[Officina] Mettiamo in strada la “bici da palo”, la manutenzione essenziale

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La bici da palo è essenzialmente un mezzo di trasporto, una bici che abbiamo in casa al solo scopo di consentirci i piccoli spostamenti e che è destinata a passare spesso giornate intere assicurata a un palo.

Ovvio quindi che nessuno di noi si sogna di lasciare per strada, seppure con tutti gli antifurti che volete, la propria specialissima.

Quindi ricorriamo a vecchie bici, se esteticamente rovinate è meglio, dal basso costo di acquisto, quasi nullo di gestione e l’importante è che funzioni.

Non una bici che inforchiamo per il gusto di pedalare, anche se spesso alcune “vecchiette” si difendono bene, ma solo per muoverci rapidamente in città.

E in questo caso i gusti personali lasciano spazio alla pura utilità. Io non amo né le Mtb, né il manubrio dritto e né le ruote da 26 pollici.

In città preferisco usare vecchie Mtb, preferibilmente in acciaio, con manubrio dritto (che spesso sostituisco con quelli per le bici dei ragazzini, più stretti da consentirmi di sgusciare tra le auto in coda senza difficoltà) e con ruote da 26″ che offrono, lo sappiamo tutti, un maggior spunto, quindi più adatte alle continue variazioni di velocità e ripartenze tipiche della circolazione urbana.

Se la trovo, preferisco prenderla compatta. In città si percorrono tragitti brevi, al massimo una quindicina di chilometri, a bassa cadenza e con velocità limitata.
Tra l’efficacia della pedalata garantita dalla corretta postura e la “sicurezza” in più che mi da poter dare la zampata di emergenza (uso anche una posizione in sella poco più bassa di quella mia) preferisco quest’ultima.

I pedali sono sempre senza aggancio e questa forse è la più grande rinuncia per me che a piedi “liberi” proprio non mi trovo. Ma vale sempre e solo il discorso prettamente utilitaristico, quindi campo libero a qualunque scarpa.

Gli accessori indispensabili sono tre: i parafanghi, perché non posso arrivare al lavoro infangato e sporco; il paracorona, perché non posso macchiare i pantaloni del gessato; il portapacchi, perché fa sempre comodo anche se uso borse a tracolla sul tipo messenger.

Queste le mie personali esigenze, che possono, anzi sono sicuramente, diverse da quelle di altri ciclisti.

La Bianchi Rider Rs che ho pescato tra gli annunci di vendita risponde a quasi tutte le mie necessità.

Come è tradizione per la Bianchi, a un ottimo telaio non corrisponde adeguata dotazione tecnica.

Freni, guarnitura e movimento centrale sono decisamente di qualità appena sufficiente; quello che è a vista e che colpisce l’occhio del possibile acquirente invece Bianchi lo pubblicizza, e quindi in bella mostra il cambio Altus (che ha dalla sua una robustezza proverbiale) e i comandi tipo Rapidfire.

Per le ruote posso parafrasare il meteo di un tempo: non pervenute. I mozzi sono di bassa fattura così come i cerchi, spero solo sopportino le martoriate strade della mia, ancor più martoriata, città.

I difetti maggiori di questa bici sono una spesa di acquisto più elevata di quanto di solito investo nella bici da palo; il nome Bianchi sull’obliquo ché desta sempre malintenzionate curiosità e l’assenza di accessori, quindi una ulteriore spesa.
La bici non ha mai visto un meccanico in vita sua e si vede.

Per mia abitudine non pedalo mai su una bici che non conosco in ogni dettaglio e che non ho revisionato, anche se è la semplice bici da palo.

L’occasione è buona allora per scribacchiare, tenendo presente alcune cose.

E’ pur sempre la bici da palo, quindi la revisione generale, seppure piuttosto articolata, deve avere come stella polare la spesa minima: si cambia solo ciò che è necessario al corretto funzionamento.

Si tratta di lavori alla portata di tutti, a patto di avere gli attrezzi giusti.

Se non si volesse ricorrere all’acquisto, si può sempre chiedere a un meccanico, pagando ovviamente, di farsi smontare il movimento e la cassetta pignoni, ai lavori penseremo da soli.

Una breve parentesi su questo: non dico di non rivolgersi al meccanico per mancanza di fiducia, sapete bene che ne ho profonda stima. Ma perché revisionare una bici da palo richiede la risorsa più preziosa: il tempo.

Nessun meccanico onesto potrebbe mai dedicare a una bici che non supera la spesa di una giornata al mare tutte le ore necessarie. Soprattutto perché una bici vecchiotta e mai revisionata richiederà tanto tempo anzitutto per essere smontata.

Ultima notazione; la descrizione dei lavori è ovviamente calibrata sulla bici “cavia”, quindi con i suoi standard di configurazione. Una altra monterà un movimento centrale con calotte diverse o un pacco pignoni invece di una ruota libera a filetto, ma a parte le diversità tecniche la lista dei lavori è praticamente la stessa.

E come lista dei lavori dovete intendere questo articolo. Non la spiegazione tecnica, giusto qualche dettaglio, sul modo di svolgere le diverse operazioni; un appunto che può tornare utile a chi ha bisogno di rimettere in strada la bici dimenticata anni in cantina, con poca spesa e senza pericolo di dimenticare qualcosa.

Iniziamo.


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COMMENTS

  • <cite class="fn">Francesco Firenze</cite>

    Articolo veramente interessante e ben fatto. Come al solito del resto, ormai ci hai abituati male…
    Da neofita mi sarebbe piaciuta qualche riga in più sulla regolazione del cambio.

    • <cite class="fn">elessar bicycle</cite>

      Ciao Francesco, hai ragione, sarebbe stato utile fornire maggiori dettagli tecnici.
      Però ho preferito una impostazione diversa per non allungare troppo l’articolo, che altrimenti, inserendo tutte le descrizioni tecniche, sarebbe diventato enciclopedico. Se pensi quanto spazio ha richiesto il solo articolo, pubblicato ne “L’officina in casa”, sul movimento centrale a perno quadro, te ne puoi rendere conto.
      Del resto, ho pensato, appena il tempo me lo consentirà saranno inseriti nel blog gli articoli relativi alle procedure in dettaglio, sia su come si regola tutta la trasmissione che i freni e così via.
      Questo pubblicato è più la lista della cose da fare con qualche piccolo suggerimento per risolvere i problemi che possono sorgere mettendo mano su bici vecchie (in tanti hanno distrutto le pedivelle per non aver usato il calore, per esempio) che la descrizione delle operazioni.
      Lo sto ripetendo spesso, gli articoli arriveranno, e arriverà o un nuovo blog o un sito, per rendere la consultazione molto più semplice.
      Sto facendo tesoro dell’esperienza nella impaginazione del libro proprio per garantire in futuro fruibilità nei contenuti qui.
      Fabio

  • <cite class="fn">bikediablo</cite>

    Ciao Fabio,
    per gli strumenti e lo spazio per lavorare si può ricorrere ad una ciclofficina, a Roma ce ne sono diverse e mettono a disposizione estrattori, chiavi piatte ecc.

    marco

    • <cite class="fn">elessar bicycle</cite>

      Hai ragione Marco, non ci avevo pensato; sarà che, anche se micro, alla mia personale officina manca poca roba e non ho mai avuto la necessità di avvalermi di una officina esterna.
      Però è giusto ed anche nello spirito della bici da palo.

      Fabio

  • <cite class="fn">marco</cite>

    Domanda forse stupida.
    La carteggiatura delle “sedi dei freni” è applicabile pari pari anche se i freni
    fossero stati dei cantilever ?
    Immagino di si, ma non si sa mai.
    Grazie
    Marco

    • <cite class="fn">elessar bicycle</cite>

      Nulla da aggiungere, ti sei fatto la domanda e ti sei risposto; scribacchio giusto per far vedere che leggo sempre tutti, anche se a volte le risposte tardano 🙂
      Fabio

  • <cite class="fn">marco</cite>

    Dai era una domanda stupida e mi rispondo da solo: Sì!
    Avevo fatto sabbiare il telaio e non erano state mascherate le sedi dei freni, quando ho rimontato i cantilever non ho proprio pensato a pulire la superficie.
    I freni risultavano un po’ poco scorrevoli sul perno e leggendo il tuo articolo ho capito perchè
    ieri ho provveduto a smontare, scartavetrare e rimontare i freni ed ovviamente è tutta un’altra cosa 🙂

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