Met Helmet Trenta 3K Carbon

Come è fatto

Tempo di lettura: 8 minuti

Come è fatto

Quando mi informai sulla disponibilità del casco chiesi la versione nera, perché il bianco è difficile da fotografare per un modesto praticone come me. Col senno di poi ringrazio che esemplari neri a parco stampa non c’erano nella mia taglia, quindi piuttosto che attendere una nuova fornitura diedi l’ok a questa. Che è elegante e perfettamente abbinata al resto del materiale che nel frattempo ho ricevuto per altri test. Son contento 😀

Si respira aria di famiglia con questo Trenta 3K Carbon, dove ritroviamo elementi stilistici presenti su altri modelli di gamma; qui però ogni dettaglio è stato “ampliato”, reso più forte esteticamente. Bella e ai miei occhi coinvolgente la vista posteriore, con le due grosse bocche di sfiato e la graziosa pinna centrale.

C’è un efficace studio aerodinamico a determinare la forma, e che sia pronto a fendere l’aria lo si può apprezzare meglio (credo…) nelle immagini di tre quarti.

Si, la linea mi è piaciuta tanto, si è capito. Non manca però tanta sostanza, come vedremo.

Per ora restiamo sulla presentazione statica e dedichiamoci al sistema di ventilazione.

Un aspetto molto importante su un casco sportivo. La bici, banale considerazione, la muoviamo con la forza delle nostre gambe. E io sono sempre favorevole a ogni dettaglio ci permetta di sfruttare l’energia solo per la pedalata, senza disperderla in mille rivoli, senza consumarla per una eccessiva sudorazione, una scarpa che rallenta la circolazione, una maglia che scalda e così via.

Un casco fresco, areato, che non crea condensa è uno di quei dettagli che appunto ci permette di dedicarci solo al gesto atletico.

Diciannove prese d’aria non lo pongono tra i caschi più “aperti” del mercato; se però non guardiamo solo al numero ma all’efficacia, allora rientra a giusto merito tra i top. Lo leggeremo nel paragrafo dedicato alla prova sui strada.

Nella vista frontale a dominare la scena sono le quattro grosse prese in basso, sormontate da altre due più piccole e in cima quella a effetto Venturi che troviamo anche su altri caschi Met Helmet.

Ruotando leggermente il punto di vista scopriamo altre prese d’aria sui fianchi, una in basso e le altre due più in alto.

Continuando a far girare il nostro Trenta 3K Carbon abbiamo la visione completa dell’ampia finestratura laterale, sia in ingresso che in uscita.

Il taglio, chiamiamolo così, è ottimizzato per garantire il miglior afflusso senza penalizzare la penetrazione aerodinamica. Con l’immagine in basso possiamo anche apprezzare quanto sottile sia il materiale interno, a tutto vantaggio della leggerezza e del contenimento della stazza della calotta.

In cima la presa Venturi con ingresso NACA che, come ho detto, è anche il segno distintivo della azienda che la sfrutta su diversi modelli. Ne ho parlato diffusamente nei test dei caschi Manta e Strale (quest’ultimo ha solo Venturi), comunque mi cito e vi riporto qui quanto scrissi a proposito dell’effetto Venturi.

“…è un paradosso e spiegarlo non è semplice per me, studente non dei migliori in fisica. Ci provo.

Nelle giornate più afose tutti noi iniziamo il giro della casa sperimentando diverse combinazioni di finestre aperte e chiuse. Fuori c’è poco più di un leggero refolo, eppure una volta trovata la combinazione giusta riusciremo a ottenere una dolce brezza rinfrescante. Questo perché il nostro timido refolo una volta costretto a passare attraverso una strettoia, cioè la finestra, aumenterà la sua velocità per mantenere inalterata la sua massa. Se però ci spostiamo in una stanza più ampia tutto il nostro bel venticello sarà sparito, anche se le tende della finestra si agitano baldanzose. E infatti raggiungendola riacciuferemo la nostra provvidenziale frescura e questo perché la brezza ha rallentato nel locale più ampio; ma in prossimità della seconda strozzatura, nel nostro esempio domestico rappresentata dall’altra finestra aperta, l’accumulo di massa determinerà un nuovo aumento della velocità in uscita. In pratica con l’effetto Venturi abbiamo un flusso che in condizioni normali nemmeno avvertiamo, ma se lo sottoponiamo a questo paradosso ne aumentiamo l’efficacia. Il vento fuori casa quello è, non è che aumenta se apriamo le finestre. Siamo noi a costringerlo aprendo, appunto, le finestre.

D’accordo, ma tutto questo come lo riportiamo sul nostro casco? Avere una presa d’aria a effetto Venturi significa che in teoria anche a bassa velocità, e quindi con un flusso limitato, grazie a questa otteniamo una moltiplicazione della sua efficacia: testa al fresco pure andando piano.”

Il Trenta 3K ha anche l’ingresso NACA, leggermente più stretto di quanto troviamo sul Manta. Ricordo che con presa NACA intendiamo la “forma” del condotto di immissione, il percorso cioè che il flusso d’aria deve percorrere e che viene sagomato per convogliarla garantendo al contempo una bassa resistenza aerodinamica.

Abbiamo tredici prese d’immissione: sei su ogni lato partendo dal centro e la Venturi/NACA in cima.

Sei prese hanno invece il compito di espellere l’aria calda, evitando così il formarsi di fastidiosa condensa.

La vista posteriore è dominata dalle due grosse bocche di estrazione: vi ho già detto che è il dettaglio che mi è piaciuto di più? Ah si? Sorry: però come darmi torto…

Con una luce rossa riusciamo ad apprezzarle tutte meglio. In sequenza.

Graficamente ecco il percorso dell’aria quando investe il casco.

Il comfort però lo si ottiene combinando tra loro tanti diversi fattori: uno di questi è la regolazione della calzata.

E’ casco al vertice della gamma, beneficia ovviamente del sistema di ritenzione più evoluto tra i vari offerti da Met Helmets su suoi caschi.

Qui abbiamo il Safe-T Orbital che prevede ben tre parametri di regolazione. La larghezza con la classica rotellina, l’escursione di tutta la struttura su quattro posizioni per avere sempre il miglior aggancio alla nuca e la possibilità di regolare in senso longitudinale i due fermi occipitali. Prima di guardare in dettaglio con le mie immagini preferisco pubblicarvi questo breve video ufficiale, che sicuramente spiega meglio delle mie parole.

Ora le immagini. In dettaglio la rotellina per la regolazione micrometrica; piccola ma azionabile con facilità anche calzando guanti invernali.

E poi in sequenza le altre due regolazioni; quella su quattro posizione per stabilire l’altezza della fascia occipitale e i fermi che gestiscono le due “orecchie”, con in primo piano la morbida imbottitura in materiale antiscivolo.

Ingrandita e con le frecce, si vede meglio questa ulteriore possibilità di personalizzazione della calzata.

Cinturino sottogola all’insegna della tradizione, anche per contenere al massimo il peso.

Così troviamo le classiche clip a blocco di casa Met, una fibbia a sgancio rapido e l’anellino per tendere con facilità, accompagnato da un piccolo elastico per tenere in posizione la parte in eccesso.

Non c’è alcuna pattina a frapporsi nel contatto con la pelle, come è normale su caschi di impostazione sportiva.

L’imbottitura interna, removibile, lavabile e anallergica, è ridotta ai minimi termini pur restando molto comoda e morbida, segno di una spugna interna di buona qualità. Piccoli ovali si preoccupano di tenerla ferma.

Il Trenta 3K Carbon prevede due optional, comuni con altri modelli della casa.

Il primo è la fresca fascia frontale in gel, da montare al posto dell’imbottitura.

Ne testai l’efficacia sul Met Manta, provato nel torrido caldo del luglio inoltrato, scoprendone l’efficacia. Non l’ho provato con questo Trenta 3K perché ho pedalato con clima freddo e l’ho montato solo per verificare che non intralciasse la calzata. Nessun problema, come era logico attendersi.

Il secondo optional è la luce a led, ricaricabile e con sensore crepuscolare. In pratica si accende da sola col buio.

Si monta a incastro sulla fascia occipitale, non pregiudica l’accessibilità alla rotellina di regolazione e ha funzione fissa, intermittente e, come detto, crepuscolare. Quest’ultima quanto mai utile se durante l’uscita incontriamo gallerie. La impostiamo e lei si accende e spegne da sola, senza obbligo di fermarci per attivarla.

Il funzionamento l’ho illustrato in dettaglio nel test dedicato al Met Helmet Grancorso, casco urbano che sfrutta la stessa luce. Senza girare un nuovo video, che sarebbe stato identico cambiando solo il casco, vi ripropongo quello creato per quel test e che illustra chiaramente il funzionamento di questa utile luce.

Un ulteriore presidio alla sicurezza è posto sulla pinna posteriore, dove abbiamo una striscia di adesivo riflettente. Invisibile di giorno, quindi molto discreta, si illumina se colpita dalla luce. Al solito, molto più di quanto io riesca a mostrare in foto…

In materiale ad alta visibilità anche le due piccole scritte poste di lato, nella zona posteriore. Manco ci provo a fotografarle…

Di serie e non optional la gradita e pratica borsa da trasporto.

Imbottita su un lato, in tessuto forato sull’altro (così è possibile riporvi il casco anche se abbiamo sudato copiosamente), con chiusura a laccetto e logo della casa.

Il tutto contenuto in una elegante scatola con stampato il richiamo alla caratteristica tecnica più importante di questo casco, ossia la presenza della fibra di carbonio.

Tre le varianti cromatiche disponibili al momento in cui scrivo.

Il bianco visto fin qui e definito Raw, a indicare non che è grezzo come traduzione letterale vorrebbe; anzi, ha bellissimi riflessi perlati che non riesco a riproporvi in foto, come mi è impossibile mostrarvi e descrivervi la sensazione vellutata al tatto, setosa direi.

Poi abbiamo un nero matto anche lui definito Raw e infine la Anniversario: base nera e richiamo al tricolore.

Immagino arriveranno le versioni con le colorazioni ufficiali dei Team Gran Tour che utilizzano questo casco; ci sono per altri modelli di gamma e solo da questo lo deduco, non ho informazioni in merito.

Peso rilevato per la taglia M in prova: 215 grammi.

Segnalo, giusto per completezza di informazione, la presenza a catalogo della versione Trenta, quindi non con struttura in fibra di carbonio.

Fine della presentazione statica, possiamo voltare pagine e dare inizio alla prova su strada.

COMMENTS

  • <cite class="fn">Guybrush Threepwood</cite>

    Gran bel casco, senza dubbio.
    Ma a parte il prezzo che lo mette abbastanza lontano dalla mia portata, volevo chiederti le differenze dal punto di vista dell’areazione se paragonato al Manta che ha superficie “”piena” e senza scarichi: Personalmente patisco più il caldo che il freddo, dunque di primo acchito sceglierei il trenta (o qualcosa di simile), ma dal test del Manta mi ero convinto che l’areazione fosse comunque ottima grazie alle prese Naca/venturi.
    Ora, questo modello presenta sia le naca/venturi, sia le prese “tradizionali”. Quale sarà la scelta progettuale? Aumentare ancor di più il comfort rispetto al Manta pensando ai ciclisti più “accaldati” o altro? Inoltre se non ho capito male, pure la penetrazione aereodinamica è migliore se paragonata al fratello tutto chiuso? Insomma la domanda che sovviene è: Il Manta, che l’hanno fatto a fare?

    Daniele

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Daniele, parto dal prezzo. Elevato se si parla in assoluto perché 300 euro sono denari che chi lavora onestamente non può spendere a cuor leggero; più che giustificato se ti ritrovi questo casco tra le mani e soprattutto in testa. La costruzione in fibra di carbonio vale tutti i soldi spesi così come la qualità globale.
      Il concetto di assoluto torna anche per gli altri tuoi dubbi.
      Il Manta ha un eccellente ventilazione per essere un casco chiuso: appunto, per essere un casco chiuso. Non puoi considerarla in assoluto, cioè usando a paragone un casco aperto.
      E’ una ventilazione migliore persino di alcuni caschi aperti, è innegabile. Ma per forza paga dazio se lo paragoni a questo Trenta o altri top di gamma aperti. Devi sempre inquadrare il prodotto, e quindi il relativo test, per tipologia. Altrimenti si finirebbe col dire che con una bdc vai più veloce che con la Mtb su strada allora quella mtb da millemilionidilemuri è un cancello…
      Penetrazione all’aria; è specificato nel test: si parla di guida in gruppo e non da soli, dove quindi subentrano fattori diversi. In queste condizioni, a detta della casa perché io non ho strumenti per svolgere simili prove, la resa è superiore. Ed è inferiore a quella del Manta quando sei solo e pedali a certe velocità.
      Quindi due caschi top ma due caschi diversi, non sovrapponibili.

      Fabio

  • <cite class="fn">xtanatos</cite>

    Ciao, per fortuna lo street price è quasi sempre più basso di quello di listino: oggi si trova tra 240 e 270.
    🙂

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Massi, si, a qualcosa in meno sempre si trova nei vari store online; però in un test quando l’azienda ha un suo shop diretto è al prezzo lì che devi fare riferimento. Attenzione solo a leggere bene la versione, perché c’è a catalogo anche il Trenta, senza 3k Carbon a seguire per capirci, che costa effettivamente meno.
      Aggiungo una notazione perché un paio di giorni fa, quindi con test già pubblicato, ho avuto la prima giornata di vero caldo estivo. In una lunga sessione per raccogliere dati e foto per i test in arrivo avevo con me proprio questo Trenta 3K Carbon e ne ho potuto verificare l’efficacia della ventilazione, anche a basse velocità (le mie…) come non avevo potuto in questo strano inverno/primavera che ha visto venir giù la neve persino qui.
      Impietoso il confronto con altro casco che avevo con me: malgrado avesse molte più prese sembrava di indossare un berretto…
      Sono molto soddisfatto di questo Trenta 3K Carbon. Non è regalato ma più lo uso e più mi rendo conto che vale tutti i soldi chiesti.

      Fabio

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