carbonio, sia l’assenza di un efficace sistema di ventilazione e sia l’innalzamento delle temperature hanno contribuito a far avvertire maggiormente il calore rispetto alle Optimum.

Con pedali flat le cose sono andate ancora meglio. Il piede in questo caso non è agganciato in una posizione fissa, e per quanta attenzione prestiamo è impossibile mantenere l’esatto punto di appoggio per tutto il tempo. Inoltre l’assenza dell’aggancio impedisce la pedalata rotonda (sinteticamente: con un piede spingiamo con l’altro tiriamo, ripartendo lo sforzo) rendendo quella “a stantuffo” l’unica opzione possibile, con conseguente maggior carico in fase di spinta.

Qui ho potuto apprezzare ancor più il sostegno dell’arco plantare e ho potuto mettere a fuoco i vantaggi sulla postura, perché quando sei agganciato la posizione quella è. Vero, un minimo di gioco angolare esiste usando tacchette apposite, ma è minimo e il piede lavorerà sempre nella corretta posizione. Cosa che non avviene usando pedali flat, dove, tra l’altro lavoriamo con scarpe non specifiche e le rotazioni e gli spostamenti anche del piede all’interno della scarpa sono normali. Movimenti scongiurati da queste Ergopro AC+ e in più viene naturale l’allineamento del piede col ginocchio senza che si verifichino le solite (fastidiose) rotazioni interne della caviglia che, senza nemmeno ce ne accorgiamo, avvengono pedalando liberi.

Come tutte le altre solette Noene che ho provato tutto ciò che ho rilevato non si mostra subito. Non hai mai una immediata percezione di cosa stiano facendo e sono necessarie ore a pedalare e giorni a metabolizzare le impressioni per ricavare un quadro veritiero. Ma il fatto che una caratteristica non si avverta all’istante non significa non c’è o che servono per forze ore a pedalare senza interruzione perché si mostri. Lavora, a nostra insaputa, ma lavora.

Tracciamo il bilancio finale.

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