L’officina in poco spazio

Tempo di lettura: 7 minuti

Come anticipato (ri)torniamo alle origini di questa rubrica, scoprendo insieme come allestire una piccola officina domestica. Lo faremo con diversi articoli, il primo dedicato alla pura e semplice logistica; l’attrezzatura nei prossimi.

Cosa intendo per logistica? Il miglior sfruttamento dello spazio a disposizione. Che sarà poco, questo articolo in particolare non interesserà chi dispone di un ampio box o cantina e non deve allevare i millimetri sperando crescano e si moltiplichino.

Partiremo dall’ipotesi più comoda diciamo così, ossia la disponibilità di un piccolo vano di servizio, per esempio uno sgabuzzino, e vedremo come sarà possibile trasformarlo in una attrezzata officina; ma tenteremo di scoprire se è possibile riuscire ugualmente ad avere subito sottomano tutti gli attrezzi (che è la prima regola di ogni officina) anche in mancanza di un locale, disponendo solo di una piccola porzione di parete in una qualunque stanza, tranne quella più intima ché non mi sembra il caso. Se poi nemmeno la parete è disponibile qualcosa ci inventeremo.

Prima di iniziare è però importante avere chiari tre punti fermi: il primo è che qualunque sistemazione adotteremo questa avrà un costo, più o meno elevato a seconda di quanti attrezzi abbiamo e optional di cui vogliamo dotarci; il secondo è che, come detto sopra nell’inciso, il fine ultimo è avere sempre gli attrezzi a portata di mano e in perfetto ordine. Quando in estate porto con me solo alcuni attrezzi in una normale cassetta, seppure dotata di qualche vano, operazioni che richiedono pochi minuti si dilatano nel tempo per pescare ogni volta dalla cassetta l’attrezzo giusto: insopportabile. Il terzo è che ogni sistemazione sarà frutto della nostra personalizzazione, in base a spazio disponibile ed esigenze. Quindi pannelli per gli attrezzi, scaffalature, mobiletti e accessori spesso dovremo costruirceli da soli, perché solo con molta fortuna potremo trovare quello che si adatta perfettamente ai nostri bisogni, senza sprecare nemmeno un pollice di superfice utile.

Bene, partiamo con l’ipotesi del piccolo vano di servizio da cui cacceremo scope, vecchi oggetti che all’epoca in cui li depositammo lì dentro ci sembravano troppo brutti per essere esposti in casa ma troppo belli per la discarica e qualunque altra cosa occupi spazio: fedeli al principio che siamo bravi mariti/compagni/fidanzati, facciamo il nostro dovere, non abbiamo altri vizi se non giocare con le bici e quindi cavolo: questo metro quadrato me lo prendo!

Risolti gli inevitabili conflitti familiari, passiamo ad analizzare con calma l’ambiente di cui ci siamo appropriati. Ognuno avrà forma e superfice utile differente, quindi qui non potrò certo illustrare un progetto valido per tutti. Ma le linee guida si.

E la prima è non soffermarsi sull’unico metro quadro calpestabile ma scoprire che oltre al pavimento ci sono le pareti: già, sono proprio le pareti la nostra salvezza; quelle che prima guardavano come il limite invalicabile del nostro spazio faticosamente conquistato diventano le nostre migliori alleate per riporre gli attrezzi. Anche nicchie, rientranze, profili irregolari possono essere sfruttati.

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Anzi se per esempio abbiamo una sporgenza ad angolo non guardiamola come colei che ci sottrae spazio quanto piuttosto come l’amica fidata che offre il suo aiuto sotto forma di una maggiore superfice sfruttabile.

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Se questa superfice disponibile sarà sufficiente o meno a ricevere tutta la nostra attrezzatura dipende dalla sua estensione e dalla quantità di attrezzi che possediamo. Ma potreste rimanere stupiti da come una attenta collocazione consente di non sprecare nemmeno un centimetro quadrato.

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Il trucco è sistemare tutti gli attrezzi su un tavolo e “giocarci a tetris”, provando e riprovando finché non si riesce a trovare il modo migliore di incastrare le differenti forme tra loro. Sempre lasciando il necessario spazio per afferrarli agevolmente. Se proprio qualcosa dobbiamo sacrificare, immoleremo gli attrezzi che usiamo meno, quelli che impugniamo due volte l’anno (e quindi poco importa che prenderli sarà scomodo, quella chiave verde a pappagallo non la uso da non so quanto…) lasciando maggior spazio a quelli di uso continuo.

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Come attrezzare queste pareti? In commercio esistono molte versioni di pannelli forati portattrezzi, in plastica o metallo.

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Però difficilmente potranno fare al caso nostro. Sono in misure standard, non ci consentiranno di sfruttare ogni minima superfice verticale di cui possiamo impossessarci. Una soluzione robusta, dal costo non esorbitante, facilmente modificabile ma al prezzo di un certa quantità di lavoro da dedicarvi sono i pannelli in legno.

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Economico abete, spessore di solito 1,5cm e dimensioni varie (30×70; 30×100; 50×70; 50×100 e così via), da tagliare poi noi a misura per adattarli alle nostre esigenze; come ho fatto io e potete vedere in basso.

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Non sono forati e questa è una seccatura perché dovremo essere noi con buona pazienza a creare i fori in cui avvitare i ganci per gli attrezzi.

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La tecnica migliore è disegnare una griglia con le linee distanziate tra loro di 1,5cm. Nulla vieta di ridurre lo spazio a 1cm a aumentarlo a 2cm; per mia esperienza la misura di mezzo è la più comoda.

Nei punti di intersezione delle linee andremo a forare; non sarà necessario forare completamente il pannello. E’ un lavoro che possiamo fare nel momento in cui collocheremo gli attrezzi, secondo la disposizione che abbiamo deciso prima e che sfrutta al meglio la superfice disponibile.

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Quando ho ristrutturato completamente la microfficina non ho subito forato integralmente tutti i (tanti) pannelli, limitandomi all’indispensabile. Poi con calma e a tempo perso ogni tanto mi facevo una “striscia”: di fori, ovvio.

Nel valutare spazio disponibile e collocazione degli attrezzi è sempre meglio lasciarsi del margine. Dopo qualche tempo potrebbe sorgere la necessità di nuovi attrezzi perché abbiamo cambiato bici, abbiamo deciso di regalarci quell’estrattore o ci è capitata una buona occasione per un set di chiavi combinate. Insomma, quando parliamo di officina e di bici nulla deve essere definitivo.

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Un trapano avvitatore a batteria di buona qualità e potenza è più che sufficiente per forare il tenero abete dei pannelli; la dimensione della punta dipende dai ganci che useremo. I più comodi sono quelli chiamati cancano, con filettatura da 3,5 e reperibili in differenti lunghezze.

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Il fatto si chiamino cancano non significa che se li chiedete sotto questo nome in qualunque ferramenta vi daranno ciò che volete; qui da me hanno tanti nomi quante sono le ferramenta interpellate: “viti a elle” vince comunque la classifica.

Per avvitarli senza farsi male esiste un apposito attrezzo in gomma; comodissimo.

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I fori andranno eseguiti con punta da 3mm, pena la scarsa tenuta. Si tratta di una punta piuttosto sottile e delicata. Anche acquistandone una di buona qualità si spezzerà uguale. E’ il caso di farne buona scorta se i fori sono tanti. Punta per legno e non per ferro, caratterizzata quindi dal piccolo puntale che serve a evitare scivoli via appena la poggiamo sulla superfice da forare. E poiché quasi sicuramente i fori li faremo coi pannelli già fissati alle pareti, avere la punta già ben salda in posizione prima di attivare il trapano è meglio. Non fidatevi dei ferramenta sprovvisti della punta per legno da 3 e che vogliono rifilarvi quella per il ferro perché a detta loro “dottò, quella è uguale”. Non è uguale, ho chiesto per legno, se la tieni bene, se non la tieni dillo ma non rispondermi che è uguale perché altrimenti nel tuo negozio non entro più.

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Per gli attrezzi che non è possibile fissare con le viti cancano dovremo ricorrere agli occhioli; anche qui vale il discorso fatto sopra, si chiamano occhioli ma ogni negozio ha una sua nomenclatura. Sono quelli in basso, in differenti misure, perfetti per i cacciavite.

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Ma prima di forare (o dopo per chi preferisce) dobbiamo fissare i pannelli al muro. Quattro viti a espansione agli angoli, i Fisher, dove il marchio si è identificato col prodotto, saranno più che sufficienti a reggere il peso complessivo di pannello e attrezzi.

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Un tassello da 6 con una vite di buona qualità è garantito oltre i 60kg, con quattro tasselli arriviamo a 240kg sostenibili. Hai voglia a reggere.

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Le viti dovranno avere lunghezza almeno uguale alla somma della lunghezza del tassello sommata allo spessore del pannello; se per esempio il tassello ha lunghezza 30mm e il pannello spessore 15mm dovremo ricorrere a viti da almeno 45mm di lunghezza.

Non è strettamente necessario ma consigliabile verniciare i pannelli e qualunque altro ripiano, come quelli che vedremo più avanti. Abbiamo usato legno grezzo, non trattato. Grasso e sporco penetreranno tra le fibre, mentre uno strato di vernice, va bene il semplice flatting marino, creerà la sufficiente impermeabilizzazione agli agenti esterni.

Una volta fissati i pannelli alle pareti potremo, se lo spazio ce lo consente, creare un piccolo piano di appoggio per i lavori che non richiedono la robustezza e solidità del banco da lavoro (che non sapremo nemmeno dove piazzare, ma di questo parleremo quando affronteremo il capitolo sugli attrezzi) semplicemente sfruttando qualche ritaglio avanzato dalla sagomatura dei pannelli o acquistandone uno a parte. Va bene anche un ripiano per mensole.

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Qualche staffa di sostegno, quelle per le mensole, avendo cura di fissarne in più (oltre alle estremità, una al centro) e che abbiano la parte su cui poggia il ripiano quasi coincidente con la sua larghezza, per evitare l’effetto leva.

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In una officina non sono necessari solo gli attrezzi; abbiamo sempre barattoli di grasso, boccette d’olio, lattine con solventi, spray per i più svariati usi, detergenti per la pulizia. Tutti accumunati dal fatto di avere ognuno una altezza diversa. Ci serve una scaffalatura, più ripiani possiamo avere meglio è. In commercio è facile trovarne, sia in metallo che in legno. L’importante è che i montanti (ossia i sostegni laterali) abbiano una infinità di fori per poter sistemare gli scaffali a qualunque altezza. Ripiani fissi significherebbe infatti un bello spreco di spazio, perché una altezza tra un ripiano e l’altro andrebbe sprecata se dobbiamo metterci solo confezioni di grasso, olio, pasta abrasiva ecc che sono tutte piuttosto basse. Nello spazio rimanente ci andrebbe tranquillamente un altro ripiano, ma essendo fissi non possiamo sfruttarlo.

Però abbiamo deciso che non dovremo noi adattarci a cosa troviamo in vendita ma costruire ciò che ci serve in base alle nostre esigenze. Ecco allora un suggerimento per creare con poca spesa una semplice scaffalatura, robusta, capiente e con l’innegabile plus di una regolazione micrometrica della altezza dei ripiani.

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Servono delle assi di legno, lunghezza e larghezza in base allo spazio disponibile lì dove il mobiletto sarà collocato; quattro barre filettate M12 e dadi e rondelle in quantità sufficiente, ossia 8 per ogni ripiano. Se vogliamo anche toglierci lo sfizio di dargli una bella finitura prenderemo 4 dadi ciechi.

La tecnica di costruzione è piuttosto semplice. Dobbiamo praticare su ogni ripiano quattro fori agli angoli con una punta per legno da 12mm, ossia il diametro della barra filettata.

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Questo è il passaggio più importante, dobbiamo prendere accuratamente la misura perché tutti i fori di tutti i ripiani dovranno essere perfettamente allineati lungo la linea verticale. In commercio esistono dime per foratura dal costo irrisorio: usandole è impossibile sbagliare.

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Prima di iniziare l’assemblaggio una mano di vernice trasparente, quella che magari abbiamo usato per i pannelli ma nulla vieta di donare un tocco di colore usandone una a nostro gusto, garantirà maggiore tenuta ai ripiani, resistenza allo sporco e facilità di pulizia.

A vernice asciutta passiamo a impilare gli scaffali lungo le quattro barre filettate. Per ogni foro del ripiano dovremo usare due rondelle e due dadi, sia sotto che sopra il foro.

Dado e rondella inferiori garantiranno l’appoggio, dado e rondella superiori la tenuta.

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In realtà usare anche un dado e una rondella sopra il foro non è proprio indispensabile perché lo scaffale è già abbastanza saldo se i fori sono stati praticati correttamente. Però se sfruttiamo al millimetro le altezze disponibili sistemando gli scaffali con una distanza minima in base a ciò che andremo a poggiarci, sfilando via una latta di petrolio, per esempio, potremo finire col dare un colpo dal basso al ripiano superiore; che, se non fissato da ambo i lati, compirà il classico saltello che farà rovinare a terra tutto ciò che sopra vi abbiamo poggiato. Un fastidio.

Decidiamo in anticipo cosa collocare sui ripiani, dividendo magari per altezza. Una livella (per avere i ripiani in bolla) e assembliamo tutti i ripiani disponibili in base alle nostre necessità. Il ripiano superiore possiamo chiuderlo con quattro dadi normali o quelli ciechi, più gradevoli da vedere.

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Il mobiletto che avete visto sopra è lungo 70cm circa, quindi non abbastanza esteso e quattro barre filettate agli angoli sono sufficienti. Se la lunghezza dei ripiani dovesse aumentare, perché avete più spazio e più roba, è meglio aggiungere altre due barre filettate al centro, per evitare che sotto il peso (perché alla fine su questi ripiani finiremo col riporre anche oggetti pesanti) le tavole si curvino.

Altra notazione; le barre filettate si trovano normalmente in commercio nella lunghezza di un metro. Se avete necessità di allungare questa misura sarà necessario giungere due barre filettate. In commercio esistono i dadi di giunzione, che servono proprio a questo. Quello in foto è un M6, ma perché questo avevo sottomano per le immagini. Esistono in tutti i formati, seppure non sempre semplici da reperire.

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Se abbiamo disponibile nel nostro locale anche una parete libera che non dovrà essere occupata da pannelli e abbiamo necessità di riporre oggetti ingombranti, ma non troppo pesanti, possiamo attrezzarla con una serie di mensole.

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Anche qui possiamo ricorrere al legno, una nota catena di arredamento le propone a un prezzo irrisorio; useremo le staffe reggimensola di misura adeguata e, se necessario, potremo rinforzare il tutto con qualche barra filettata unita grazie al dado di giunzione in modo scarichi a terra la forza, evitando possano inclinarsi/cedere se alla fine abbiamo caricato più peso del previsto, come nel mio caso dove avevo sottovalutato quanto potesse pesare l’infinità di minuteria varia con cui ho riempito i contenitori…

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Oltre una certa altezza i pannelli per gli attrezzi non possiamo collocarli, sarebbe una sciocchezza essere costretti a usare uno sgabello ogni volta che dobbiamo prendere una pinza. Questo ci lascia spazio libero tra pannello e soffitto: non sprechiamolo. In qualunque negozio dedicato al fai-da-te troveremo una ampia offerta di ganci da parete, in ogni foggia e dimensione. Scegliamo quelli più adatti alle nostre esigenze e spazi disponibili. Sono utilissimi per sistemare telai, ruote, borse ecc. in modo non ci stiano tra i piedi nel nostro poco spazio. Per evitare di ridurre a groviera le pareti una buona soluzione è ricorrere a lunghi listelli in legno, da fissare con pochi Fisher; a loro avviteremo i ganci, se ce ne servono in numero tale da superare i fori necessari al fissaggio dei listelli. Se due ganci bastano, non vale la pena.

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In questo caso ci servirà un piccolo scaletto da almeno un paio di gradini e comunque di altezza adeguata per raggiungere gli oggetti che abbiamo appeso ai ganci; della forma giusta si rivelerà anche un comodo sgabello da utilizzare alla bisogna, per esempio bici sul cavalletto da lavoro e noi a oliare con pazienza ogni maglia della catena.

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Sempre nei negozi dedicati al bricolage troveremo ampia offerta di un “complemento d’arredo” comodissimo: i cassettini portaminuteria. Esistono in differenti formati e misure e quelli migliori sono anche componibili. Ossia ogni singolo blocco può essere reso solidale ad altri su tutti e quattro i lati, formando un monolite. Quali, quanti e in che dimensioni è scelta personale. Dipende sempre dallo spazio disponibile e dalla quantità di minuteria che dobbiamo riporre.

Io ne ho fatto ampio uso, come potete vedere nelle immagini in basso; non solo per la minuteria ma anche per tutti quegli accessori più o meno grandi (mole, punte da trapano, carta abrasiva, guanti e via elencando) che mi serve avere a portata di mano e al tempo stesso diviso per tipologia. Beccandomi i lazzi di mia moglie ho inserito nell’apposito spazio di ogni cassettino una etichetta con l’indicazione del contenuto. Sono tantissimi, era indispensabile. A proposito di cassettini, è preferibile una versione che abbia un fermo di fine corsa, in modo non sfilino via facendo franare sul pavimento la pletora di minuscole viti che poi sarà un macello raccogliere. In basso una ampia carrellata di immagini di come li ho sfruttati.

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Visto che stiamo vagando tra gli scaffali del negozio brico, profittiamone per portarci a casa anche qualche vassoietto portaminuteria, scegliendone uno abbastanza grande e con gli scomparti in differenti misure. Si rivelerà utilissimo mentre stiamo lavorando sulla bici per riporre le viti e i bulloni che via via smontiamo, senza confonderli tra loro. Per esempio a occhio le viti dei freni sembrano uguali ma invece hanno una lunghezza di poco differente: viti freno posteriore in uno scomparto, viti freno anteriore in un altro. Non le perdiamo in giro, non rotoleranno via dal piano dove le abbiamo poggiate, non le confonderemo. Comodo.

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Può sembrare un eccesso ma lo scopo di attrezzare in un certo modo una officina non risponde solo alla necessità di crearsi uno spazio di lavoro: deve rendere il lavoro agevole senza perdite di tempo. Quante volte ci è caduta una vite, un dado e non siamo riusciti più a trovarla? Le nostre abitazioni nel momento esatto in cui iniziamo a lavorare su una bici attivano la modalità “triangolo delle Bermude”: qualunque oggetto indispensabile a terminare il lavoro e non immediatamente reperibile sparirà nel nulla, senza spiegazioni apparenti. Premuniamoci.

Se ci è avanzato spazio e abbiamo necessità di conservare componenti vari (cambi, selle, guarniture ecc.) possiamo ricorrere alle scatole in cartone. I negozi di bricolage e di arredamento le propongono in tutte le misure, fogge e colori. Quelle delle immagini in basso sono quelle che uso io, adagiate su una scaffalatura in legno. All’interno ho diviso i componenti per tipologia, una per cambi e deragliatori, una per le guarniture, una altra i freni, una altra la zona manubrio e così via. In questo modo trovo con facilità quello che mi serve, spesso non trovo quello che mi serve perché qualcuno ci ha messo le mani e si è portato via un souvenir senza dirmelo. Uno dei motivi per cui la microfficina ha cessato quasi del tutto l’attività, insieme alla sparizione di diversi attrezzi.

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Ultimo aspetto da considerare, ma importante: l’illuminazione. Oltre una luce al soffitto, potente e possibilmente a tonalità calda, ovunque serva e sia possibile cerchiamo di collocare faretti o lampade da lettura, quelle col braccio mobile.

Il mio lampadario ricavato da una piega da corsa lo conoscete già.

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Ho aggiunto un faretto che mi aiuta ad avere luce quando apro il banco da lavoro pieghevole e una piccola ma potente lampada da lettura che ha duplice funzione: illuminare il piccolo ripiano da lavoro e essere usata come luce radente quando ho necessità di comprendere meglio gli spessori/spazi tra due oggetti.

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Cestino per i rifiuti (indispensabile), un orologio facilmente visibile (comodo), un apparecchio per ascoltare musica (piacevole), piccolo aspirapolvere a batteria (pratico), bacheca per appunti (utile), calendario idoneo (estetico); macchinetta per il caffè e frigobar no, tanto siamo in casa e possiamo allungarci in cucina.

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Se il locale è privo di finestre è buona cosa prendere in seria considerazione la possibilità di installare un estrattore per l’aria.

Bene, fin qui qualche suggerimento se vogliamo attrezzare un piccolo locale sfruttando al meglio lo spazio. E se il locale non lo abbiamo? A noi serve comunque avere gli attrezzi a portata di mano, un colpo d’occhio e subito troviamo quello che serve.

Cercheremo allora di prendere possesso di uno spazio libero su una parete, possibilmente con una presa di corrente nelle vicinanze (se non c’è pazienza, filo elettrico, ganci per fissare i cavi e ce la portiamo noi) e spazio per muoverci: acquistiamo un armadio.

In commercio gli armadi portautensili sono realtà consolidata. Ma costano uno sproposito, sono di metallo (alcuni anche in legno, ma costano pure di più) e mal si conciliano con l’arredamento domestico con la loro aria da officina.

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Dubito sarebbero graditi da chi condivide l’appartamento con noi.

Lo andremo a cercare allora in un negozio di arredamento. Le misure in base alle nostre esigenze di archiviazione attrezzi mentre la finitura sarà scelta in modo che non stoni con l’arredamento. Che sia un mobiletto da parete, da pavimento o un piccolo guardaroba tutti hanno il loro punto debole nel pannello di chiusura posteriore. Troppo sottile e flessibile per fungere da pannello porta attrezzi. Sarà quindi nostra cura sostituirlo con qualcosa di più robusto, la soluzione migliore è sempre ricorrere ai pannelli in abete o a delle assi per via della lunghezza/altezza del mobile scelto.

Il taglio dei pannelli che useremo nella parte posteriore dovrà essere eseguito con cura, andando a combaciare perfettamente col profilo del mobile. Che se è in legno massello è meglio e, sempre se ricorriamo all’abete, lo pagheremo pure poco in una nota catena di arredamento di cui non faccio il nome: ma penso che chiunque di noi almeno una volta ci abbia messo piede e ne sia uscito con le loro inutili candeline…

Usare un guardaroba ha anche altri vantaggi, oltre quello puramente estetico di non distruggere l’armonia domestica: possiamo attrezzare il suo interno con ripiani e cestelli estraibili, scegliere una versione che abbia i cassetti, dotarlo di illuminazione interna e faretti orientabili che si riveleranno utilissimi per illuminare la zona di lavoro e sfruttare l’interno sia della ante che dei pannelli laterali per aumentare la superfice utile, con ganci, vaschette e quanto altro ci servirà.

Purtroppo non ho immagini da offrirvi, ne allestii uno anni fa per conto di un amico, che poi ha traslocato in altra città, e avendo abbandonato la bici per motivi di salute si sbarazzò anche dell’armadio attrezzato. Comunque date libero spazio alla fantasia, ne viene fuori un bel lavoro e vi renderete conto che potrete riporre più cose di quante immaginate sfruttando bene tutte le superfici. L’unica accortezza è dotare gli angoli di rinforzi, sfruttando le tante piastre sagomate reperibili nei negozi di bricolage.

E se nemmeno una piccola porzione di parete ci viene concessa? Allora non resta che ricorrere alla soluzione che preferisco meno: la cassetta portautensili. Non quella semplice, un solo blocco. Prendiamo almeno la versione a più scomparti e dotata di cassetti estraibili, per garantirci un minimo di divisione degli attrezzi. Uno scomparto per esempio chiavi combinate e pinze, uno per gli attrezzi per la manutenzione ruote, in un cassettino i diversi estrattori per pacco pignoni e movimento centrale e così via, giusto per non perdere ore a cercare il giusto attrezzo ogni volta.

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Un accessorio di cui è bene dotarsi, sia che abbiamo preso possesso di un piccolo locale e a maggior ragione se invece il locale non lo abbiamo e lavoriamo in salotto è un tappeto. Di gomma, come quello che si vende a metro e si usa per ricoprire i pavimenti o anche in tessuto vario, sempre del tipo che vendono a metro a poco prezzo. Servirà a non graffiare la preziosa piastrellatura, per non dire del parquet, e l’unica caratteristica irrinunciabile è che abbia uno strato impermeabile. Se cola olio il tappeto deve fermarlo, non lasciarlo passare a impregnare le fughe tra le piastrelle o il parquet. Se abbiamo conquistato il diritto di lavorare in salotto dimostriamo di esserne all’altezza…

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Bene, chiudiamo qui. Quelle mostrate sono le soluzioni che ho adottato io, non replicabili nelle misure a meno di non avere uno spazio del tutto identico; per questo infatti non ho indicato né un numero di pannelli da usare né le loro dimensioni. Come vedete nulla di difficile, se abbiamo intenzione di allestire una piccola officina domestica non ci spaventeremo per un poco di necessario bricolage. Anzi, è pure divertente 🙂

La prossima volta vedremo cosa appendere a questi pannelli.

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COMMENTS

  • <cite class="fn">Stefano</cite>

    Complimenti!….m viene quasi voglia di mettere mano alla cantinetta!!! per ora me la cavo con cassetta a scomparti di buona fattura, cavalletto pieghevole di marca conosciuta e pannello a muro 60×60 con gli attrezzi più usati a portata di mano, però una maggior razionalizzazione dello spazio disponibile (veramente poco) potrebbe ancora migliorare la qualità/resa del lavoro. prendo atto dei consigli, grazie. Ste

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Stefano, quando pubblico un articolo nella sezione Officina lo scopo non è solo informare, qualche amico maligno dice “per far vedere quanto sei professore” e con amici così non hai bisogno di nemici; ma soprattutto accendere in voi la voglia di impugnare gli attrezzi e provarci.
      Togli il quasi e fatti venire la voglia. Nel mio caso lo spazio è risicato, molto risicato, eppure dalle immagini sembra ben più ampio proprio perché attentamente sfruttato. E lavorare in un ambiente che abbiamo reso nostro e costruito sulle nostre esigenze rende ogni operazione più semplice e piacevole.
      Se, come spero, ti cimenterai fammi avere qualche immagine a lavori finiti. Più idee raccogliamo per creare le nostre microfficine meglio è per tutti.

      Fabio

  • <cite class="fn">vespaindiana</cite>

    Favoloso! Mannaggia, però, mentre mi impegno per sviluppare competenze base di ciclo meccanica, scopro che prima devo essere un po’ falegname e un po’ architetto! 🙂 A parte gli scherzi, l”articolo mi ha suggerito soluzioni concrete: si può fare!

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao vespaindiana, sono lavori molto semplici da svolgere e non richiedono attrezzi particolari. Il vantaggio è poter sfruttare ogni cm perché non saremo noi ad adattarci a cosa c’è in commercio.
      L’articolo è vecchio, risale a quasi due anni fa rispetto a questo commento e nel frattempo tutto l’ordine che si vede nelle foto è andato a farsi benedire…
      Sono stati aggiunti attrezzi e c’è un caos di roba appesa alle pareti; ma già il fatto sia riuscito a far entrare tutto in così poco spazio e, cosa più importante, mi riesce persino di ritrovarlo, è un buon risultato 😀

      Fabio

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