Closca Fuga

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Il blog prende il nome da una bici, la mia Elessar; sottotitolo: la vita sui pedali. Sin dal primo giorno decisi che avrei cercato di rispondere ai dubbi dell’appassionato ciclista, quello che ama pedalare nei più svariati modi. Questo spiega perché tratto bici e accessori sportivi dando però risalto anche a ciò che usiamo nella quotidiana vita sui pedali, appunto.

Negli ultimi giorni ho alternato le mie uscite per provare infatti due cose molto diverse tra loro: un copertoncino al top nella pratica sportiva e un casco tipicamente cittadino. Cosa hanno in comune tra loro? Hanno in comune il ciclista, un appassionato che la domenica inforca la sua ammiraglia sportiva per allenarsi godendosi il gesto atletico e durante la settimana usa la bici per spostarsi in città, andarci al lavoro, fare la spesa o prendere un caffè in centro con gli amici. E lo farà indossando il casco sia la domenica che nel resto della settimana.

Però quando il nostro ciclista esce per allenarsi infila il casco sotto casa per sfilarlo una volta rientrato; durante la settimana le tante incombenze lo obbligano invece a un continuo togliere e mettere questo casco, senza mai sapere dove riporlo: per quanto leggero un casco da bici ingombra. No, sbagliato: devo dire ingombrava, perché adesso abbiamo il Closca Fuga, il primo e al momento unico casco che “collassa”. Si, perché diversamente da altri modelli che si chiudono a ventaglio, questo Closca Fuga implode in se stesso, riducendo la propria altezza di oltre la metà. Geniale.

 

Facciamo la sua conoscenza e al solito mio partiamo dalla confezione; non si giudica un libro dalla copertina ma la cura nel packaging ci può dire molto sulla attenzione che una azienda pone ai dettagli.

Il casco arriva chiuso, quindi lo scatolo è piatto, praticamente poco più grande di un libro.

Confesso che se non avessi visto il nome del mittente, alla consegna avrei avuto difficoltà a immaginare un casco all’interno; è strano infatti trovarsi questa confezione schiacciata…

Confezione come si è visto nelle immagini in alto, ben curata; e con tutte le informazioni necessarie subito disponibili. Non mancano le indicazioni di sicurezza, riportate in inglese su un lato; e un libretto con le istruzioni all’interno.

Una volta aperto, il Closca Fuga si presenta con una linea semplice, minimale, amichevole. Siamo ben lontani dall’aggressività dei caschi sportivi ed è giusto così. La piccola visiera aiuta a dargli quell’aria di “già visto” facendolo somigliare a un berretto senza però identificarlo con nulla sia già presente.

E possiamo apprezzare i tre elementi che compongono la calotta, quelli destinati a rientrare uno nell’altro per ridurre l’ingombro.

Ingombro davvero minimo una volta richiuso. Per dare una idea l’ho messo a confronto con un evidenziatore di una nota marca, impossibile qualcuno di noi non lo abbia mai usato…

Il sistema di chiusura sfrutta quattro “cerniere” disposte ai lati.

Sono loro a governare il movimento.

Aprire e chiudere è semplicissimo: pressione all’interno della calotta per aprire, pressione sulla sommità della calotta per chiudere.

Il casco è proposto in tre taglie; la più piccola ha range di circonferenza 51,5/55 cm; la media 55/58,5 cm; la maggiore 58,5/62 cm.

Gli interni sono votati a semplicità di utilizzo e comfort.

Vediamo in dettaglio. La regolazione della calzata è affidata alla classica pattina in plastica dietro la nuca.

Non c’è la solita rotellina comune a tanti caschi ma una coppia di fasce elastiche, regolabili in lunghezza grazie alle due fibbie poste ai lati. Il sistema di ritenzione alla nuca è ampio, morbido il giusto e perfettamente in linea con la vocazione urbana di questo casco.

Il ricorso agli elastici può sembrare una scelta dettata dal risparmio; invece è l’unica opzione logica affinché anche questo particolare sia facilmente richiudibile all’interno del casco una volta messo a riposo. Con il classico sistema a cinghie rigide sarebbe stato impossibile.

All’interno abbiamo un morbido cuscinetto in zona frontale, che ho rialzato per mostrare meglio.

E poi una pratica pattina a proteggere la nuca dagli spifferi.

 

Non manca l’imbottitura della calotta, removibile e lavabile.

Il cinturino presenta due fibbie che richiamano il logo della casa; una per lato, per regolare la lunghezza (vi ricordo che la giusta regolazione prevede che la fibbia si trovi immediatamente sotto l’orecchio). La chiusura è affidata a una clip, facilmente azionabile anche calzando pesanti guanti invernali.

Uno degli elementi caratteristici di questo casco è la piccola visiera.

E’ asportabile, per chi non la gradisse. Lungo la circonferenza si possono notare le zone di attacco.

A chi invece la gradisce farà piacere sapere che la visiera è disponibile in differenti colori e c’è anche una versione ad alta visibilità in tessuto riflettente. E poiché la visiera è pezzo unico, quindi comprende anche la protezione per la nuca, la visibilità è garantita anche per chi ci arriva alle spalle. La varietà dei colori di questo accessorio sopperisce alla poca scelta cromatica per quanto riguarda il casco, al momento previsto solo in bianco o nero.

I più freddolosi potranno sostituire la visiera con una fascia in lana

Operazione semplicissima, come possiamo vedere in questa animazione.

Sulla sommità della calotta una gran bella idea: sotto il logo è inserito un chip a tecnologia NFC; è abbinato alla app RideU che collega oltre 240 città sparse nel mondo mostrando dove poter reperire una bici a noleggio o in condivisione. Inoltre consente di collegarsi immediatamente a un numero di emergenza o ritirare una bici anche se al momento abbiamo dimenticato la nostra card di autenticazione.

Tutte queste belle cose ve le riporto perché le ho lette dal sito Closca. Qui nella mia città il bike sharing è stato un fuoco di paglia e tra le 240 e oltre città collegate ovviamente la mia non c’è. Non certo per colpa di Closca, sia chiaro. Ma sapete che è meglio non tocchi il dolente tasto del bike sharing in salsa partenopea…

Terminata la lunga presentazione statica, giustificata dalla particolarità del casco, è il momento di indossarlo e salire in sella. Ma prima una considerazione sull’estetica, che ha diviso equamente tra entusiasti e dubbiosi. Unanime invece il dissenso se a indossarlo sono io, ma non per demerito del casco…

A me è piaciuto; all’inizio ho scritto che ha una aria amichevole e ne sono convinto. La linea è semplice e chi ha qualche nozione di design sa che ottenere la semplicità è la cosa più difficile. Ricorda ma non ripete; ci fa venire in mente un berretto della nostra infanzia o l’elmetto che indossavano giocando ai soldatini; ci rimanda ai cartoni animati che ci inchiodavano alla televisione e ai fumetti che divoravamo. E’ come se ci accompagnasse da sempre, per questo uso l’espressione amichevole. Poi certo, tutto è soggettivo e il gusto estetico sopra ogni altro, quindi a chi non piace non piace e basta. Ma potrebbe apprezzarne le qualità tecniche.

Prima fra tutte ovviamente la sua richiudibilità; nel presentare il casco in lingua inglese viene usato il termine foldable, ma anche collapsible. Però se tradurre foldable ci rimanda richiudibile, tradurre collapsible ci informa che è collassabile. Che è giusto, non lo nego, però in italiano il termine si presta anche ad altre interpretazioni e quindi parlerò sempre di casco richiudibile, rinunciando per una volta alla mia zelante scrittura.

Chi sceglie questo casco lo fa appunto perché richiudibile; ma è una scelta che non comporta rinunce, né in termini di comfort né di peso né di sicurezza. Parto da quest’ultima.

Il casco ha superato i test di omologazione sia secondo lo standard europeo ISO EN 1074 che quello Statunitense CPSC, quindi sotto questo aspetto possiamo stare tranquilli. Risponde a tutti i requisiti di sicurezza di ogni altro casco da ciclismo.

Il peso è basso; non una piuma ma assai meno di quanto la forma “piena” potrebbe far supporre; in questa taglia M che sto provando la bilancia indica 270 g in versione nuda e 320 g con la visiera applicata.

Il comfort è elevato, non solo per la morbida imbottitura. Ancora una volta la forma piena inganna, perché un sistema di aerazione c’è seppure ben celato alla vista. Spero con queste immagini, scattate sfruttando una luce all’interno, siano visibili le tante piccole aperture presenti lungo la circonferenza degli anelli.

Certo, non è paragonabile alla ventilazione di un casco sportivo ma questo Closca Fuga, non dimentichiamolo, è casco a chiara vocazione urbana e come tale deve essere valutato. E in quest’ottica allora diventa utile la pratica palpebra che protegge la nuca dagli spifferi. E sempre in quest’ottica emerge l’unico aspetto che migliorerei: la protezione dalla pioggia. Mi piacerebbe se Closca prevedesse, anche solo come optional, una copertura impermeabile, una cuffietta per capirci, perfettamente a forma di questo casco. Come è mia abitudine durante i test lancio l’input al produttore, casomai volesse farlo proprio.

In ogni caso è in ambito urbano e nell’uso quotidiano che dimostra la sua utilità. La richiudibilità consente di portarselo dietro senza ingombro, una richiudibilità unica nella sua esecuzione, che consente di riporre facilmente il casco in borsa; ancor più permette ai fortunati che vivono in città servite dal bike sharing di avere sempre con sé un casco pronto all’uso, infilato in una tasca della borsa. E se poi si così favoriti dalla dea bendata da risiedere in una delle oltre 240 città servite dal sistema RideU, grazie al chip NFC la bici la prendi e la usi con un click.

 

La possibilità di usare una visiera ad alta visibilità migliora la sicurezza; la fascia in lana consente di evitare il sottocasco nei mesi freddi: insomma, la praticità anzitutto.

Di solito chiudo i test indicando a quale ciclista è indicato il tale accessorio o componente. Stavolta inverto e dirò a chi non è indicato: non è adatto al ciclista durante l’uscita sportiva, lì dove il casco deve essere molto più aerato e leggero. Tutti gli altri, tutti quelli che usano la bici negli spostamenti quotidiani, che sia la propria o in condivisione e che una volta giunti a destinazione non sanno mai dove mettere il casco hanno trovato la soluzione. Sfili, schiacci e vai. Semplice, no?

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