La pedalata rotonda

Tempo di lettura: 8 minuti

La bici la spostiamo con la forza delle nostre gambe: sono loro il motore. Una verità tanto ovvia quanto trascurata; soprattutto una verità che vale per chiunque pedali e non solo per gli sportivi.

L’errata tecnica di pedalata significa sprecare energie, e poco conta se stiamo cavalcando la sportivissima in materiali esotici o il cancellone del supermercato.

Pensiamo all’automobile e poniamo abbia un serbatoio da 50 litri: guidando in regime di coppia, sfruttando con sapienza il cambio ed eliminando attriti e dispersioni potremo percorrere 20 km con un litro di carburante; lasciando il freno a mano tirato, le gomme sgonfie, usando male il cambio e così via andremo più piano e con un litro di carburante non copriremo più di 10 km. Nel primo caso con un pieno potremo viaggiare 1000 km e sicuramente in meno tempo; nel secondo caso non riusciremo a coprire che metà distanza e a una media inferiore. Dati ipotetici, è solo per spiegare il concetto.

Bene, con le nostre zampette è la stessa cosa. Pedalare bene significa sfruttare in pieno la nostra energia e poco importa se l’uscita è di quelle pancia a terra o naso in aria. Meglio pedaliamo più strada faremo, senza sprecare energie o impiegarne più del necessario. Significa che alla fine ci saremo goduti di più il nostro giro, avremo stipato quella riserva necessaria ad affrontare la salita che faticavamo a vincere, ci saremo divertiti.

E tutto questo perché avremo imparato a sfruttare meglio le nostre gambe. Come? Grazie alla pedalata rotonda.

Bella forza, mica esiste la pedalata quadrata. Giusto.

Quindi cos’è questa mitologica pedalata rotonda? E’ l’azione circolare esercitata in contemporanea per cui mentre una gamba spinge, l’altra tira su il pedale. Semplificando, significa che invece di usare un solo muscolo ne usiamo due. Non è proprio così, però rende l’idea.

Ma è dote innata o può essere allenata, appresa diciamo così? Tutte e due, perché l’elasticità muscolare aiuta; ma trattandosi di muscoli, alla fine è sempre qualcosa che può essere allenato.

L’unico punto fermo, l’unico elemento cioè immodificabile è che servono pedali con aggancio. Con le gabbiette è più difficile ma non impossibile, con i pedali liberi è inutile parlarne.

Forse proprio questa necessità, questo obbligo di usare pedali con aggancio, ha relegato nell’immaginario ciclistico la pratica della pedalata rotonda riservata solo agli sportivi. Visione che non condivido, pedalare agganciati è pratica che serve a tutti e ci si può derogare solo nelle caotiche metropoli e per brevi tragitti dove, troppo spesso, le condizioni del traffico impongono manovre da piede a terra per non essere travolti.

Dipendesse da me, abituerei i ragazzini all’uso dei pedali con attacco appena tolte le rotelle alla bici. Anche perché la tecnica della pedalata rotonda è facilissimo impararla quando si è molto giovani; crescendo diventa più difficile, prima bisogna vincere gli anni di abitudine a gesti diventati naturali. Quante volte vediamo ciclisti professionisti con una postura in sella lontana dai canoni della perfetta efficienza; se però proviamo a metterli in sella come scienza vuole, la loro pedalata perde incisività. Strano? No, perché ormai dopo tanti anni in sella il corpo si è adeguato a quel gesto e a quella posizione assunta all’inizio della carriera e ormai rende bene solo così. Del resto non dobbiamo mai dimenticare l’ossimoro dell’andare in bici: lei è simmetrica, il nostro corpo no. Chi dei due si adegua? Appunto.

Con la pedata rotonda è lo stesso, c’è da vincere l’abitudine alla pedalata solo di spinta, quella che per comodità ormai tutti definiscono a stantuffo. Da più anni si stantuffa, per restare con questa immagine, più è difficile e lungo l’apprendimento della pedalata rotonda. Ma non spaventatevi: due o tre mesi di allenamento mirato possono essere sufficienti a padroneggiare la tecnica. Servono costanza, impegno e i rulli.

Si, i rulli sono fondamentali perché, mia personale convinzione, alcuni esercizi sono troppo pericolosi su strada e altri impossibili. Rulli classici, non i roller per capirci, di quelli a cui agganci la bici e resta in piedi da sola.

L’ideale sarebbe un rullo diretto, di quelli che misurano al centesimo la potenza espressa e rimandano sul loro software i grafici. Così si ha un immediato riscontro delle differenze tra i due sistemi di pedalata oltre a poter visualizzare i miglioramenti in tempo reale. Ma va bene anche un rullo smart, come per esempio l’Elite Qubo che ho recensito qui sul blog e che mi è servito per la procedura fotografica.

Perché c’è poco da fare: allenare la pedalata rotonda non è sforzo solo muscolare: è sforzo, piuttosto impegnativo, mentale. Richiede concentrazione assoluta sul gesto, sul sentire la gamba, sul riconoscere fasi e momenti dell’azione e per questo io non posso in tutta coscienza consigliare esercizi da fare su strade aperte. I miei lettori ci tengo a conservarli interi…

Chiarito questo possiamo entrare in dettaglio e scoprire cos’è la pedalata rotonda.

COMMENTS

  • <cite class="fn">Giovanni</cite>

    Fabio, innanzitutto mi domando se siano rimasti più meravigliati quelli della Sram nel vederti tutto fasciato Campagnolo o quelli di Campagnolo nel vedere la meccanica Sram?..:-) Poi mi dici dove trovare quella “tutina” perchè con la mia livrea e la mia meccanica andrebbe a nozze. Che taglia indossi…:-)…?
    Abbandoniamo il faceto e passiamo al serio. Splendido articolo, ne avevamo parlato già e l’ho letto con molto interesse.
    Chi ha dato una sbirciata al racconto della nasciata della mia bicicletta, la Carlà di Giovanni, sà che anche se le due ruote occupano da sempre un posto importante nel mio cuore solo da poco mi è stato possibile rimettermi in sella e godere a pieno della mia passione. Questo però ha avuto un vantantaggio, ero una tavola bianca su cui scrivere. Col supporto di Fabio con la pazienza del mio amico di uscite Biagio, ma sopratutto grazie alla grande esperienza e saggezza del Maestro Carlà, ho potuto da subito apprezzare quale vantaggio sia la pedalata rotonda. Maestro Carlà, quando mi ha messo sul “trespolo”, come chiama lui il simulacro con cui definire le misure del telaio, si accorse da subito di come la mia pedalata fosse poco “prestazionale”. Nonostante non manchi molto alla soglia dei 90 anni era chino al mio fianco per farmi capire quale vantaggio fosse nell’azione della pedalata poter sfruttare al massimo l’azione muscolare, di spinta nella prima fase e trazione nella seconda come illustrato da Fabio.
    Provate su una breve rampa e non crederete voi stessi alla sensazione che ne riceverete.
    Certo come messo in luce da Fabio bisogna impostare le giuste altezza di sella e tacchette perchè la caviglia deve avere il giusto grado di libertà e deve essere messa nelle migliori condizioni operative. Qui voglio spezzare una lancia a favore dei grandi maestri telaisti italiani, prima di fare un acquisto rivolgetevi ad uno di loro, non ve ne pentirete, anzi vi apriranno un modo meraviglioso e vi metteranno nelle condizioni di poter pedalare al meglio.
    Essenziale ho trovato nel lavoro di perfezionamento il rullo smart della Elite. In sella chiudo gli occhi e provo a sentire il movimento di ogni fibra, gestisco con calma la dinamica del movimento in modo da metabolizzarla. Ed anche qui, una digressione,il rullo non può fare che bene, chi l’ha comprato, definito inutile e gettato in cantina non ha fatto che sprecare una grande potenzialità. Credetemi.
    In conclusione ringrazio Fabio, che si prodiga nel farci vivere a pieno la bellezza della nostra passione.
    Giovanni

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Giovanni, mi fa molto piacere questo tuo intervento.
      E’ da diversi anni che sostengo l’utilità dell’esercizio a occhi chiusi, concentrati solo sul “sentire” la gamba. L’idea me la diede una delle persone che seguivo quando svolgevo il servizio civile obbligatorio, spiegandomi come e quanto i suoi altri sensi si fossero ampliati dopo l’incidente che, tra le altre cose, lo privò della vista. Da lì partimmo su tanti discorsi sulla concentrazione, meditazione e così via e mi venne l’idea (su suo imput) di provare con la bici, per imparare a decifrare le sensazioni che arrivano dal proprio corpo.
      Ma sempre e solo sui rulli, perché ovviamente su strada è improponibile.
      Da una decina d’anni è esercizio che viene consigliato un poco da tutti. Come dissi al mio amico tempo addietro col cinismo che può nascere solo dal grande affetto “Lo sai? Ci avevi visto giusto…”.
      Hai ragione a suggerire il ricorso ad abili telaisti, ma quelli di vecchia scuola: quelli che ti “vedevano” in sella e ti costruivano il telaio sotto; non quelli che saldano e basta. E purtroppo i primi ormai stanno scomparendo.
      Da evitare assolutamente biomeccanici improvvisati e software vari. Servono l’occhio umano e la sua esperienza.
      Ma da soli si può fare molto e bene, a patto di approcciarsi con umiltà, con la consapevolezza che bisogna azzerare tutto e imparare di nuovo ad andare in bici. E qui diventa difficile…

      Fabio

  • <cite class="fn">Giovanni</cite>

    Fabio, quando mi è possibile sono sempre da Carlà, perchè imparo sempre qualcosa, il Maestro è fonte inesauribile di sapere ed è sempre attento alle novità come ad esempio una nuova lega per le saldature. Fossi a Milano credo che dormirei fuori dalla porta del Maestro Masi, leggenda vivente. Se qualcuno pensa che la loro età gli renda poco attenti alle novità,credetemi vi sbagliate, lo sguardo è sempre rivolto al futuro ed alla continua ricerca della perfezione unita alla bellezza. Anche sul rullo e sul suo uso i consigli del maestro sono stati fondamentali.
    Giovanni

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ah beh, pure io pianterei le tende al Vigorelli 😀
      Purtroppo stanno sparendo; però proprio da Masi puoi vedere tante giovani leve e questo mi fa ben sperare.

      Fabio

  • <cite class="fn">alfaluna</cite>

    Io di rotondo oramai ho solo la pancia…..
    Dopo un ennesima caduta ho tolto i pedali a sgancio rapido.
    La mia gamba sinistra non riesce proprio ad eseguire velocemente il movimento in caso d’imprevisto ed il ruzzolone è sempre dietro l’angolo. Problema fisico mio di rotazione dell’arto, quindi stantuffo 🙂

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Prova con le gabbiette a cinghia 😀 😀 😀
      No vabbè, passo in modalità serio. Molla al minimo della tensione e un velo di paraffina sui pedali. L’azione di sgancio è istantanea, pure troppo.
      Alla fine è solo questione di abitudine. I vantaggi sono talmente superiori all’ipotetico svantaggio, dovuto più a un movimento forse errato, che non vale la pena abbandonare gli attacchi.

      Fabio

  • <cite class="fn">Quadrato#21</cite>

    Ma,se si lascia la caviglia decontratta durante la trazione il piede non si posiziona correttamente naturalmente?

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao, sicuramente se la posizione in sella è corretta e tutti i parametri rispettati la caviglia sarà libera di muoversi in modo corretto. E poi?
      Se distendi le braccia parallele al busto sono in posizione naturale; se in questa posizione impugni due bilancieri hai un moderato impegno muscolare; se però i bilancieri li sollevi allora si che il muscolo entra in azione.
      Qui è lo stesso, caviglia libera ok, ma se non tiri a nulla serve.

      Fabio

  • <cite class="fn">Quadrato#21</cite>

    Come pensavo, chiarissimo… Grazie mille e complimenti per ció che fai e la passione che ci metti.Ciao!

  • <cite class="fn">Gabriel</cite>

    Bravo….mi hai dato ottimi consigli…ieri sera ho scoperto sui rulli che con la sinistra da sola non sono capace di far girare il pedale…..e la gamba sinistra ce l’ho molto debole….

  • <cite class="fn">Gian Patrizio Cremonini</cite>

    Fabio,

    dopo aver letto e riletto, tra gli altri, il tuo post mi sto dedicando alla pedalata rotonda che per me (che sono un novizio della bici, con pochi mesi di attività ripartiti tra MTB e stradale) costituisce una scoperta.

    Le gambe rispondono, anche se non mi viene spontanea, richiede un notevole impegno mentale e non riesco ancora a tenerla come pedalata “standard” (però la mia stantuffata si è addolcita molto, prima le spinte dei piedi erano divise in fasi di carico/scarico molto più marcate, ora è tutto più pastoso).

    Ho tuttavia questa difficoltà: se inizio a pedalare rotondo, non riesco ad impedirmi di aumentare il ritmo, il che in salita costituisce un ostacolo. Le gambe girano meglio e più facilmente (sembra quasi di montare un pignone più piccolo), ma girando più veloci tendono a mettermi in crisi col fiato. Se provo a rallentare, perdo la pedalata rotonda.

    E’ solo una questione di “provare provare provare provare”, oppure c’è un barbatrucco od un esercizio che potrei adottare per aiutarmi a migliorare ?

    grazie, Patrizio

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Gian Patrizio, la pedalata rotonda tutto sarà ma sicuramente non è intuitiva né naturale…
      Lo diventa col tempo, con l’allenamento, con l’abitudine diciamo così.
      In questa fase, sei all’inizio, è normale trovarsi in difficoltà, per questo consiglio di usare i rulli. Su strada concentrarsi sulla pedalata distrae dalla strada.
      Se non hai rulli, inizia col pedalare solo tirando. Non preoccuparti se poi ogni tanto spingi, pensa al traffico.
      Devi uscire spesso, anche per poco ma spesso, almeno 4 volte a settimana. E piano piano ti diventerà naturale.
      Non è una cosa che si apprende dalla sera alla mattina, ma nemmeno servono anni. Un paio di mesi ben fatti bastano.

      L’aumento di cadenza è un effetto, benefico, naturale. Ovvio che ti sembra di pedalare con un pignone più agile, stai usando anche altri muscoli che prima erano inattivi. Sale la cadenza, viene il fiatone: allenamento, tutto nella norma. Anzi, vuol dire che stai pedalando bene.
      Costanza e pazienza, ma ne vale la pena.

      Fabio

  • <cite class="fn">Teo</cite>

    Un consiglio che vorrei dare: scatto fisso. A me ha insegnato “obbligatoriamente” la pedalata rotonda… non si può stantuffare quando i pedali girano da soli (e mi ha insegnato a pedalare sempre, anche in leggera discesa, come diceva Sheldon Brown “coasting is bad”).
    L’ho poi dovuto abbandonare causa menisco ma è un’altra storia…
    Riguardo i rulli liberi, secondo me possono aiutare a pedalare rotondi… certo, a meno di esser veramente bravi non si possono chiudere gli occhi ma si sente subito (il suono cambia) se la pedalata è irregolare.
    Cosa ne pensi?

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Matteo, la scatto fisso è eccellente per tanti aspetti.
      Ma, poco da fare, o hai le ginocchia a posto oppure rischi danni seri.
      Per questo io evito di consigliarla in via generale, non è adatta a tutti soprattutto dopo una certa età.
      Rulli liberi quasi stesso discorso, sai in quanti al’inizio ci cadono?
      Quando scrivi un articolo destinato a molti devi per forza selezionare, evitando argomenti o suggerimenti che non tutti potrebbero seguire.

      Fabio

  • <cite class="fn">Giovanni</cite>

    Ciao, da ragazzo ho avuto come mentore un appassionato di ciclismo e di fisica, che mi ha spiegato la pedalata rotonda con concetti “vettoriali” Partendo da 12, queste sono le mie fasi, oramai eseguite in autonomia:
    12-15 spinta in avanti e in basso;
    15-18 spinta in basso e trazione indietro;
    18-21 trazione indietro e trazione in alto
    21-12 trazione in alto e spinta in avanti.

    Che ne dici? In realtà la massima efficienza detterebbe il modulare le singole forze vettoriali in funzione della posizione del pedale, ma io applico le due spinte e due trazioni in modo grezzo e sento che la bici vola. Sul discorso caviglie non ci avevo mai pensato, per ora fastidi non ne ho.

    Quando vado al lavoro con la MTB con pedali flat, le gambe saltano e schizzano da tutte le parti e faccio fatica a tenere i piedi appoggiati ai pedali. Anche a voi?

  • <cite class="fn">denis</cite>

    Ma quindi una pedalata rotonda ha bisogno di una tacchetta più avanzata per aumentare il contributo della caviglia nel punto morto superiore? Una tacchetta troppo avanzata non é forse deleterea perché aumenta la leva con sovraccarico del polpaccio?

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Denis, mai sostenuto di avanzare le tacchette. Ognuno usa la sua posizione.

      Fabio

      • <cite class="fn">denis</cite>

        Certo fabio, chiedevo solamente se una posizione più avanzata potesse in qualche modo agevolare il gioco di caviglia necessario per ottimizzare questo tipo di pedalata nel punto morto superiore o se invece si potrebbe rilevare addirittura controproducente perchè appunto aumenta la leva favorendo l’insorgenza di problematiche a livello muscolo tendineo

        • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

          Ciao Denis, no, sarebbe sbagliato avanzare le tacchette. La loro posizione è univoca ed è quella “giusta” per il piede del ciclista. Solo la corretta posizione assicura il miglior rendimento.

          Fabio

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