La bici non è un’arma, Trek e Fuji prendono posizione

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Biciclette brandite come armi per disperdere in USA i manifestanti del movimento Black lives metter.

Una immagine che ha colpito e scioccato chi quelle bici produce e chi quelle bici distribuisce.

E’ successo con Trek e con Fuji.

Parto da quest’ultima.

Con un comunicato stampa la BikeCo LLC, distributore del marchio Fuji per il Nord America, annuncia la sospensione della fornitura alle forze di polizia.

Una presa di posizione netta, senza timori, senza inseguire esigenze di marketing che inviterebbero al quieto vivere, soprattutto in una fase storica dove la leadership statunitense ha mostrato enorme spirito vendicativo contro chi la critica.

Potreste pensare che in fin dei conti son numeri di vendita bassi, che danno sarà mai. Invece no, è un buon fatturato, Fuji vende anche su uno store dedicato, differente legislazione per le forniture rispetto a noi, c’è l’autonomia dei dipartimenti.

Questo un estratto del comunicato cui ho fatto cenno.

Sapere che ci sono casi in cui le biciclette sono state usate come un’arma contro coloro che sono vulnerabili, coloro che parlano apertamente contro il trattamento ingiusto delle persone di colore e quelli che stanno al loro fianco per sostenere il cambiamento, ha profondamente sconvolto la nostra comunità, la nostra azienda e il cuore del marchio Fuji. Supportiamo molte organizzazioni e atleti diversi, non per marketing, ma perché vogliamo davvero fare la differenza nella nostra comunità. Vedere questi sforzi messi in ombra dai casi di violenza con le biciclette è inaccettabile“.

Di seguito un video, se non dovesse partire potete vederlo a questo link

Il comunicato stampa integrale, in inglese, lo potete leggere qui sotto.

comunicato

Altra azienda, tutta americana, ha fatto sentire la sua voce, la più autorevole.

Appena pochi giorni fa John Burke, CEO di Trek, ha pubblicato un lungo post sul blog dell’azienda.

Un post che con la bici, in senso tecnico, nulla ha da spartire.

Un vero e proprio proclama, una presa di posizione con un preciso programma di proposte.

L’apertura è netta, va subito al punto.

Le ramificazioni della indicibile tragedia dell’omicidio di George Floyd dovrebbero estendersi in lungo e in largo in tutto il nostro paese. La morte di Floyd rappresenta il peggio di ciò che è diventato troppo comune nella nostra società: brutalità della polizia e razzismo. Spero che sia fatta giustizia, ma la domanda che mi trovo a porre è questa: la giustizia è sufficiente?

La mia opinione è che l’omicidio di George Floyd significhi più della cruda brutalità della polizia che gli afroamericani hanno vissuto per generazioni. La morte di Floyd, e le rivolte che ne sono seguite, significano in un senso maggiore, la crescente disparità tra le realtà vissute dai neri e i bianchi negli Stati Uniti“.

Prosegue enunciando obiettivi da raggiungere: istruzione, reddito, sanità, nutrizione.

E colpisce il fatto che stia parlando degli Stati Uniti d’America, la superpotenza che nel nostro immaginario come in quello delle generazioni che ci hanno preceduto è sempre stato il Paese di Bengodi. 

Ma colpisce ancor più come Burke non si limiti a generiche dichiarazioni di principio, ché a dire “debelliamo la fame nel mondo” son bravi tutti, il punto è dire come fare.

No, il Ceo di Trek indica problemi e suggerisce soluzioni, con cognizione, competenza, con un richiamo giurisprudenziale che, per chi sa come funziona il Diritto da quelle parti, ha valore giuridico enorme.

Ora non pensate a John Burke come a uno che passi il suo tempo a parlar di bici.

E’ uno con solidissime basi, ha percorso i migliori studi, ha pubblicato due libri di cui uno intitolato “12 semplici soluzioni per salvare l’America” dove di semplice c’è solo il titolo.

E’ uno che non ha timore di schierarsi, l’etica prima del profitto. Che nella patria del capitalismo è quanto di più prossimo a farti bollare come socialista, categoria che lì ha tutt’altra valenza che da noi. E non aiuta negli affari. 

E non penso proprio gli abbia fatto piacere vedere qualcosa come l’immagine in basso

Infatti in un articolo della rivista Forbes  (da cui ho tratto i video e alcune immagini e che vi invito a leggere integralmente) dichiara “[Trek ha] sempre creato biciclette per il bene, per le persone e il pianeta. Le nostre biciclette hanno svolto un ruolo importante da molto tempo nei programmi di rafforzamento sociale della comunità, portando le forze dell’ordine fuori dalle stazioni e dai veicoli e nei quartieri dove sono più collegati alle comunità che servono“.

Burke ha aggiunto che “questo approccio alle relazioni con la comunità ha prodotto cambiamenti positivi nel corso degli anni e vogliamo che i nostri prodotti siano utilizzati in questo modo“.

Un poliziotto in bici è un poliziotto dal volto amico, in sintesi. In contrasto con quello che potete vedere in questo video.

Alle immagini violente di bici brandite come armi fa da contraltare questa, con le bici dei manifestanti schierate a formare una barriera difensiva.

Io ho sempre creduto che la bici sia una passione ma anche una visione del mondo, uno stile di vita. E mi stupisco sempre quando leggo persone che vanno in bici osannare chi diffonde odio e menzogne qui da noi. 

Non perché la bici è di sinistra o destra, anche se nel Ventennio il regime la guardava con sospetto e faceva buon viso a cattivo gioco solo perché troppo amata dal popolo, che era meglio non inimicarsi oltremisura. E c’è oggi chi perpetua quella tradizione.

No, la bici è semplicemente qualcosa che entra in modo naturale nella vita di chi crede in certi valori, che spaziano dall’impegno all’inclusione, dalla solidarietà all’apertura verso il prossimo.

Ci sono aziende che mi piacciono per i loro prodotti.

Ci sono aziende che mi piacciono per i loro prodotti e per la filosofia che trasmettono, che va oltre il prodotto; e accolgo con gioia le dichiarazioni di Fuji e Trek, a cui sono certo altri si aggiungeranno.

La bicicletta è più di un telaio, ruote, trasmissione.

Non dimentichiamolo mai.

Buone pedalate.

COMMENTS

  • <cite class="fn">morescopiero</cite>

    Se quelle aziende, come penso che sia, avevano un codice etico dovevano aver già fatto certe valutazioni perché i metodi della polizia americana purtroppo sono tristemente noti.
    Cos diventa tutta pubblicità gratuita ….. purtroppo

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Piero, a pensar male si fa peccato ma ci si indovina quasi sempre. Quasi.
      Stavolta siamo appunto nel quasi, perché sono molti anni che, per esempio, Burke sostiene in parole e fatti le sue idee. Mica parliamo di un imprenditore come quello che l’altro giorno era in piazza a protestare mentre era indagato per omesso versamento dei contributi ai dipendenti, svariate decine di migliaia di euro.
      E non trascuriamo che non tutta la polizia americana è così, come non tutti i nostri carabinieri e poliziotti, anzi.
      Questa protesta ha un elemento di novità rispetto ad altri movimenti nati dopo le violenze sugli afroamericani: i bianchi sono quasi di più. Che non è frase mia ma il titolo di un interessante reportage della CNN che ho visto qualche giorno fa.
      C’è una differente presa di posizione di tanta parte della società americana che prima non si sentiva coivolta.
      Non pensiamo sempre male, ogni tanto del buono c’è.

      Fabio

  • <cite class="fn">Enzo</cite>

    Anche io penso sia una dichiarazione marchetta, buona o cattiva pubblicità è sempre pubblicità.
    Se posso aggiungere un mio pensiero, massimo appoggio alle forze di polizia americane, per colpa di 2-3 pessimi soggetti, l’ordine e la sicurezza dei cittadini non deve essere sottoposto al consenso ondivago delle masse (aggiungerei, strumentalizzate dal classico “volemose bè, ma ognuno a casa sua…”).

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Enzo, se ti riferisci al mio scritto stai sbagliando, come dimostrano la mia storia personale e quella di questo blog.
      Se invece ti riferisci alle comunicazioni delle aziende anche, perché non è la prima volta che si schierano e da tempo, Trek sopratutto, segue una pletora di iniziative benefiche e sociali, oltre ad applicare un rigoroso codice in azienda e coi fornitori.
      Sono uno sempre attento a questi temi, uno che quando ha acquistato una auto prima si è informato sulle condizioni di lavoro. Forse eccedo, lo so.
      Ma, interpretando il tuo pensiero, anche io credo che non ha senso protestare indossando scarpe cucite da minorenni schiavizzati in estremo oriente.
      Informarsi, sempre: e io ci provo.

      Fabio

    • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

      Oddio, capisco il non voler generalizzare, ma la quantità di violenza gratuita che si è vista (letteralmente, filmata da cellulari e videocamere – chiedere ai reporter australiani di Channel 7 a Washington tra gli altri) in questi giorni mostra come il problema dei metodi della polizia sia ben più generale delle “poche mele marce in un cesto di sane”… e questo va al di là del problema del razzismo. Solo le morti per armi da fuoco per mano della polizia superano il migliaio ogni anno. E morti come quella di Floyd, così come quelle in custodia della polizia, non rientrano in questa statistica, per dire. Per non parlare degli incidenti e delle violenze sistematiche, molto più difficili da quantificare. È chiaro che non tutti gli agenti sono assassini, ma i problemi sono sistematici e non sporadici…

  • <cite class="fn">Enzo</cite>

    Mi riferivo al commento di MorescoPiero nella mia prima riga.

  • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

    “Io ho sempre creduto che la bici sia una passione ma anche una visione del mondo, uno stile di vita”
    Eh magari… Non per essere cinico a tutti i costi, ma ho avuto modo di vedere come i bei slogan tipo “Montagna maestra di vita” vengano facilmente disattesi sia dai cosiddetti “grandi” che dalla gente comune. Una passione non ci salva dai nostri difetti purtroppo.
    Interessante il passaggio su Trek e Burke, che non conoscevo. Penso che, al di là degli affari, l’idea di dare una bicicletta alle forze dell’ordine le possa davvero far percepire come più umane (sperando che poi non sia solo percezione). La differenza rispetto ad un auto o ad un cavallo è notevole, secondo me. Muoversi a piedi nella cittadina americana media non è un opzione 😀
    Poi che ogni cosa possa venire usata come arma è la storia umana che ce lo insegna, quale che sia lo scopo originario e l’intenzione dell’inventore. E se non lo fai tu ci proverà qualcun altro…

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Beh Paolo, io cinico non sono.
      Una volta un pasdaràn molto convinto del suo beniamino pensò di troncare ogni mia obiezione con quella che secondo lui era una offesa: “eh, ma se tutti facessero come te allora non servirebbero più leggi, tribunali, polizia”.
      Ecco, simile affermazione oltre a denotare il poco acume dell’elettore tipo di quell’individuo, fu ovviamente per me complimento.

      Piccolo esempio: io non ruberei mai una bici; se tutti agissero come me potremmo lasciare le bici ovunque senza preoccupazioni.
      E’ così brutto?
      Ok, irrealizzabile ma il punto non è qui. Non dobbiamo star lì ad attendere dall’alto che qualcuno ci dica o imponga come comportarci. Volendo, possiamo deciderlo noi facendo la cosa giusta. In ogni singola anche apparentemente insignificante azione.
      Altro esempio? In questi mesi girava una frase, non la ricordo esattamente, ma il senso più o meno era “infermieri a 1000 euro al mese, calciatori a 1 milione: la prossima volta fatevi curare da loro”.
      Ecco, io non seguo il calcio. Se pochi o addirittura nessuno lo seguisse, i calciatori prenderebbero due centesimi.
      Ribatto subito anche alla possibile obiezione e ti dico che no, da tempo non seguo più nemmeno i grandi giri in televisione, proprio in segno di protesta contro l’eccessiva mercificazione di questo sport.
      Sono stato lo scorso anno a una tappa del Giro, ma solo perché era abbastanza vicina a me e ne profittai per parlare a voce con alcuni manager della comunicazione, visto che il più vicino di solito è a 700km da casa mia. Appuntamento in albergo a 20 km di distanza dal traguardo, dove non andai.

      Non siamo perfetti, sbagliamo, ma possiamo anche provare a fare la cosa giusta. Addirittura a volte ci riusciamo.

      Fabio

      • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

        Ok forse mi sono spiegato male. Non volevo dire che bisogna rinunciare agli ideali o ad una visione di ciò che si ritiene giusto, quanto piuttosto al fatto che una passione (o un hobby, un’ideologia, uno stile di vita) non ci salvano dall’essere persone come tutte le altre, con pregi e difetti. Non volevo passare per cinico, ma semplicemente non mi stupisce (più) trovare ogni tipo di persona all’interno di una categoria abbastanza ampia: sono tutte rappresentate e tendenzialmente con le stesse quote. Poi alcuni ambienti sono ovviamente ricettacolo di uno specifico settore della società, ma la bici è abbastanza diffusa per non ricadere in questo caso, mi pare. A volte distingui fra “l’essere ciclisti” e “andare in bici”… però all’atto pratico tutti girano i pedali allo stesso modo (o quasi 😀 ) e la differenza non credo sia sempre così netta. O dove sbaglio? 🙂

        “eh, ma se tutti facessero come te allora non servirebbero più leggi, tribunali, polizia”. 😀
        Eh, bell’offesa!
        Sarai pure un santo, ma così rimarresti disoccupato… pensava al tuo bene, no?

        • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

          Mumble, noto che non ti è sfuggita la mia abitudine a distinguere…
          E comunque i ciclisti non sono persone migliori delle altre, solo più magre. E spesso manco questo, ahimé 😀

          Fabio

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