Acciaio vs. alluminio vs. carbonio

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Premessa.
E’ trascorso un anno da quando pubblicai questo articolo e nel frattempo l’argomento è stato meglio trattato in successivi scritti. Del resto il fatto che all’epoca lo collocai nella categoria “Pensieri su due ruote” indica chiaramente che la valenza tecnica è limitata, solo un breve accenno a un argomento che sapevo avrei poi approfondito.
Al momento in cui scrivo queste note, luglio 2014, è possibile trovare informazioni più dettagliate nella categoria “Pedalare bene”, che però, al termine della revisione della struttura del blog, scomparirà per far posto una nuova categoria dove questo e altri argomenti saranno trattati in maniera più approfondita.
Lascio comunque questo articolo sul blog, senza cancellarlo, perché seppure piuttosto generico è pur sempre un utile spunto di riflessione.

Alcune leggende metropolitane, per quanto ci sforziamo di confutarle, continuano imperterrite a mietere vittime.

La più longeva è quella sulla (presunta) superiorità di un materiale rispetto a un altro nella costruzione di un telaio di bicicletta.

Ci sono quelli che sostengono a spada tratta l’acciaio, quelli che considerano solo l’alluminio e quelli che il carbonio è il massimo.

Tralascio il titanio, visti i pochi numeri in gioco.

Hanno ragione, ma per i motivi sbagliati, tutti quanti.

Perché la differenza non la fanno i materiali, bensì le geometrie.

Il materiale usato incide, è vero, ma non in modo tale da fare la differenza su strada, nel comportamento della bici.

Non userò formule, grafici e quant’altro per non appesantire inutilmente la lettura.

Sappiamo tutti che un telaio di bicicletta deve garantire una certa rigidità, che per comodità nostra chiamerò d’ora in poi “rigidità statica”, e al contempo flettere a sufficienza per non spezzarsi.

E conta il materiale usato; più avanti spiegherò perché.

Ma ciò che garantisce minore o maggiore comfort è la capacità di assorbire gli scossoni della strada.

Ci troviamo quindi dinanzi a due caratteristiche contrapposte: da un lato la rigidità necessaria a non disperdere l’energia della pedalata, che per comodità nostra chiamerò d’ora in poi “rigidità dinamica”, e dall’altro la capacità di assorbire le sollecitazioni stradali, che però vuol dire anche “mangiare” parte della forza che imprimiamo sui pedali.

Il compromesso tra queste due esigenze, dove il piatto della bilancia può pendere da un lato o dall’altro a seconda dell’uso cui è rivolta la bici, è ottenuto grazie alle geometrie del telaio.

Non ricorrendo a questo o quel materiale.

La differenza tra le diverse caratteristiche dei materiali entra in gioco parlando di quella che sopra ho definito rigidità statica.

Poniamo che un telaio debba avere un valore di rigidità statica pari a 100, se lo costruiremo in carbonio peserà meno un chilo, se useremo l’acciaio arriveremo tranquillamente a superare i tre chili, se invece opteremo per l’alluminio il peso sarà di poco superiore al carbonio.

Come questo telaio, indipendentemente dal materiale usato, si comporterà su strada, ossia quella che ho semplificato definendola rigidità dinamica, lo stabiliranno le geometrie.

Possiamo quindi avere su strada una bici in acciaio molto più rigida (rigidità dinamica) di una alluminio o carbonio e viceversa.

La bici da corsa che avevo da ragazzo era in acciaio (e all’epoca non esisteva altro), infinitamente più rigida di quella da turismo che ho avuto in alluminio e notevolmente più rigida di quella da corsa attuale in carbonio.

Ma la prima era un purosangue da gara…

…progettata per massimizzare l’energia di pedalata, senza concedere alcunché alla comodità; la seconda una paciosa bicicletta da turismo…

…con geometrie molto aperte e un carro lunghissimo, poco o nulla reattiva ma decisamente confortevole e la terza una stradista sportiva…

…fatta per percorrere tanti chilometri ad andatura sostenuta portandosi dietro il minor peso possibile senza però scendere di sella con le braccia a pezzi.

Ma cosa spinge allora una casa a costruire un telaio con un materiale piuttosto che un altro?

Varie ragioni, oltre la fondamentale ricerca della leggerezza a parità di rigidità statica.

La prima è un certo conservatorismo dei ciclisti, che sono sempre abbastanza lenti a recepire i cambiamenti; anche se poi, una volta metabolizzata la novità, non tornano più indietro.

C’è poi da considerare la differenza dei costi. Ottenere un telaio in acciaio che abbia lo stesso peso e pari caratteristiche di rigidità statica di uno in carbonio ha un costo di produzione (inteso come costo complessivo, tutte le fasi, le attrezzature, i tempi e così via, fino al prodotto finito) mediamente quattro volte superiore.

Con alcuni materiali poi è più semplice ottenere determinate lavorazioni e/o forme e questo, soprattutto in ambito specialistico, è un bel vantaggio per i costruttori.

E poi ci sono le diverse caratteristiche dei materiali, motivo per cui ho detto all’inizio che tutti hanno ragione ma per i motivi sbagliati.

La differenza più importante (oltre al peso per ottenere la stessa rigidità statica) è il tempo di decadimento.

Quando si dice che “l’acciaio è per sempre” non si recita un semplice slogan. Non è eterno, necessita di alcuni trattamenti per non essere intaccato, ma è di sicuro il materiale più durevole dei tre.

L’alluminio è meno soggetto alla corrosione ma ha un tempo di decadimento inferiore, mentre il carbonio, anzi, le resine usate, sono facilmente attaccabili da sostanze chimiche che ne possono compromettere la struttura.

Anche se, quando sento dire che il carbonio è delicato, mi viene da sorridere. Le migliori mountain bike e ciclocross, quindi bici sottoposte a notevoli stress, sono in carbonio. Ovvio, dire semplicemente carbonio vuol dire nulla. Ne esistono di svariati tipi, a seconda della trama, della disposizione delle fibre, di come sono legati tra loro gli strati eccetera, per cui esiste carbonio scadente e carbonio di qualità. Così come esistono acciai e leghe d’alluminio di bassa gamma o ottimi.

Spesso, se non sempre, la rottura di un telaio non è dovuto al tipo di materiale usato ma alla sua bassa qualità.

Sempre invece, la comodità di un telaio è determinata dalle sue geometrie e non dal materiale.

Sperando di essere riuscito a fare un poco di chiarezza, seppure con una semplificazione a volte eccessiva, non posso che consigliare l’abbandono del falso mito per cui una bici per un tal uso deve per forza essere di quel determinato materiale.

Guardate sempre le geometrie prima e non confondete la rigidità del materiale, quella che ho definito statica, con la rigidità del telaio, definita qui rigidità dinamica.

Buone pedalate


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COMMENTS

  • <cite class="fn">Matteo Sorriso</cite>

    Grazie, Fabio.
    Davvero bello e molto interessante questo articoletto, ove la desinenza “etto” non è assolutamente sminuente del valore delle tue parole, ma indice del fatto che ciò che abbiamo letto altro non può essere se non una premessa.
    Una premessa che, per quanto stimolante, rimane pur sempre una premessa. Spero vivamente quindi che verrà esaurientemente sviluppata in una serie di “lunghi” articoli che ti invito – egoisticamente – a scrivere a tutto beneficio dei tuoi lettori.
    Lasciamo perdere completamente il discorso materiali – per ora – che mi sembra il meno iteressante.
    E focalizziamoci invece sulle geometrie del telaio.
    Parli di geometrie “aperte”, “carri”, etc.
    Sarebbe davvero bello se potessi sviscerare l’argomento: quali sono le geometrie del telaio (carro, triangolo, inclinazione tubo sterzo, sloping, etc.), come possono variare e che influenze hanno tali variazioni sul comportamento della bicicletta?
    Hai lanciato un sasso che – lo sai – mi sarebbe molto piaciuto raccogliere, quindi non ti lamentare se ora comincio a camminare per scoprire ove sia caduto.
    Ancora grazie, con un sorriso.
    Matteo

    • <cite class="fn">fabiolora</cite>

      Ciao Matteo, lo scopo di questo articoletto è quello di dare una “sgrossata” ad alcuni concetti, altrimenti si finisce col fare confusione.
      Ho operato una semplificazione a volte eccessiva, ma in questo modo sgombro da subito il campo da equivoci.
      Perché troppo spesso leggo e ascolto chi continua con la sciocchezza che “quella bici è rigida perché è d’alluminio, quell’altra è comoda perché è in acciaio”.
      Credo si sia compreso, leggendo le mie poche note, che è una sciocchezza.
      Alle geometrie ci arriverò, ma è discorso difficile da affrontare senza renderlo noioso o poco comprensibile; e avrò bisogno di tempo per pensare come affrontarlo.
      Ma tanto, da come ho capito, prima del tuo nuovo telaio in titanio abbiamo tempo… 🙂
      Fabio

      • <cite class="fn">Andrea Aloisi</cite>

        Ciao! Capisco che non conta soltanto il materiale, ma tra due bici che hanno le stesse geometrie, la differenza sul confort la fa il materiale usato per il telaio! Attualmente tanti modelli di bici da corsa o MTB, all’interno della stessa categoria hanno più o meno la stessa geometria, anche tra marchi diversi. Perciò ad esempio, tra due bici con stessi componenti ed uguali o quasi uguali geometrie, ma una in acciaio e una in alluminio, risulterà più confortevole quella in acciaio! Siete d’accordo con me?

  • <cite class="fn">Matteo Sorriso</cite>

    Già… hai ragione quando dici che affrontare di petto un argomento del genere comporterebbe il rischio di cadere in eccessiva tecnicità e scarsa comprensibilità.
    Cercando di informarmi in proposito, mi sono imbattuto in un corposo trattatello sulle geometrie e misure del telaio… allucinante! Probabilmente ciò che ho letto – le prime tre pagine perché poi ho dovuto desistere – sarà anche stato correttisiimo, ma per comprenderlo mi sarebbe servita una mezza laurea in ingegneria!
    Per quanto concerne il mio telaio in titanio: sì, c’è decisamente mooooolto tempo, ma ho capito che qui il discorso è talmente complesso che o comincio a ragionarci su, a comprendere determinate meccaniche, oppure addio.
    Il mio svantaggio è la difficoltà di conoscenza empirica: ho tre biciclette, ossia una da Corsa, una da Ciclocross e una da Cross Country. E queste posso usare per capire le differenze di comportamento del mezzo, in relazione alla differenza di geometrie.
    In ogni caso ti ringrazio per ogni informazione.

    • <cite class="fn">fabiolora</cite>

      Già Matteo, non è cosa semplice.
      Con questo primo articolo ho voluto semplificare per rendere l’argomento comprensibile, ma mi rendo conto che più di una infarinatura non è.
      Perché le componenti in gioco sono tante e interagiscono tra loro con combinazioni infinite, quindi non è possibile ridurre il tutto alle 5/6000 battute di un blog.
      Ma ci ariveremo.
      Non mi sono dimenticato della tua mail, semplicemente mi è mancato il tempo.
      Fabio

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