Kona Rove DL 2018, di Paolo Mori

Tempo di lettura: 4 minuti

Sono sempre contento quando vi cimentate proponendomi vostri lavori.

Paolo segue da relativamente poco tempo questo blog e io ho avuto modo di apprezzarne le capacità leggendo i suoi interventi. Sempre mirati, sempre sostenuti da buona conoscenza tecnica, sempre scevri dal senso di superiorità che è tanto comune tra i ciclisti. E di cui, qui, sono unico depositario… 😀

Mi ha inviato il test della sua bici, al solito abbiamo rivisto alcuni punti perché mai faccio mancare il mio supporto come mai mi sovrappongo all’autore. Il risultato nelle parole che leggerete.

E’ una bici intrigante la Kona Rove DL, ad oggi diversa dalla versione di Paolo ma comunque sempre con una comune anima di sottofondo che è qui, su questo modello 2018 e non è stata abbandonata, semmai ottimizzata, negli anni successivi.

E’ una bici che mi piacerebbe avere per me, per mio gusto. Ma ormai grazie, o a causa dipende da come la si guardi, di questo blog, pedalare per la gioia di farlo è qualcosa che accade sempre più raramente. Ogni uscita è una prova, una verifica, un confronto. Però siccome me lo sono scelto io, nessuno me lo ha imposto, va bene così. E spesso mi ritengo fortunato, mi capitano tante belle cose tra le mani grazie ai test.

E se qualcosa non è qui ho la fortuna di avere voi che mi proponete le vostre esperienze; è un poco come pedalare anche io, in vostra compagnia.

Si, sono davvero contento. Ma non voglio rubare altro spazio a Paolo e tempo a voi, quindi partiamo con la lettura del suo interessante test.

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Kona Rove DL 2018, di Paolo Mori

Avevo scritto una lunga introduzione su cosa mi aspettavo acquistando la Kona Rove DL, ma rileggendola ho capito che interessava solo me. Ho cancellato, partiamo da zero.

Premessa: tante parti sono state cambiate nei mesi di utilizzo, e questo influenza quanto leggerete. In particolare, alle gomme di serie non è stata data neanche una chance. Sono economiche Schwalbe da uso urbano, robuste ma sicuramente non esaltanti per uso sportiveggiante. Le nuove versioni della Kona Rove DL montano altre gomme di serie di primo equipaggiamento. Chiedo perdono per la qualità delle foto… si fa quel che si può. Per foto migliori consultare il sito del produttore.

Com’è fatta

Un chiarimento necessario: la gamma Rove consiste di bici con telai molto differenti. Le versioni base (Rove e Rove DL) condividono il telaio e la forcella in lega di alluminio, mentre altri allestimenti hanno forcella in carbonio o il telaio in acciaio… per evitare confusione, si parla della Rove DL, telaio in alluminio e ruote 700c.

Il modello è del 2018, dipinta in color arancio vivace e con piacevoli dettagli in grigio/beige. Distintivo è il disegno del bisonte sul tubo sella, che a mio giudizio riassume efficacemente le caratteristiche principali della bici: inarrestabile e insospettabilmente rapida (i quadrupedi americani possono raggiungere la ridicola velocità di 50 km/h, nda).

Una delle caratteristiche tecniche che mi ha guidato nella scelta, oltre ad avere buone recensioni del telaio, è il passaggio gomme, assai generoso. I Gravelking 43-622 hanno ampio spazio anche se montati con i parafanghi; ma ci si può spingere fino ad una larghezza di 50 mm (2 pollici) scegliendo di installare ruote con cerchi da 650B.

Attacchi per i freni a disco di tipo IS quello posteriore all’interno del triangolo. Soluzione preferibile perché non intralcia l’eventuale portapacchi. Dischi da 160 mm anteriore e posteriore.

Il telaio ha tutti gli attacchi necessari per parafanghi (montati di serie sulla Rove DL, larghezza di 45 mm), portapacchi anteriori low rider e posteriori. Per i parafanghi anteriori gli attacchi di serie usano dei sostegni leggermente piegati per evitare interferenze con la pinza del freno a disco. Sul forcellino c’è un solo occhiello, ma in aggiunta ce n’è un altro sui foderi obliqui,  all’interno. E’ pratica soluzione per montare le astine parafango in caso di conflitto con qualche modello di portapacchi. 

Nel triangolo centrale sono presenti gli attacchi per due portaborraccia, che anche su taglia 52 possono contenere bottiglie da 1 L senza problemi. Sempre specifico per la taglia 52: con i parafanghi montati ogni tanto c’è contatto tra quello anteriore e la punta del piede, ma in generale la sovrapposizione è piuttosto infrequente.

Il telaio è robusto, i maltrattamenti subiti finora l’hanno confermato. Il peso complessivo della bici, che sfiora (dichiarato) i 12 kg ne è il rovescio della medaglia. La forcella è definita rigida in altre recensioni, ma con coperture morbide e gonfiate a basse pressioni è difficile farsi un’idea accurata. Un problema che si nota ogni tanto, ma non saprei dire se causato dalla forcella o dall’interazione tra diversi componenti, sono delle vibrazioni trasmesse in frenata, ma solo quando questa è intensa e prolungata.

Vernice: molto appariscente dal vivo e in foto (dicono). Sono già riuscito a scheggiarla, maneggiando questa Kona senza troppa cautela: colpa mia, ma allo stesso tempo si è mostrata troppo resistente.

Ruote: peso n/d, ma sembrano più che accettabili per la fascia di prezzo. 32 raggi e mozzi con una buona scorrevolezza. Curiosità: raggiatura asimmetrica per anteriore e posteriore, per meglio sopportare lo stress dei freni a disco.

Trasmissione: come ci si aspetta su una bici di questa fascia di prezzo è montato un gruppo Sora a 9 velocità. Non servono presentazioni: semplice ed affidabile, ha il vantaggio di mantenere la compatibilità tra cambio e stradale e alcune versioni da Mtb.

La dotazione standard prevede una compatta 50-34 anteriore abbinata a una cassetta 11-32.

I nuovi modelli montano una 11-34 da quanto risulta a catalogo. La prima modifica è stata quella di sostituire la cassetta con una 12-36 da mtb, stessa sequenza intermedia,variano solo gli estremi con il pignone da 36. Pur essendo fuori specifiche, il deragliatore non ha battuto ciglio, non è stato necessario sostituire la catena e la cambiata è ogni tanto dubbiosa solo sul pignone più piccolo, che uso molto raramente.

I freni a disco meccanici hanno rotori da 160 mm su ambedue le ruote, con pinze TRP Spyre C. Dopo un breve periodo di adattamento, la sensazione è che facciano onestamente il loro lavoro. Non danno le stesse sensazioni di prontezza di un freno idraulico anche di fascia economica, ma se ci si mantiene entro velocità ragionevoli non si fa fatica a fermarsi; d’altro canto, a certe velocità più che i freni servirebbe un miracolo. Frenate brusche e intense sono notevolmente più facili in presa bassa rispetto alla posizione in presa sui comandi.

Personalmente ho trovato la sella di primo equipaggiamento scomoda ed è stata rapidamente sostituita, nonostante sembrasse avere forma e imbottitura accettabili. In ogni caso è un parere soggettivo e ho avuto problemi con diverse altre selle.

La piega ha una forma che non gradisco, ma anche questo è soggettivo. In ogni caso è stata consegnata con i comandi montati in posizione per me sub-ottimale: ho ruotato la piega verso la sella riducendo la distanza in presa bassa, alzato e piegato i comandi leggermente verso l’interno. Ora la posizione è migliore, ma la posizione sulle rampe (in alto, dietro i comandi) non è confortevole, anche se immagino sia un problema comune a tutte le pieghe compatte. Un nastro manubrio più imbottito aiuta, ma la forma rimane quella. Le leve freno hanno una buona regolazione dell’escursione, sono facilmente raggiungibili anche in presa bassa nonostante le mie mani piccole.

Gli Schwalbe Cruiser montati di serie sono stati rimossi al volo, i Gravelking SK 38-622 erano una scelta fin troppo facile per la Rove. All’anteriore è stato in seguito sostituito con la versione più ciccia (43 mm) per aggiungere un po’ di assorbimento. Il comportamento della bici e di conseguenza la recensione è ovviamente influenzata dalla scelta e dalle ottime doti di questi copertoncini.

Edit: in seguito sono state sostituite le ruote in dotazione con delle ruote da 650B e copertoni René Herse Juniper Ridge. Una bomba, ma questa è un’altra storia.

Come si pedala

Veniamo a considerazioni più interessanti: come si pedala in sella a questa Rove? Il mio punto di vista non è da stradaiolo, venendo da ibride o mtb. In confronto a queste la posizione sportiva si sente, pur essendo tutt’altro che estrema. Pur mantenendo una posizione comoda su lunghe distanze la Rove DL apprezza, anzi, sembra invitare, una pedalata energica e vivace. In accelerazione la bici risponde rapidamente e restituisce onestamente lo sforzo profuso.

Su asfalto fa il suo: si tengono medie ragionevoli e si accelera decentemente, se i numeretti sono quel che sono la responsabilità è più delle gambe che del mezzo. Pur essendo notevolmente più leggera di altre bici che ho usato, non è una piuma e in salita non si vola.

Ma è lontano dall’asfalto che questa Kona prende vita: su strade bianche e semplici sentieri battuti la differenza con l’asfalto è davvero minima (dei copertoncini adeguati aiutano): si guida veloci, senza vibrazioni e incertezze. Su sentieri tecnici o strade molto dissestate la velocità va ovviamente ridotta, ma è stato sorprendente scoprire come fosse possibile riuscire a salire e scendere pendenze improbabili senza troppi problemi. La posizione in sella è relativamente scomoda per discese lunghe e tecniche dove è necessario frenare spesso e a fondo, ma la sensazione di finire oltre il manubrio si avverte solo in casi estremi. La risposta all’anteriore non è tra le più svelte, su percorsi tortuosi accusa una certa lentezza e i cambi di direzione improvvisi non sono il suo forte (come per esempio in un percorso da ciclocross).

Queste caratteristiche sono invece ottime per le discese, soprattutto su strade bianche: tutta la fatica in salita viene adeguatamente ripagata con discese esilaranti. Curve strette e tornanti richiedono un certo sforzo per chiudere la traiettoria in uscita se si arriva larghi, si viaggia come su binari (o così scrivono in tante recensioni), e questo non è sempre un vantaggio. Comunque, una volta capito quanto controsterzo serve per puntare la bici dove si vuole, ci si gode la gran stabilità in velocità. Su fondo sconnesso è più sicuro ed efficace lasciarla andare e godersi la facilità con cui spiana gli ostacoli, piuttosto che irrigidirsi aggrappandosi ai freni.

Con la piega ho avuto qualche problema nel capire come gestire la pedalata in fuorisella: data la posizione alta e il drop ridotto, è assai comodo alzarsi sui pedali dalla presa bassa, mentre con le mani sui comandi è molto meno naturale. Ma questo forse è solo dovuto alla mia inesperienza.

Carichi: ho provato diverse soluzioni per aggiungere capacità di carico, ma non ancora il classico portapacchi posteriore con panieri. Singole borse da bikepacking (provate sia al manubrio e che alla sella) non modificano il feeling di guida, almeno finché il peso è ridotto.

Aggiungere borse tradizionali al manubrio (ad es Ortlieb Classic) peggiora il feeling dello sterzo significativamente anche con peso modesto; ci si abitua ma non è molto naturale. In generale, già con pochi kg la Rove sembra soffrire di una certa pigrizia, ben più di quanto il peso lasci immaginare. Se sia dovuto a caratteristiche del telaio, ai rapporti molto spaziati che fanno soffrire l’accelerazione ridotta o solo al bias del pedalatore non saprei dirlo. Sarei curioso di provare come cambia la percezione con dei panieri su un low-rider, ma al momento ne sono sprovvisto.

Uso ideale: pur essendo una bici potenzialmente adatta a diversi usi, a mio parere dà il suo meglio per giri ad andatura vivace e con poco carico, mescolando senza soluzione di continuità attività fisica ed esplorazione, grazie alla notevole propensione al fuoristrada – o meglio, al fuori-asfalto. È una onesta bici da strada, ma adatta a qualunque strada. Sia che si tratti di un’oretta pre o post lavoro che di una lunga giornata in sella, mescolare diverse superfici andando alla scoperta dei percorsi meno battuti è sempre un gran divertimento. Si presta comunque bene anche per il tragitto casa/lavoro o uso urbano vista la posizione comoda, i parafanghi inclusi e la generale semplicità e robustezza.

Una piccola nota a margine: Kona non affibbia alla Rove l’ormai onnipresente etichetta “gravel bike”. Basterebbe il nome (che riprende il verbo “vagare”, per i non anglofoni) a definirla, ma sul sito ci tengono a presentarla come una bici da strada per tutte le occasioni, non importa dove vai. Come avrete intuito, il sottoscritto concorda in pieno. È una tra le possibili declinazioni della bicicletta tuttofare, quel genere che solitamente interessa e stuzzica i frequentatori di questo piacevole angolo dell’internet.

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Ringrazio Paolo per aver condiviso la sua esperienza, trovo questo test assai interessante. C’era una clausola per ottenere la pubblicazione: che lavorasse anche a una recensione delle gomme René Herse. Quindi…

Buone pedalate

COMMENTS

  • <cite class="fn">luigi italiano</cite>

    bella recensione. Bravo al sig. Mori

  • <cite class="fn">Dario Foresti</cite>

    Ringrazio Paolo per la prova, ben fatta e interessante.

    Personalmente però qualche dubbio su questa bicicletta ce l’avrei, soprattutto a livello di componentistica. Passi per il cambio Sora che sarà anche economico ma come tutti gli Shimano funziona bene ed è affidabile (anche se un Tiagra 10v sarebbe già di ben altro livello) ma i freni a disco meccanici proprio non li digerisco su una bicicletta da quasi 1000 euro. Soprattutto se si considera il fatto che ormai i dischi idraulici entry level hanno prezzi appena superiori a quelli di un analogo sistema meccanico e la differenza di prestazioni a favore dei sistemi idraulici è tutt’altro che trascurabile.

    Una domanda: perchè su questo tipo di biciclette non si usa quasi mai componentistica MTB? Piuttosto di un Sora stradale con dischi meccanici non era meglio montare, ad esempio, un gruppo completo Acera da MTB? Almeno avrebbe i dischi idraulici.

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Dario, bisogna tener presente alcuni fattori.
      Il sistema di attacco pinze freno si è standardizzato sul flat mount, pinze idrauliche strada IS non esistono e con attacco PM c’è quasi nulla (vecchia serie Ultegra, i costi salgono perché poi tutta la trasmissione deve essere adeguata) e questo impone scelte tecniche ed economiche.
      La Kona Rove DL costa assai meno di 1000 euro, siamo sui 700 circa al netto di eventuali promozioni (versione 2020) e questo spiega l’allestimento.
      Allo stato attuale, oltre a decisioni strategiche nel collocare ogni versione in una data fascia di prezzo (e questo vale per qualunque azienda), c’è da considerare come i diversi standard determinano scelte tecniche e progettuali.
      Se, per esempio, vuoi usare un Tiagra a freni idraulici ti serve un telaio diverso, tanto per capirci.
      Allestire con componenti MTB un telaio stradale dotato di piega si scontra anche qui con le differenze tecniche. Con che leve azioneresti freni idraulici da Mtb? Non esiste compatibilità. Oltre al fatto che poi il deragliatore non avrebbe corsa per gestire la linea catena superiore di una guarnitura mtb ecc ecc
      Insomma, dietro ogni configurazione c’è sempre una quantità di motivi.

      Fabio

    • <cite class="fn">luigi italiano</cite>

      Ciao Dario , alcune considerazioni testate da me sul campo ; i freni a pinza meccanica non sono tutti eguali . i migliori sono quelli presenti sulla Kona Rove ( i Trp Spyre hanno 2 pistoni le altre marche No …) in oggetto . La loro efficacia ( intendo estremizzare il concetto ) per avere il bloccaggio del disco ( anteriore ) immediato e conseguente ribaltamento del ciclista piu’ bici , dipende da alcuni ma un po’ onerosi interventi aggiuntivi a quanto offre TRP . In sintesi bisogna sostituire le guaine originali con altre molto molto piu’ rigide e un po’ piu’ impegnative ad essere installate ( Yokozuna Reaction ) mentre in seconda istanza si puo’ cambiare tipologia di pastiglie ma sinceramente e’ un esborso evitabile . In ultima istanza il tipo e la qualita’ del disco qualcosina offre in piu’ ma anche questa alternativa e’ onerosa e secondo me poco influente sul rendimento ed efficacia del gruppo Trp Spire .Le guaine gia’ ottime sia come prezzo che come efficacia sono le JagWire , ma non arriveranno mai a garantire la medesima potenza e immediatezza di frenata delle Yokozuma . Per esemplificare ipotizzo che il cavo di acciaio intrecciato delle leve freno , immerso nel telaio della bicicletta , effettua curve a destra e a manca che , ogniqualvolta si agisce sulla leva freno per imprimere forza alle pinze , perde parte della sua ” tensione ” e a poco a poco l’angolo di pressione sulle leve aumenta con l’allentarsi della ” tensione ” originale del cavo freno. Se aggiungiamo che il cavo di acciaio in questione e’ annegato in una guaina elastica si intuisce che l’elasticita’ del tutto compreso le curve che essa effettua nel telaio per raggiungere le pinze e’ anche causa dell’ allentarsi della potenza frenante.
      Chiaro che una Guaina di Acciaio Yokozuma non offre nessun tipo si flessibilita’ ( o comunque molto ma molto meno di altre guaine ) pertanto la pressione sulle leve freno e’ trasmessa pari pari alle pinze con risultati molto molto positivi. I Jagwire vanno benissimo ma non e’ la medesima cosa degli Yokozuma.
      Inoltre se si aggiunge costo manodopera e costo acquisto guaina arriviamo un po’ , non molto ma un po’ , vicini al costo di una leva idraulica….
      Le leve freno idraulico , anche se entry level , non sono assolutamente economiche e nemmeno alla portata di tutti . al momento solo sui gruppi sram monocorona Apex si possono trovare interessanti offerte , ma il monocorona non e’ per tutte le gambe….per il resto le leve Tiagra idraulico si differenziano dalle leve 105 idraulico per circa 50 euro di meno al prezzo di acquisto e per 10vel al posto di 11 …si parla di circa 450 – 500 euro solo le leve….
      Nel caso si desiderasse mantenere il proprio telaio MTB con attacchi pinza Post Mount o IS e montarci leve corsa strada ( idraulico ) quindi con pinze Flat Mount si ha solo una soluzione ed e’ vincolante ( leggere bene le specifiche prima di fare acquisti ) : si tratta di utilizzare adattatori che attualmente ho trovato solo prodotti in Canada . In sintesi si procede montando la pinza Flat Mount nell’adattatore e soltanto dopo si monta l’adattatore ( con la pinza Flat gia’ installata ) sui supporti Post Mount. Certo che e’ tutto oneroso , ma se proprio non volete investire soldi in un’altra bici , almeno adattare il proprio telaio , anche se oneroso , sara’ comunque molto soddisfacente e poi di MTB con forca rigida e manubrio corsa strada se ne vedono sufficientemente in giro per non tentare un upgrade. ciao . Luigi

  • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

    Grazie per l’apprezzamento.
    Una breve risposta: freni a disco meccanici e trasmissione sora erano qualcosa che volevo, per motivazioni che ho cancellato dall’introduzione… non che fossero fondamentali come altri dettagli, ma per me sono un plus, non un problema. Ognuno ha le sue fisse 😀
    Per i copertoncini non ho ancora scritto mezza parola, ma mi applicherò, promesso! Li ho testati (involontariamente) su ghiaccio stamattina, adesso ho fatto passare tutte le condizioni possibili XD

  • <cite class="fn">Ernesto</cite>

    Ciao Paolo,

    davvero complimenti per la recensione, ma soprattutto per la bicicletta. Mio cognato ha quella del 2017 e ci si trova benissimo, sono sicuro che vi divertirete molto insieme!

    Scrivi: «Si viaggia come sui binari» e mi sembri un po’ contrariato dalla poca reattività ai cambi di direzione. Mi ricorda molto le sensazioni che provavo con le ruote da 38-622 (delle oneste e comode Pasela). Poi sono passato alle 42-584 (pari-moto) e il cambiamento è stato radicale.

    L’idea che mi sono fatto leggendo in giro, è che sia una questione di effetto giroscopico: all’aumentare del diametro e del peso delle ruote, aumenta la stabilità della bici a discapito dell’agilità. Aggiungendo il trail geometrico che normalmente su queste bici è medio-alto, e il “trail pneumatico” che aumenta con l’aumentare della sezione delle coperture, la stabilità rischia di diventare davvero troppa, con il risultato di una bici “bloccata” nelle sue traiettorie. A qualcuno l’effetto MTB 29″ piace, a me personalmente no.

    Il diametro complessivo delle 42-584 è molto simile a quello delle 54-559, ma anche a quello delle 23-622 (non so se hai presente la classica bici da corsa su lame da gonfiare minimo a 8-9 bar).
    Invece le Juniper Ridge se non ricordo male sono 48-584, come diametro complessivo siamo vicini al 30-622, ma con molta più gomma ad aumentare il peso: probabilmente avrai già notato un miglioramento rispetto alle 38-622 o più che avevi prima, ma se il budget te lo consente potresti provare, rinunciando al battistrada tassellato, con le Rat Trap Pass, oppure tenendo le gomme, con dei cerchi più leggeri (magari in carbonio).

    Personalmente faccio poco fuoristrada, giusto qualche strada bianca e sentieri poco “tecnici”, e mi trovo benissimo con le 42. Sono molto curioso di provare le René Herse, e leggerò con molto piacere le tue impressioni se deciderai di scriverle

    Grazie
    Ernesto

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Ernesto, interessante disanima.
      Sei sulla strada giusta, complimenti.
      La questione è un poco più complessa e semplice allo stesso tempo, perché subentrano molte variabili. Per semplificarne una, la sezione non aumenta per forza l’effetto giroscopico, quindi non è detto che aumentando questa aumenti pure lui.
      Sempre per semplificare, il profilo nonché l’elasticità della carcassa (o rigidità, dipende da come la si guarda), rivestono un ruolo predominante nel comportamento dinamico, soprattutto all’avantreno.
      Poi c’è il cerchio, dove il profilo (altezza) rileva più del peso. Prendi una basso profilo da 1000 grammi all’anteriore e una alto profilo da 700 e vedrai che l’inerzia da vincere è ben superiore nel secondo caso. Inerzia nel cambiare direzione intendo.
      La raggiatura ha la sua valenza persino in questo.
      Insomma, tanti fattori che lavorano insieme in una direzione o in una altra, ognuno capace di dare il suo apporto ma sempre tutti devono lavorare insieme.
      Poi certo, a parità di tutto se cambi solo una gomma, magari più pesante e larga, la differenza la senti. Ma non (solo) lì il fattore determinante.
      Inutile dire che c’è un abisso tra una gomma da bdc (che ormai non è più così sottile e gli 8/9 bar un ricordo) e una da fuoristrada tassellata e piatta, l’avantreno ti sembra un plinto. Ma lì è proprio il profilo, piatto, non l’effetto giroscopico.
      Però, ripeto, hai posto la questione in termini corretti e mi hai fatto pensare che un articolo sull’argomento sarebbe interessante e non fisima per pochi.
      Appena chiudo la spropositata quantità di test aperti, ci lavoro.

      Fabio

      • <cite class="fn">Ernesto</cite>

        Ciao Fabio, certo mi rendo conto di aver semplificato (forse troppo) una questione ben più complessa e articolata.
        Spero di non aver dato l’impressione di voler fare lo “spiegone”, non avrei né le competenze né l’esperienza necessaria, su argomenti che ho appena iniziato a capire.
        I tuoi articoli, e il tuo libro, sono stati e sono molto utili per aiutare la mia mente, un po’ pigra ma fondamentalmente orientata alle scienze, a dare un po’ di rigore e spirito critico a tante cose che si leggono in giro, dai falsi miti alle guerre di religione, dagli articoli-pubblicità alle bufale belle e buone, e a cercare la mia strada.
        Attendo quindi con trepidazione un tuo articolo sull’argomento, oltre a quello di Paolo sulle coperture 🙂

        • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

          Ciao Ernesto, purtroppo rendere semplici argomenti complessi è una delle cose più difficili che ci sia. E questo mi frena su tanti argomenti, non puoi pretendere che per leggersi un articoletto di biciclettine uno prima debba studiare 10 tomi di fisica. Dove tra l’altro son stato un pessimo studente…

          Ma ci proverò.

          L’altro giorno ero al telefono con l’amico Alfonso, i lettori più vecchi sanno che è il creatore di BacMilano, e mi chiedeva dove pescassi tutte le informazioni. Semplice, studio e poi chiedo a chi ne sa più di me.
          Per me non è un problema alzare il telefono e chiamare un ufficio tecnico per una verifica/conferma. Perché di mostrare quello che so mi interessa nulla, a me preme solo fornire la migliore (e corretta) informazione.
          Ti racconto questo perché, anche se so che non ti riferivi a questo blog, posso assicurarti che un errore da parte mia è possibile: però mai qui leggerai bufale, guerre di religione e articoli pubblicità.
          Non perché io sia superiore alla concorrenza: solo perché col blog non ci devo campare, di articoli acchiappa click non ho bisogno.
          Voglio essere una nicchia; di approfondimento.
          Poi certo, pure io ogni tanto mi perdo in chiacchiere personali, ma sempre confinate in una specifica sezione a questo destinata.

          Sono contento di avere lettori come voi, come te, come Paolo e come centinaia di altri. Informati, curiosi, precisi, appassionati.
          Io son qui ma senza un pubblico non avrei motivo di esserci, quindi di questo ringrazio tutti voi.

          Fabio

          ps paolo mi ha girato oggi una bozza per i copertoncini, scorre bene. Non come le gomme, ma con una limatina qui e là 😀 😀

  • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

    Ciao Ernesto, grazie per i complimenti. Avevo idea di aggiungere due righe sulla geometria della bici, tante delle cose che dici mi sono vagamente familiari, ma non sono un esperto e non volevo inoltrarmi in quella palude. La pronta risposta di Fabio mi ha fatto capire che ho fatto bene a resistere alla tentazione limitandomi a descrivere le sensazioni, che alla fine ci sono molte più variabili in gioco di un semplice numero 😀
    Per quanto riguarda la bici, non vedo necessariamente come un difetto la stabilità. Semmai credo che chi la esalta nelle recensioni mostri solo un lato della medaglia. Come dici tu, è anche una questione di feeling, a qualcuno piace ad altri no; da un punto di vista oggettivo ci sono vantaggi e svantaggi, e mi sembra necessario riportare anche questi ultimi. Personalmente ci ho messo un po’ a raggiungere la confidenza necessaria per controsterzare durante la curva (utile principalmente sui tornanti, ma non solo) per chiudere la traiettoria se impostata male… ma adesso che so quanta forza serve e che la bici reagisce in maniera prevedibile non lo considero più un problema.
    Regalati o fatti regalare i René Herse, valgono tutto quello che costano 🙂
    Ho iniziato a scriverne, ma devo fare qualche foto decente e ci vorrà ancora un po’…

    • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

      Ciao Paolo, le sensazioni sono fondamentali; poi sta a chi scrive tradurle, collegandole a dati oggettivi.
      Ma, ti assicuro, già averle è gran cosa: tanti non colgono alcuna differenza.

      La stabilità è un concetto vago, spesso si fa confusione.
      Per esempio, un avantreno che richiede un certo impegno per essere indirizzato in traiettoria è stabile o “pesante”? E uno invece nervoso che basta soffi sul manubrio e cambia direzione, è instabile?
      La risposta è no in tutti e due i casi; perché la stabilità è intesa come la capacità di mantenere la traiettoria impostata senza tentennamenti.
      Come indirizzarla su quella traiettoria è parametro diverso.
      Non sto giocando con le parole, purtroppo è così, per creare un test veritiero devi spaccare il capello in quattro. E poi riassumere per i lettori.
      Su, adesso al lavoro sulle gomme, la scusa delle foto posso usarla solo io 😀
      A proposito: ho messo su la piega Salsa; tolta dopo 5 minuti. Ma ci riproverò, per amore della scienza…

      Fabio

      • <cite class="fn">Paolo Mori</cite>

        Ok allora in qualche modo ho intuito giusto, mi sembra… provo a spiegarmi: per come l’ho capita io, una volta iniziata una curva una bicicletta segue la traiettoria curva senza bisogno di ulteriori input (magia!). Lo sforzo necessario a modificare questa traiettoria dovrebbe quindi essere un metodo empirico per quantificare la qualità che io ho chiamato “stabilità”.
        Per la Rove in oggetto, ho notato che spesso uno sforzo cosciente e in qualche modo maggiore rispetto ad altre bici era richiesto. Cambiano manubrio, geometria, stile di guida e probabilmente anche il livello di attenzione, cosa conta di più mi è impossibile dirlo. Una volta in bici però il comportamento che si percepisce è quello, al di là dei fattori che lo determinano.

        • <cite class="fn">Elessarbicycle</cite>

          Esatto Paolo; semplificando, possiamo intendere la stabilità come qualcosa che non è influenzata da elementi esterni. Per esempio una malformazione dell’asfalto.
          Ma, chiedo: è solo questione di geometrie o anche di assetto in sella? Domanda retorica.
          Pensa a un attacco manubrio da 90 o 110: appena 2 cm, però hai voglia se cambia il carico sul manubrio. E il dislivello? Quanto incide? Perché le geometrie di una bici con la piega sono diverse da una con manubrio flat? Al di là delle diverse tipologie intendo. Per esempio una azienda americana le ha cambiate sul suo framekit quando ha visto che quasi tutti preferivano montarla con manubrio dritto.

          Quando scrivi un test sono tutte cose che provi ma non racconti, vai direttamente al risultato finale. Che, se lavori bene, è sempre frutto di una infinita quantità di verifiche, di cui al lettore interessa nulla ed ha ragione. Lui vuole sapere come va, punto.
          Capirlo fino in fondo tocca a chi scrive, affari suoi se poi si sobbarca un lavoro enorme.
          Magari ha avuto validi maestri e non vuole fargli fare brutta figura…

          Fabio

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